Le convulsioni febbrili (CF) sono crisi epilettiche che si verificano in corso di febbre superiore a 38,5° in bambini con età compresa fra i 6 mesi e i 5 anni di età, in assenza di una sofferenza cerebrale acuta. Sono escluse dalle CF le convulsioni che compaiono in bambini che abbiano già presentato episodi critici in eutermia, quelle che compaiono a temperatura inferiore a 38,5° (crisi epilettiche scatenate dalla febbre), quelle che si manifestano dopo i 6 anni di età e le sincopi febbrili.La sofferenza ipossica perinatale e, in generale, un pregresso deficit neurologico non sembrano essere correlati a un maggior rischio di comparsa di CF, ma rappresentano piuttosto un elemento predisponente al prolungarsi della crisi.Le convulsioni febbrili dimostrano una prevalenza nei bambini sotto i 5 anni compresa tra il 2% e il 5%, risultando 5-10 volte circa più frequenti rispetto all’epilessia.Il massimo di incidenza, cioè il numero dei nuovi casi insorti nel corso dell’anno (4 per 1000 circa nella popolazione di età inferiore ai 5 anni), si rileva nel secondo anno di vita, nel corso del quale viene riscontrato il 70% circa delle crisi: tale fenomeno è collegato al fatto che a tale età il sistema nervoso è sufficientemente “maturo” da consentire lo svilupparsi di una crisi convulsiva, ma non abbastanza perché questa venga bloccata dai meccanismi inibitori fisiologici, costituiti essenzialmente dal sistema GABAergico.Colpiscono prevalentemente il sesso maschile, secondo un rapporto di 3:2 circa rispetto alle femmine, per maggiore ritardo maturativo nei maschi dei sistemi inibenti la scarica epilettica.Nella maggior parte dei casi, le CF compaiono nelle prime 24 ore nel corso di affezioni virali delle vie aeree superiori o di patologie esantematiche, in particolare durante l’esantema subitum, soprattutto quando sia presente un brusco rialzo della temperatura corporea. Le CF si presentano per lo più come crisi tonico-cloniche, più raramente in forma esclusivamente tonica, talora come episodi atonici.La diagnosi è eminentemente clinica e comporta l’esclusione innanzitutto di crisi sintomatiche di affezioni infiammatorie dell’encefalo (unico caso in cui può ritenersi utile l’esecuzione di un esame liquorale, negativo peraltro nel 99% delle CF) o, meno frequentemente, di crisi secondarie a eventi metabolici (ipoglicemia, ipocalcemia) o tossici. L’EEG deve essere eseguito precocemente per valutare asimmetrie (specie nel caso di convulsioni febbrili complesse) o anomalie sintomatiche di lesioni o per facilitare una diagnosi differenziale con un’epilessia a bassa soglia febbrile.Sul piano clinico si distinguono due forme: le convulsioni febbrili semplici e le convulsioni febbrili complesse o complicate.Le convulsioni febbrili semplici (CFS) rappresentano il 90% circa delle CF, dimostrano una durata inferiore ai 15 minuti e sono generalizzate. Il rischio di epilessia successiva in tale forma è dell’1-2% nei bambini neurologicamente normali, mentre risulta circa 5 volte superiore a quello della popolazione generale quando la CFS si manifesta in bambini con pregresso deficit neurologico.Le convulsioni febbrili complicate (CFC) rappresentano meno del 10% di tutte le convulsioni febbrili e sono caratterizzate da una durata superiore ai 15 minuti e/o dalla presenza di segni focali (intra- o postcritici) e/o dalla recidiva nell’arco di 24 ore.I rischi evolutivi di una CF sono di tipo immediato o tardivo: rischio immediato è rappresentato dalla possibile comparsa di uno stato di male epilettico, mentre i rischi tardivi sono costituiti dalla frequente possibilità di recidive, di esiti neuropsichiatrici (discussi) e di un’epilessia successiva.Quando le CF durano più di 30 minuti e/o presentano carattere di subentranza vengono considerate come uno stato di male febbrile (SMF). Lo SMF si configura come un’emergenza clinica in quanto può causare un rischio vitale immediato o sequele neuropsichiatriche successive: tale stato epilettico febbrile compare nel 5% circa di tutte le CF sotto i 3 anni di vita e rappresenta quasi il 30% di tutti gli stati epilettici dell’infanzia.Circa un terzo dei bambini che manifestano un episodio di CF presenta recidive che, per oltre il 50% dei casi, avviene fra i 6 e i 12 mesi dal primo episodio. La presenza di anamnesi familiare positiva per CF aumenta il rischio di recidiva sino al 46% circa, così come l’insorgenza della prima CF al di sotto dei 12-15 mesi comporta un rischio di recidive nel 50% circa dei casi.Le convulsioni febbrili sono associate a un aumentato rischio di insorgenza di un’epilessia successiva, con un’incidenza di epilessia in soggetti con pregresse CF da 3 a 10 volte maggiore rispetto alla popolazione generale. I fattori di rischio correlati all’insorgenza di un’epilessia successiva sono rappresentati soprattutto dall’anamnesi di CFC, da una familiarità per epilessia nei genitori e nei fratelli e dalla presenza di un deficit neuropsichico. Le crisi convulsive che più facilmente si correlano a un’epilessia successiva sono le CFC con carattere parziale o unilaterale (23-33% vs. 10% delle crisi generalizzate) e quelle di durata protratta (20% circa di epilessia successiva).La terapia delle CF non può essere considerata una strategia mirata alla prevenzione dell’eventuale epilessia successiva, ma a evitare, ove necessario, i rischi immediati derivanti dalle CF. Il trattamento della crisi in atto è volto a scongiurare l’instaurarsi di uno stato di male febbrile nei soggetti a rischio o a interromperlo quando sia in atto (convulsione protratta): in tal senso, è indispensabile un intervento precoce, che è possibile domiciliarmente solo con l’impiego di diazepam in soluzione per via rettale.La profilassi delle recidive segue due modelli: quello della profilassi intermittente e quello della profilassi continuativa. Nella profilassi intermittente vengono impiegate benzodiazepine (per os o per via rettale) immediatamente alla comparsa dell’ipertermia, la cui somministrazione deve essere protratta per almeno 48 ore (periodo di massimo rischio convulsivo). La profilassi continuativa prevede la somministrazione quotidiana e continuativa di valproato o, in seconda scelta, di fenobarbital e dovrebbe essere attuata, alla luce della collateralità significativa di tali farmaci, solamente a fronte di reali rischi correlati al possibile stato di male o all’elevata frequenza di recidive o all’impossibilità di attuare una profilassi intermittente. Alla luce di quanto precedentemente esposto, tale profilassi continuativa deve essere posta in atto, quando impiegata, solamente sino ai 3 anni di età, epoca oltre la quale il rischio di complicanze è minore per la maturazione dei sistemi cerebrali inibenti il protrarsi della scarica epilettica.

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