L’handicap, secondo la definizione dell’OMS, è “uno svantaggio recato a un soggetto, risultante da una minorazione o da una disabilità, che limitano o impediscono l’espletamento di un ruolo considerato normale per l’età, il sesso e le caratteristiche sociali e culturali di tale individuo”. Non dissimile risulta quanto enunciato dalla Legge Quadro 104 del 5/2/92: “È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.“Handicap”, (cappello in mano), era originariamente un gioco in cui la posta era tenuta in mano in un cappello; il termine è passato poi a indicare una competizione in cui, per equiparare la possibilità di vittoria, si assegna uno svantaggio al concorrente ritenuto superiore. Spesso, il termine handicap viene usato come sinonimo di minorazione, termine correlato a parametri lavorativi (quali “capacità di guadagno ridotta” o “carenza di attitudine al lavoro”); un minorato, tuttavia, ossia un individuo portatore di una compromissione o di un disordine fisico o psichico, può non trovarsi in situazione di handicap se vengono richieste prestazioni proporzionate sia al livello di competenza acquisita sia alle modalità relazionali accettabili per il soggetto. Fino al 1980 le classificazioni proposte per l’handicap seguivano essenzialmente il modello medico di descrizione delle malattie, per cui venivano valutate l’eziologia, la patogenesi e le manifestazioni (ad es., handicap della vista, dell’udito, dell’intelligenza, secondo la classificazione proposta dall’UNESCO nel 1974), senza lasciare spazio alle conseguenze che una malattia cronica, irreversibile o degenerativa necessariamente comporta nella vita di tutti i giorni. Sul piano pedagogico, secondo Bollea (1963) bisogna considerare l’individuo che si distacca dalla norma pedagogica stabilita dalla società scolastica, sia per ragioni comportamentali o intellettive, sia per cause sensoriali, sia per cause motorie. Di qui, emergono 3 grandi categorie di disadattamenti scolastici: da turbe sensoriali, motorie e psichiche; quest’ultimo gruppo è suddivisibile ulteriormente in disturbi comportamentali e intellettivi. Nel 1980 è stata pubblicata la Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Handicap (ICIDH) a opera di Philip Wood, proposta come supplemento alla Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD) per rimediare all’assenza di una classificazione che contempli insieme menomazione, disabilità e risultante handicap. Pur nell’impossibilità di separare nettamente gli aspetti sociali da quelli medici, l’ICIDH apporta un notevole contributo alla distinzione dei 3 concetti di menomazione, disabilità e handicap, che risulta rilevante per l’attribuzione dei compiti ai diversi servizi rispettivamente medici, riabilitativi e sociali.Le menomazioni sono anomalie fisiche o alterazioni del funzionamento di un organo o sistema, derivanti da qualsiasi causa; per lo più rappresentano disturbi a livello d’organo (ad es., menomazioni intellettive, psicologiche, del linguaggio, della sfera uditiva o visiva, viscerali, scheletriche, ecc.).Le disabilità riflettono le conseguenze della menomazione in termini di prestazione funzionale; rappresentano disturbi a livello della persona (ad es., disabilità del comportamento, della comunicazione, della cura personale, locomotorie, ecc.).Per quanto riguarda gli handicap, in tale classificazione vengono definiti come gli svantaggi esperiti dall’individuo come risultato di una menomazione o di una disabilità; rappresentano una socializzazione della menomazione o della disabilità:handicap dell’orientamentohandicap dell’indipendenza fisicahandicap della mobilitàhandicap occupazionalihandicap dell’integrazione socialehandicap dell’autosufficienza economicaaltri handicap: questo sottogruppo comprende altre circostanze che possono portare a uno svantaggio sociale.I vari item non sono classificati in rapporto agli individui, ma alle circostanze nelle quali tali soggetti disabili possono trovarsi o che possono arrecare loro uno svantaggio.

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