Farmaci inibitori
dell’enzima acetilcolinesterasi, che catalizza la conversione per idrolisi
dell’acetilcolina a colina e acetato, ponendo termine alla sua attività. La
principale azione di tali farmaci consiste quindi nell’incrementare la disponibilità
di acetilcolina a livello dello spazio sinaptico. Il primo composto ad azione
anticolinesterasica è la fisostigmina, alcaloide della fava del Calabar
(Physostigma venosum), isolato nel 1864 e impiegato in terapia nel
1877 da Laqueur per il trattamento del glaucoma. Nel 1934 una studentessa inglese,
M. Walker, utilizzò con buoni risultati la fisostigmina per via parenterale nel
trattamento di pazienti miastenici. Da allora sono stati sviluppati altri composti
analoghi; tra questi, la neostigmina, il bromuro di piridostigmina, il cloruro di
edrofonio e di ambenonio hanno trovato utile impiego clinico. A differenza dei
composti organo-fosforici, che sono inibitori irreversibili
dell’acetilcolinesterasi, questi farmaci inibiscono l’enzima in modo reversibile. La
fisostigmina è bene assorbita sia a livello del tratto gastroenterico sia a livello
dei tessuti sottocutanei e delle mucose. La neostigmina e gli analoghi sono invece
scarsamente assorbiti per os, cosicché sono richiesti dosaggi molto più elevati di
quelli efficaci per via parenterale. In ambito neurologico, la neostigmina e il
bromuro di piridostigmina sono da tempo utilizzati nel trattamento sintomatico della
miastenia gravis ; la neostigmina viene inoltre utilizzata a scopo
diagnostico, nella cosiddetta prova alla prostigmina, utile per differenziare la
miastenia, le cui manifestazioni sono reversibili dopo somministrazione
dell’anticolinesterasico, da altre forme simili dal punto di vista sintomatologico.
Sempre a scopo diagnostico viene effettuato il test al Tensilon (cloruro di
edrofonio), che ha azione analoga alla neostigmina, ma più breve e rapida, essendo
somministrato per via parenterale; esso consente, inoltre, sempre nell’ambito della
miastenia, di differenziare una crisi miastenica, che regredisce dopo
somministrazione del farmaco, dalla crisi colinergica, che ne è aggravata.I
farmaci anticolinesterasici hanno più recentemente trovato utile impiego nel
trattamento delle demenze degenerative primarie tipo Alzheimer, in cui è stata osservata una carenza di neuroni colinergici,
particolarmente a livello dell’area baso-laterale (soprattutto nucleus basalis del
Meynert). Tali farmaci sembrano in grado, quando somministrati negli stadi precoci
della malattia, di migliorare i deficit mnesici. Dapprima, vennero utilizzate
fisostigmina e tacrina, un inibitore a più lunga durata di azione, successivamente
tolto dal commercio in Italia poiché epatotossico. Con tale indicazione sono
attualmente impiegati altri farmaci ad azione anticolinesterasica (eptastigmina e
soprattutto rivastigmina).