Anticolinergico antiparkinsoniano; blocca il recettore muscarinico dell’acetilcolina, con inibizione del reuptake della dopamina. Ha un’emivita plasmatica di 15 ore circa. È indicata nel m. e nella s. di Parkinson, nel trattamento degli effetti collaterali e della sindrome extrapiramidale da neurolettici, nelle sindromi vertiginose, nelle contratture spastiche e dolorose della muscolatura scheletrica. La disponibilità di una forma solubile da utilizzarsi per via parenterale rende l’orfenadrina uno dei farmaci di scelta nel trattamento delle distonie acute da neurolettici. Può indurre secchezza delle fauci, disturbi dell’accomodazione, stipsi, ipotensione ortostatica, tachicardia, crampi, ileo paralitico, confusione mentale. È controindicato in caso di glaucoma, ipertrofia prostatica, ostruzione intestinale o ritenzione urinaria da cause varie, ulcera peptica stenosante, cardiospasmo, miastenia grave. L’associazione con altri psicofarmaci richiede particolare cautela per evitare effetti collaterali. L’uso concomitante di o. e destropropossifene può determinare un aumento della tossicità reciproca. Può indurre sonnolenza e alterare le capacità di reazione. La sospensione dell’orfenadrina deve essere graduale, in quanto sono stati ampiamente descritti fenomeni clinici da sospensione, particolarmente con tale anticolinergico, in pazienti sia parkinsoniani sia schizofrenici. Tale dato è anche correlato all’azione eutimizzante dimostrata in genere dagli anticolinergici (sia in studi su animali sia in osservazioni sull’uomo) e dell’orfenadrina in particolare.