Disturbi del sonno (nel senso del suo eccesso) che possono essere classificabili nella maniera seguente:Ipersonnia idiopatica. È caratterizzata da un aumento della durata sia del sonno notturno sia, complessivamente, di quello delle 24 ore, con episodi di sonno diurno di durata protratta e poco ristoratori che possono essere temporaneamente controllati dal paziente, con difficoltà di risveglio al mattino, in assenza di episodi cataplettici. La sintomatologia appare in epoca giovanile-adulta e resta immodificata nel corso della vita. L’impiego terapeutico di farmaci stimolanti il SNC, quali amfetamino-simili, metilfenidato e pemolina non sempre determina un miglioramento del quadro clinico.Narcolessia. È una malattia di origine sconosciuta, caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna (attacchi di sonno diurno spesso invincibile che si manifestano 1-2 volte al giorno) e cataplessia (improvvisa e reversibile diminuzione o perdita del tono muscolare, solitamente della durata di pochi minuti), a cui possono aggiungersi la paralisi del sonno (risveglio associato alla sensazione di non potersi muovere, parlare, o respirare) e le allucinazioni ipnagogiche (sensazioni visive o uditive che compaiono all’addormentamento, di contenuto solitamente spiacevole). Donne e uomini ne sembrano ugualmente affetti, con una prevalenza che oscilla tra 4 e 15 individui su 10.000, con insorgenza tra 15 e 35 anni di età. La terapia consiste in farmaci sintomatici di tipo stimolante il SNC (amfetamino-simili, metilfenidato, pemolina) e antidepressivi (apparentemente attivi su attacchi cataplettici, allucinazioni ipnagogiche e paralisi del sonno).Ipersonnia ricorrente primaria (s. di Kleine-Levin). Si tratta di un raro disturbo costituito da periodi della durata di pochi giorni-settimane, caratterizzati da ipersonnia, iperfagia e ipersessualità accompagnati sporadicamente da turbe comportamentali, spesso correlabili a stressor psicofisici (malattie influenzali, eventi ambientali stressanti), a esordio nella seconda decade di vita e tendenti alla risoluzione spontanea nel corso degli anni, prevalenti nel sesso maschile. La terapia si avvale di psicostimolanti durante il periodo critico e di stabilizzanti dell’umore (carbonato di litio) al fine di prevenire le recidive.Ipersonnia in corso di malattie psichiche. L’ipersonnia, non riconducibile a un inadeguato riposo notturno o all’effetto sedativo di psicofarmaci, non è infrequente in corso di affezioni psichiatriche, quali i disturbi d’ansia e depressivi (depressione atipica), nei quali rappresenta la possibilità di un distacco dalla realtà, e nella schizofrenia, nel corso della quale si accompagna al ritiro sociale e all’apatia/anedonia tipiche delle forme a prevalente sintomatologia negativa. La terapia deve necessariamente tenere conto dell’affezione psichiatrica sottesa, a cui devono essere riservati gli specifici presidi terapeutici farmacologici, psicoterapici e riabilitativi.Ipersonnia posttraumatica. È un disturbo caratterizzato da eccessiva sonnolenza che può insorgere in seguito a un evento traumatico a carico del SNC ed essere accompagnata da cefalea, affaticabilità e disturbi della memoria. L’ipersonnia, che si sviluppa solitamente con breve latenza rispetto al trauma, tende alla spontanea risoluzione nel corso di alcune settimane-mesi (raro il protrarsi della sintomatologia, spesso associato a protratti stati di coma posttraumatico); possono essere impiegati stimolanti del SNC (metilfenidato e pemolina).Sindrome delle apnee morfeiche ostruttive. È caratterizzata dalla comparsa, durante il sonno, di ripetuti episodi di ostruzione funzionale delle vie aeree superiori, con interruzione del flusso, accompagnate da alterazioni respiratorie e cardiocircolatorie che, compromettendo la funzione ipnica, determinano sonnolenza diurna e riduzione della capacità di performance. Risulta frequente il rilievo, in anamnesi, di russamento (talvolta con peggioramento recente determinato da incremento ponderale o aumento dell’assunzione di alcool). Durante le fasi di apnea, i movimenti respiratori permangono, aumentando la loro ampiezza verso la fine dell’apnea stessa, la cui durata può raggiungere il minuto, e al termine delle quali può sporadicamente verificarsi il risveglio del paziente, accompagnato da costrizione toracica o senso di soffocamento. Frequente il rilievo, durante la giornata, di confusione mentale, astenia, disorientamento, cefalea. Le apnee determinano una riduzione della saturazione ematica di ossigeno che può raggiungere il 50% e risulta compensabile solo nelle forme lievi, non accompagnate da broncopneumopatia cronica ostruttiva. La maggiore incidenza si rileva nel sesso maschile e tra i 40 e i 60 anni, con una prevalenza pari all’1-2%. Il decorso appare di tipo cronico, con aggravamenti in concomitanza a incrementi ponderali. Nessun farmaco si è rivelato efficace in tale sindrome, il cui trattamento è limitato all’astensione dall’alcool, alla riduzione del peso corporeo e a presidi chirurgici volti a correggere i fattori anatomici, primitivi o secondari, ostruenti le vie aeree superiori.

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