Disturbo caratterizzato dalla marcata regressione in diverse aree del funzionamento del bambino, dopo un periodo di almeno 2 anni di sviluppo apparentemente normale. I criteri diagnostici del DSM-IV sono rappresentati da:sviluppo apparentemente normale nei primi 2 anni dopo la nascitaperdita clinicamente significativa di capacità già acquisite in precedenza (prima dei 10 anni) in almeno 2 aree tra: espressione o ricezione del linguaggio, capacità sociali o comportamento adattativo, controllo della defecazione o della minzione, gioco, abilità motorieanomalie del funzionamento in almeno 2 aree tra: compromissione qualitativa dell’interazione sociale (comportamenti non verbali, reciprocità sociale mancante), compromissione qualitativa della comunicazione (ad es., ritardo o mancanza del linguaggio parlato), modalità di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, incluse stereotipie motorie e manierismiesclusione del disturbo generalizzato di sviluppo o di schizofrenia.È di solito associato a ritardo mentale, anche grave, anomalie elettroencefalografiche, epilessia e, talvolta, a malattie (leucodistrofia metacromatica [vedi
Leucodistrofie], cerebrali organiche o altre). È più comune nei maschi.Nella maggior parte dei casi l’esordio è tra i 3 e i 4 anni, insidioso, con irritabilità, ansia, quindi perdita del linguaggio. Per lo più il disturbo si arresta a un plateau, talora prosegue progressivamente (soprattutto in compresenza di alterazione neurologica), talora si osserva qualche lieve miglioramento. La causa è ignota. Si distingue dall’autismo perché nel disturbo disintegrativo si ha perdita di un patrimonio acquisito in precedenza (il bambino arrivava a formulare frasi verbali). La terapia è simile a quella dell’autismo .