Nozione relativa al consenso all’atto medico da parte del paziente fatta risalire al Codice di Norimberga, che ha condannato i medici nazisti implicati nelle sperimentazioni nei campi di sterminio della Seconda Guerra Mondiale.Il consenso deve essere informato, cioè deve accompagnarsi a una piena informazione sulla natura della malattia e del trattamento proposto, tale che il paziente possa decidere con conoscenza dei fatti e in assoluta autonomia.L’attuale teoria bioetica del consenso informato mira a promuovere il diritto del paziente a decidere a pari livello con il medico: il medico deve fornire al paziente tutte le informazioni di cui egli dispone, senza niente travisare o nascondere, nella maniera più chiara e comprensibile possibile, e prospettare le diverse opzioni terapeutiche comprese quelle che egli consiglia e perché. A questo punto, la sua opera si ferma perché l’ultima parola, la decisione sul da farsi spetta sempre al paziente. Secondo l’art. 29 del Codice di Deontologia Medica, il consenso informato deve uniformare l’intera relazione medico-paziente, ambulatoriale od ospedaliera, e non deve essere intesa unicamente come garanzia di alcuni atti medici rischiosi.Il consenso informato può essere:presunto: quando il paziente non sia cosciente, con mancata capacità di processare l’informazione e serio rischio di morte;implicito: quando il trattamento non comporta particolari rischi; è implicito nella scelta stessa del medico; è valido solo se è stata fornita un’informazione adeguata;esplicito: quando il trattamento comporta particolari rischi o una permanente riduzione di integrità fisica; deve essere richiesto formalmente ed esplicitamente dato dal paziente, meglio se in forma documentata o scritta.Il consenso informato in ambito neuropsichiatrico deve tenere conto del fatto che il malato psichiatrico disponga o meno della capacità di comprendere e processare le informazioni comunicategli. In generale, le persone sofferenti di disturbi psichici, anche gravi, restano capaci di comprendere e legittimamente consentire o dissentire da un atto medico proposto, anche non strettamente neuropsichiatrico. In ambito neuropsichiatrico, inoltre, l’informazione è già cura e non processo neutro.Il consenso informato si basa su:comunicazione corretta della diagnosi che tenga conto delle caratteristiche cognitive, emozionali e culturali del paziente;competenza del paziente, cioè capacità di soppesare diverse alternative, di sottoporle a un giudizio razionale e prendere una decisione ragionata di conseguenza;l’assenza di coercizione da parte del proponente il consenso, che non deve esercitare trattamenti contro la volontà libera ed esplicita del paziente, che vanno da una pressione psicologica alla manipolazione seduttiva alla coercizione legale (E. Mordini).Nell’ottica bioetica va tenuto presente il principio dell’alternativa meno restrittiva possibile (sentenza Lake vs. Cameron, USA, 1966 di D. Bazelon, ribadita dal Consiglio di Europa, 1994), che sancisce che, a parità di effetti clinici ricercati, il paziente ha il diritto di ricevere il trattamento che riduca di meno la sua libertà personale.Il consenso informato può essere relativo anche al contratto di Ulisse, o crisis card, accordo tra un paziente psichiatrico e i suoi medici in base al quale il malato acconsente a essere ospedalizzato o trattato con terapie specifiche nonostante, nei periodi di crisi, manifesti volontà contraria. Il consenso informato alla psicoterapia implica anche che il terapeuta informi il paziente dei possibili trattamenti alternativi (sentenza Osheroff vs. Chestnut Lodge).Il consenso informato relativo alla terapia neuropsicofarmacologica implica un’informazione corretta sugli effetti collaterali dei farmaci; nel caso di protocolli di ricerca farmacologici, deve essere richiesto per iscritto, con la considerazione del massimo rispetto della dignità umana del paziente e della sua autonomia decisionale.

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