Si sostiene che siano in grado di prevenire gli attacchi ischemici transitori e
l’ictus imminente. Gli anticoagulanti possono arrestare la progressione di un ictus
in evoluzione, ma non in tutti i casi. L’efficacia della terapia anticoagulante
nella prevenzione degli ictus in pazienti con TIA è dubbia. Il problema che continua
a frustrare tutti i tentativi di utilizzare gli anticoagulanti è il rischio di
emorragia, che raggiunge il 20%, con una mortalità dell’1%. Sembrerebbe che la
terapia anticoagulante a lungo termine comporti un rischio di emorragia maggiore
rispetto al beneficio ottenuto nella prevenzione dell’ictus. Se la terapia
anticoagulante viene iniziata nella fase prodromica o precoce dell’ictus, si
somministra eparina ev con flusso continuo (1000 U/ora). La terapia eparinica è
mantenuta per 1-2 settimane, mentre viene iniziata la terapia con warfarin;
quest’ultima può essere continuata per diversi mesi. Il warfarin può essere
utilizzato da solo fin dall’inizio, se gli attacchi ischemici transitori si
verificano più raramente di uno ogni pochi giorni. Esistono dati che suggeriscono
che la maggiore efficacia del warfarin si ha nei primi 2-4 mesi dopo l’inizio
dell’attacco ischemico; in seguito, il rischio di emorragia intracranica aumenta
considerevolmente e i benefici della terapia anticoagulante divengono meno evidenti.
Il sovradosaggio del warfarin può provocare emorragie cerebrali, sottodurali,
renali, nasali, intestinali, cutanee o muscolari; in questi casi si devono
somministrare immediatamente plasma fresco e vitamina K.