Nell’ambito della psicologia del
profondo, Carl Gustav Jung è il primo a parlare diffusamente dell’androgino come
dell’immagine primordiale della psiche collettiva, “simbolo dell’unità della
personalità, del Sé, in cui trova pace il conflitto degli opposti” (1940-1941). Egli
sottolinea che un adeguato sviluppo psichico sia imprescindibile dalla contemporanea
presenza delle componenti femminili e maschili, che in questa personificazione
psichica sono unite senza che le loro caratteristiche vengano a essere fuse. Questa
fantasia mitica universale, intesa come aspirazione inconscia verso la totalità e la
completezza, rappresenta perciò il punto di partenza che ha permesso a Jung di
elaborare il concetto di Sé, oltre che di anima e animus. Un esempio a cui più volte egli
ha fatto riferimento è quello della persona storica di Gesù, intesa come
rappresentazione in cui la polarità della differenziazione sessuale si è risolta in
una totalità di tipo androgino.Sono a tutt’oggi diverse le occasioni in cui
si individua un’androginia simbolica: nei riti matrimoniali, nelle feste della
fecondità, di cui un peculiare esempio è fornito dalla festa della Sartiglia
nell’oristanese, nelle cerimonie di iniziazione e in quelle funebri, ove emergono
fantasmi di bisessualità appartenenti alle nostre rappresentazioni più remote, che
portano con sé, oltre alla propensione alla completezza e al possesso della
totalità, anche il timore ancestrale della perdita dell’identità.Essendo
l’androgino un simbolo di totalità, esso rappresenta un percorso psichico ideale,
ove da un’indifferenziazione originaria, nella quale si trova tutto ciò che può
esistere in potenza, si passa tramite una serie di separazioni, di cui quella tra i
sessi ne è il simbolo, alla ricostruzione di un tutto integrato, il Sé. Vedi
anche Anima, Animus, Sé.

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