Le epilessie parziali costituiscono il 37-66% delle epilessie dell’infanzia. Tra queste, le forme idiopatiche possono essere definite sulla base della contemporanea presenza di diverse caratteristiche elettro-cliniche: assenza di deficit psicomotorio precedente e nel corso dell’evoluzione; anamnesi familiare positiva per epilessia; esordio delle crisi dopo i 18 mesi; crisi non polimorfe nello stesso paziente, di solito brevi e rare, almeno dopo il periodo di esordio; assenza di deficit post-critico prolungato. Dal punto di vista EEG, si riscontrano attività di fondo normale con una fisiologica organizzazione del sonno; anomalie focali costituite per lo più da un’onda aguzza (sharp-wave) di grande ampiezza seguita da un’onda lenta, caratterizzate da aumento di frequenza durante il sonno senza modificazione della morfologia; raramente, comparsa di complessi punta-onda generalizzati senza espressione clinica evidenziabile. Le crisi, che compaiono nella prima decade di vita, di solito tra i 4 e i 9 anni, possono rispondere in modo più o meno completo al trattamento, ma tendono comunque a diminuire spontaneamente di frequenza e infine a scomparire nell’arco di pochi anni. Per questo, da molti autori è ammessa l’astensione terapeutica. La prognosi è benigna anche per quanto riguarda lo sviluppo psicomotorio.Le due sindromi più note sono: l’epilessia parziale benigna a punte centro-temporali, detta anche epilessia a punte rolandiche (vedi
Epilessia rolandica), caratterizzata da crisi parziali motorie semplici a localizzazione oro-facciale, tendenti alla generalizzazione solo durante il sonno; l’epilessia benigna dell’infanzia a parossismi occipitali (vedi
Epilessia occipitale benigna), con crisi a semeiologia visiva spesso seguite da emiconvulsione o automatismi ed infine da cefalea post-critica. Sono state inoltre descritte: l’epilessia psicomotoria benigna, con crisi a sintomatologia affettiva; l’epilessia parziale benigna con potenziali evocati somato-sensitivi giganti; l’epilessia frontale benigna.