Psicoterapia che ha come suo oggetto il gruppo naturale della famiglia e come scopo l’adattamento delle singole personalità all’ambiente e la creazione di nuovi stili relazionali.Possedendo la famiglia un ruolo centrale nella determinazione e nella formazione del comportamento psichico, essa è stata oggetto di studi nell’ambito di diverse discipline. In quanto gruppo naturale nel quale i componenti hanno una storia e un progetto futuro in comune, la famiglia è oggetto di studio della psicologia sociale che sottolinea come in essa si sviluppino le funzioni essenziali della socializzazione primaria dei figli e della maturazione psico-culturale dei coniugi e come da essa derivino tutte le funzioni di ordine collettivo (ad es., la funzione produttiva o la socializzazione secondaria).Nella teoria psicoanalitica freudiana i sentimenti di amore, odio o rabbia vissuti all’interno della famiglia possono assumere un’importanza centrale nella formazione del sintomo nevrotico. Inoltre, le reazioni specifiche dei genitori e dei fratelli al comportamento del bambino nelle varie fasi dello sviluppo psicosessuale (vedi
Psicoanalisi) influenzano le capacità di quest’ultimo nel risolvere le pressioni delle forze intrapsichiche contrastanti. Infine, la formazione del Super-Io quale istanza morale avviene attraverso un processo di interiorizzazione delle figure genitoriali; la psiche del bambino non riflette esattamente la realtà familiare, ma piuttosto una versione elaborata di tale realtà, versione influenzata dai desideri generati dalle forze pulsionali inconsce.In psichiatria, l’interesse sulla famiglia si è centrato sulle relazioni patologiche tra genitori e figli che possono essere alla base del disturbo mentale e sull’influenza dei fattori genetici o costituzionali nella genesi delle psicopatologie.Il punto di partenza della terapia familiare è l’individuazione del “paziente designato”, uno dei membri della famiglia che viene riconosciuto come “malato” e portato in terapia, benché altri membri della famiglia, se non tutti, possano essere altrettanto disturbati.Si sono sviluppati modelli diversi di terapia della famiglia: attualmente hanno un ruolo di primo piano il modello strategico che fa capo a Haley e a Madanes, il modello strutturale di Minuchin e il modello sistemico della Selvini Palazzoli e del gruppo di Milano.Nel modello strategico è il terapeuta a stabilire le modalità attraverso le quali il problema del paziente o della famiglia può essere risolto: il problema stesso diviene la guida del procedimento terapeutico che su di esso deve essere calibrato. Questa terapia centrata sul processo del problem solving si basa soprattutto su prescrizioni che, in genere, devono essere seguite dalla famiglia al di fuori della seduta. Talvolta, le prescrizioni sono compiti gravosi che tendono a rendere indesiderabile il verificarsi del sintomo; altre volte si tratta, invece, di prescrizioni paradossali che tendono a incoraggiare il verificarsi del sintomo o delle resistenze messe in atto dalla famiglia. Il terapeuta interviene, inoltre, sui giochi di potere all’interno della famiglia e attribuisce molta importanza all’acquisizione e al mantenimento del proprio potere nei confronti della famiglia. I conflitti esistenti nella famiglia e, soprattutto, i conflitti di coppia vengono ignorati dal terapeuta strategico, che non ritiene indispensabile la loro soluzione per il conseguimento dell’obiettivo terapeutico.Minuchin ha elaborato il modello della terapia strutturale della famiglia lavorando in un contesto socio-culturale povero, poco ricettivo all’abituale linguaggio degli psicoterapeuti tradizionali. Caratteristica dell’approccio strutturale sono, infatti, gli interventi non verbali carichi di significato. La finalità della terapia è la ristrutturazione del sistema familiare per ripristinare la presenza di confini distinti che consentono il passaggio di un flusso adeguato di informazioni. La metafora dei confini diviene uno strumento insostituibile nel gestire, con un limitato numero di atti terapeutici, il flusso comunicativo delle “famiglie invischiate”, fatto di interruzioni e di sovrapposizioni continue. L’aumento dell’intensità affettiva ha, invece, lo scopo di attivare risposte comunicative che sembrano spente nelle “famiglie disimpegnate”. Nella terapia strutturale non vengono utilizzati compiti a casa, ma vengono invece date prescrizioni da attuare durante la seduta: in tal modo, il terapeuta ha un miglior controllo della compliance di tutti i membri del gruppo familiare e, inoltre, il cambiamento avviene sotto gli occhi di tutti, suscitando risposte emotive intense che tendono a rafforzarlo.Nel modello sistemico relazionale della Selvini Palazzoli, infine, la famiglia viene considerata come un sistema auto-correttivo basato su regole determinate, dove il terapeuta deve fare il possibile per riportare alla luce regole segrete, spesso inconsce e non verbalizzate, mediante le quali la famiglia perpetua la propria disfunzione. Tale cambiamento avviene attraverso lo strumento della prescrizione, che funziona secondo la metafora di un gioco, reinventato dai protagonisti (i membri della coppia, la coppia nei confronti degli “altri”). In tale ottica, il terapeuta risulta essere decisamente interventista, configurandosi come giocatore nel sistema familiare di cui si prende cura.