In un individuo adulto il cervello riceve il 15% circa della gittata cardiaca; il corrispondente flusso ematico cerebrale risulta essere pari a 50 ml/min per 100 grammi di tessuto. La distribuzione di questo flusso ematico non è però uniforme: infatti, la sostanza grigia riceve approssimativamente 80 ml/100 mg/min, mentre la sostanza bianca viene irrorata a 20 ml/100 mg/min. Il flusso ematico cerebrale (FEC) dipende principalmente da due variabili: la pressione di perfusione centrale (PPC) e la resistenza vascolare cerebrale (RVC). Il primo di questi due parametri esprime la forza che spinge il sangue al cervello, la quale deriva dalla differenza tra il valore pressorio del sangue arterioso contenuto nei grossi vasi che portano il sangue al cervello e la pressione nelle vene che drenano il sangue dal circolo cerebrale. La resistenza vascolare a livello della circolazione cerebrale è soprattutto influenzata dal diametro arteriolare, mentre gli altri fattori reologici, quali la lunghezza dei vasi e la viscosità ematica, diventano rilevanti solo in condizioni patologiche. In condizioni normali, la pressione di perfusione è costante, cosicché il flusso ematico cerebrale dipende principalmente dalla resistenza vascolare. A riposo, il calibro arteriolare medio viene poi anche modulato da vari fattori umorali, quali soprattutto la concentrazione di H+, K+, Ca++, CO2 e O2. Gli idrogenioni e i cationi potassio extracellulari favoriscono la vasodilatazione arteriolare, mentre un incremento di cationi calcio in sede extracellulare promuove la vasocostrizione. L’agente vasodilatatore più potente è, però, la CO2: è infatti sufficiente un incremento della sua pressione parziale di 1 mmHg per aumentare del 2% il flusso ematico cerebrale. L’effetto dell’ossigeno sulla circolazione cerebrale è invece scarso, mentre vari studi indicherebbero che un ruolo significativo sarebbe rivestito da altri fattori umorali, quali l’angiotensina e la vasopressina, e da altri fattori endotelio-dipendenti capaci di modulare l’attività contrattile dei vasi cerebrali. Il flusso ematico cerebrale è comunque costantemente regolato e mantenuto spontaneamente entro limiti definiti. Questo fenomeno è conosciuto come autoregolazione del flusso ematico cerebrale. In pratica, quando la perfusione si riduce, automaticamente si verifica una vasodilatazione cerebrale e viceversa. Questo meccanismo è efficiente entro valori di PPC compresi tra 60 e 150 mmHg. Oltre questo range di valori il FEC dipende direttamente dalla pressione sistemica. Un altro importante fattore di controllo del flusso ematico cerebrale è rappresentato dal metabolismo neuronale. Il fabbisogno energetico del tessuto nervoso è fornito pressoché interamente dall’ossidazione del glucosio. Poiché le riserve tissutali di glucosio sono sufficienti solo per 2-3 minuti e non vi è alcuna riserva di ossigeno, la sopravvivenza del tessuto nervoso dipende da un apporto ematico continuo. Questo spiega perché, malgrado il peso del cervello rappresenti solo il 2% del peso corporeo, esso riceva il 15% della gittata cardiaca e consumi il 20% dell’ossigeno e del glucosio. Il parenchima cerebrale dipende quindi quasi esclusivamente dal catabolismo ossidativo del glucosio e le riserve energetiche cerebrali (glicogeno e molecole ad alto contenuto energetico quali ATP o creatinfosfato) sono appunto talmente esigue che anche una breve interruzione del flusso è sufficiente per determinare un loro esaurimento. Il flusso cerebrale medio (50-55 ml per 100 mg/min) fluttua in funzione del livello di attività del tessuto: l’attività neuronale corrisponde a un significativo incremento del consumo di energia che potrà essere soddisfatto soltanto da un proporzionale incremento del flusso locale. La soglia per la cessazione dell’attività elettrica neuronale è attorno a 20 ml/10 mg/min; la soglia per l’omeostasi ionica delle membrane è attorno ai 10 ml/100 mg/min. Entro 5-8 secondi dall’interruzione totale del flusso si ha già un’alterazione dell’attività elettrica neuronale, con paralisi funzionale dopo 2 minuti. Fino a 5 minuti il tessuto rimane vitale e non mostra danni residui con il ripristino della circolazione; oltre tale tempo inizia la necrosi, con fuoriuscita di potassio dal neurone e ingresso massivo di calcio che attiva gli enzimi proteolitici.

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