Esistono diversi modelli animali, sia genetici sia indotti, di epilessia sperimentale. Tra i primi ricordiamo il babbuino fotosensibile Papio-papio della regione Casamance del Senegal, il ratto con crisi audiogene, utilizzato per lo studio delle epilessie riflesse, il tottering mouse (per l’epilessia generalizzata tipo assenza ed epilessia rolandica), il mongolian gerbil (per l’epilessia mioclonica giovanile). Tra quelli indotti, annoveriamo i modelli da pentametilentetrazolo (PTZ), da penicillina parenterale o topica, da picrotossina, da stricnina, da acido kainico, da cobalto e cobalto-allumina, da uabaina, da ferro e vari altri. Ognuno di essi può essere specificamente utilizzato per (1) lo studio dei meccanismi di base della scarica elettrica; (2) i diversi aspetti elettroencefalografici dell’epilessia (scariche sincrone e bilaterali di punte-onda); (3) le forme specifiche di epilessia (ad es., epilessia posttraumatica) e anche (4) lo stato di male epilettico; (5) la valutazione farmacologica dell’efficacia di un farmaco antiepilettico. Un discorso a parte merita il kindling.

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