Condizione patologica legata alla
deposizione in sede extracellulare di materiale proteico definito amiloide. La
sostanza amiloide, caratterizzata per la prima volta da Virchow nel 1854, è un
materiale anisto, amorfo, che si tinge in rosa con la colorazione
all’ematossilina-eosina e presenta il fenomeno della metacromasia con il
cristal-violetto; quando colorata con rosso Congo, determina una caratteristica
rifrangenza verde su sezioni osservate al microscopio a luce polarizzata. I depositi
di amiloide, che sono costituiti dal punto di vista ultrastrutturale da fibrille
sottili, possono formarsi localmente o interessare, in varia associazione, pressoché
tutti gli organi; essi caratterizzano alcune entità nosologiche che differiscono tra
loro per svariati elementi di ordine biochimico, patogenetico e clinico. Da un punto
di vista classificativo, sono descritte l’amiloidosi primaria (ovvero non connessa
ad altre condizioni patologiche) e una forma associata a disordini
linfoplasmocellulari, che presentano entrambe depositi di sostanza amiloide
costituiti da frammenti di catene leggere delle immunoglobuline (proteina AL,
amyloid light); l’amiloidosi secondaria o reattiva associata a
malattie infiammatorie e infettive croniche (ad es., osteomielite, tubercolosi,
artrite reumatoide, m. di Crohn), caratterizzata dalla presenza di depositi di
proteina AA (prodotto proteolitico del precursore plasmatico SAA, una proteina di
fase acuta); l’amiloidosi associata all’emodialisi, caratterizzata dalla presenza di
materiale proteinaceo costituito prevalentemente da
b2-microglobulina. L’amiloidosi localizzata è un’altra
entità patologica legata a depositi focali di amiloide, senza evidenza di
coinvolgimento sistemico (ad es., nel carcinoma midollare della tiroide). Sono
descritte inoltre forme di amiloidosi eredofamiliare, rappresentate
dall’associazione con la febbre mediterranea familiare (proteina AA), dalla
neuropatia amiloidosica familiare, a trasmissione autosomica dominante, di cui
esistono 4 fenotipi principali (tipo 1 o portoghese, la più frequente, tipo 2, tipo
3 di Van Allen, tipo 4 o finlandese), dalla miocardiopatia amiloidosica familiare e
dall’amiloidosi sistemica senile, tutte condizioni associate a mutazioni del gene
per la prealbumina transtiretina. Dal punto di vista neuropatologico, depositi
extracellulari di sostanza amiloide sono presenti in alcune condizioni associate a
demenza. È noto, infatti, che depositi con caratteristiche proprie della sostanza
amiloide si ritrovano nelle placche senili e nella cosiddetta angiopatia cerebrale
amiloide (o congofila), lesioni istopatologiche presenti, tra l’altro, nelle demenze
degenerative primarie tipo Alzheimer (vedi
Demenza); in tali lesioni l’amiloide è
costituita dalla proteina b-A4, che deriva dalla proteolisi del
precursore APP (Amyloid Protein Precursor), glicoproteina con
funzione recettoriale, che si accumulerebbe per una proteolisi aberrante o per
difetti di proteasi e inibitori delle proteasi coinvolte nel suo metabolismo. Il
riscontro di quadri istopatologici di tipo alzheimeriano nei cervelli di soggetti
affetti da trisomia 21, che suggeriva l’analogia con la forma familiare della m. di
Alzheimer, ha condotto all’ipotesi che mutazioni di un gene sul cromosoma 21 (FAD,
Familiar Alzheimer Disease), che codificherebbe appunto per
il precursore dell’amiloide APP, potrebbero giustificare alcuni casi familiari della
malattia. Depositi di amiloide sotto forma di placche si ritrovano anche in encefali
di pazienti affetti da demenze trasmissibili tipo Creutzfeldt-Jakob e, occasionalmente, in encefali di soggetti anziani
normali.L’approccio diagnostico si fonda sulla dimostrazione tissutale
della sostanza amiloide, su materiale prelevato mediante biopsia del grasso
periombelicale, rettale ed eventualmente da altre sedi presumibilmente
interessate.Non esiste terapia specifica per le varie forme di amiloidosi.
Un possibile trattamento dovrebbe mirare a: (1) diminuire l’eventuale stimolazione
antigenica cronica; (2) inibire la sintesi e la deposizione extracellulare di
fibrille di amiloide; (3) promuovere la lisi o la mobilizzazione dei depositi già
esistenti. A questo proposito sono stati impiegati vari farmaci (immunosoppressori,
colchicina, ecc.), ma la terapia dell’amiloidosi è tutt’ora largamente
insoddisfacente.

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