L’olanzapina, un derivato tienobenzodiazepinico, è un antipsicotico atipico in quanto il suo profilo di legame sui recettori dopaminergici e i suoi effetti su vari comportamenti dopamino-mediati differiscono da quelli dimostrati dagli antipsicotici tradizionali o neurolettici.Il farmaco determina un blocco dei recettori dopaminergici (D1, D2, D3, D4 con Ki compresa fra 11-31 nM), dei recettori serotoninergici (5HT2A/C con Ki rispettivamente di 4 e 11 nM), di quelli muscarinici M1-5 (con Ki 1,9-2,5 nM), a1-adrenergici (Ki = 19 nM) e istaminergici H1 (Ki = 7 nM). L’azione serotoninergica risulta superiore a quella dopaminergica, come dimostrato dagli studi di occupazione recettoriale con PET sul volontario sano e dall’azione sulla risposta di evitamento condizionato sull’animale ottenuta con dosi di 4 volte inferiori rispetto a quelle necessarie per indurre catalessia.L’olanzapina è ben assorbita dopo assunzione per os, in assenza di interferenza dovuta al cibo, con il raggiungimento del picco di concentrazione fra le 5 e le 8 ore. Le concentrazioni di olanzapina somministrata oralmente sono lineari e proporzionali alla dose. Lo steady-state viene raggiunto, sia nel giovane sia nell’anziano, dopo circa 7 giorni di terapia in monosomministrazione giornaliera. L’emivita media dell’olanzapina è di circa 30 ore, con un range compreso fra 21 e 54 ore, a seconda del genere, delle abitudini voluttuarie (fumo) e dell’età dei soggetti.L’olanzapina si lega per il 93% circa alle proteine plasmatiche ed è metabolizzata a livello epatico mediante le vie di coniugazione e ossidazione con formazione di un principale metabolita, il 10-N glucuronide, che risulta farmacologicamente inattivo e non supera la barriera emato-encefalica.Studi microsomiali in vitro dimostrano che l’olanzapina è un debole inibitore dei citocromi CYP1A2 (Ki = 36 µM), CYP2D6 (Ki = 89 µM) e CYP3A4 (Ki = 490 µM): tale bassa inibizione determina in vivo scarse interazioni, clinicamente non significative, con altri farmaci metabolizzati da tali sistemi enzimatici.Studi clinici controllati sull’olanzapina, riguardanti l’efficacia del farmaco verso la riduzione a breve termine, nonché la persistenza di tale efficacia a lungo termine nel confronto dei sintomi della schizofrenia sono stati condotti sia in schizofrenici cronici in fase di riacutizzazione nei disturbi schizofreniforme e schizoaffettivo. Tali studi sono stati eseguiti per lo più in doppio cieco verso aloperidolo e hanno dimostrato, al dosaggio di olanzapina di 10-15 mg, un’equipollenza del farmaco verso l’aloperidolo nel trattamento dei sintomi positivi e una sua superiorità nel trattamento dei sintomi negativi. È stata inoltre osservata una superiorità dell’olanzapina verso i sintomi depressivi in corso di schizofrenia. È dunque indicata nel trattamento, in acuto e nella terapia di mantenimento, dei sintomi positivi e negativi della schizofrenia e dei disturbi psicotici correlati.Gli effetti collaterali più frequenti del farmaco, risultati significativi verso placebo, sono rappresentati da vertigini, stipsi, aumento delle transaminasi, incremento ponderale, acatisia e ipotensione posturale. Di essi, solo alcuni sono risultati significativamente più frequenti rispetto alla comparsa degli stessi in corso di trattamento con placebo (incremento ponderale: 6% olanzapina vs 1% placebo; sonnolenza: 26% vs 15%). Altri effetti collaterali si sono dimostrati dose-dipendenti, come dimostrato dalla rilevazione in studi con olanzapina a dosi fisse: stipsi (6% a 5 mg; 9,4% a 10 mg; 14,5% a 15 mg); vertigo (7,7% a 5 mg; 9,4% a 10 mg; 17,4% a 15 mg); sonnolenza (20% a 5 mg; 30% a 10 mg; 39 % a 15 mg); acatisia (5% a 5 mg e 10% a 10 e 15 mg). Il parkinsonismo, valutato come sintomo spontaneamente riferito dal paziente, ha dimostrato, in fase acuta, un’incidenza dell’8% (con 5 mg), del 14% (con 10 mg) e del 20% (con 15 mg di olanzapina) rispetto al 10% riferito con placebo. La collateralità di ipotensione ortostatica è comparsa nel 5% dei casi (verso il 2% con placebo) e il rischio può essere ulteriormente ridotto con un incremento graduale del farmaco a partire dai 5 mg iniziali. Eventi convulsivi sono rari (0,9%, 22 casi su 2500 trattati) e non sempre in rapporto causale con la terapia. L’incremento delle transaminasi (ALT/SGPT) è avvenuto nel 5,9% dei casi con valori superiori alle 120 UI/l, nel 2% dei casi con valori superiori alle 200 UI/l e nello 0,2% con valori superiori alle 400 UI/l. Tale incremento si è dimostrato asintomatico, è comparso entro le prime 6 settimane di trattamento e si è dimostrato transitorio nella maggior parte dei casi. L’olanzapina non ha dimostrato, a differenza della clozapina, alterazioni ematologiche a eccezione di un transitorio incremento dell’eosinofilia nel 5,7% dei pazienti. L’incremento della prolattinemia, correlato al blocco dei recettori dopaminergici, è abitualmente modesto e tende a ridursi nel corso del trattamento. Per tale motivo, fenomeni prolattino-dipendenti quali riduzione della libido, oligo-amenorrea, galattorrea sono raramente associati al trattamento con tale farmaco. L’incremento ponderale, presente nel 30% circa dei casi, tende a stabilizzarsi dopo 6-8 mesi di trattamento, con un aumento globale medio di 3-5 kg.Per quanto riguarda la discinesia tardiva, l’olanzapina pare dimostrare un minor rischio di elicitare tale sindrome extrapiramidale tardiva rispetto ai neurolettici di prima generazione: tale fatto, confermato dall’osservazione clinica, si fonda sul dato recettoriale di un effetto relativamente debole di blocco recettoriale dopaminergico, come confermato dalla bassa incidenza di altre collateralità extrapiramidali, sia acute sia tardive. Tale osservazione deve comunque essere confermata dal protratto impiego clinico nei prossimi anni.Negli studi premarketing di oltre 2500 pazienti, la sospensione del trattamento per eventi avversi è avvenuta nel 15% circa dei soggetti, di cui circa la metà per motivi correlati alla psicopatologia sottesa. Fra gli altri motivi di sospensione, il più frequente è stato rappresentato dall’incremento delle ALT. Nei casi di sovradosaggio acuto, accidentale o intenzionale, anche all’intorno dei 300 mg, non sono state osservate variazioni dei parametri vitali, limitandosi la sintomatologia a sonnolenza, midriasi, disturbi della visione, depressione respiratoria, ipotensione e talora sintomi extrapiramidali. Il dosaggio medio dell’olanzapina è di 10 mg/die da somministrarsi in monodose. In alcuni pazienti può essere utile un graduale incremento del dosaggio sino a 15-20 mg. Nei soggetti anziani o debilitati o in cui esistano peculiari rischi ipotensivi è raccomandabile un dosaggio iniziale più basso, all’intorno dei 5 mg.