Si tratta di una malattia rara (prevalenza 4-10/100.000) distribuita ubiquitariamente. La malattia viene trasmessa con modalità autosomica dominante; il gene responsabile è stato identificato sul braccio corto del cromosoma 4 ed è espressione di una mutazione altamente specifica, caratterizzata dall’espansione di una sequenza trinucleotidica (la tripletta CAG è ripetuta da 36 a 141 volte, mentre il 99% della popolazione normale presenta meno di 30 ripetizioni); il numero di ripetizioni della tripletta è inversamente correlato all’età di esordio della malattia. L’ipotesi prevalente riguardo la patogenesi della m. di Huntington chiama in causa un possibile difetto nel metabolismo ossidativo, con aumento dei livelli di lattato nella corteccia e nei gangli della base, che condurrebbe alla degenerazione neuronale attraverso meccanismi neurotossici. Dal punto di vista clinico, la malattia può esordire a qualsiasi età e i sintomi iniziali sono per lo più costituiti da mutamenti della personalità, irrequietezza, disturbi della memoria e turbe psichiche con stati depressivi o psicosi. La progressiva compromissione motoria si manifesta con movimenti involontari rapidi della muscolatura facciale e degli arti, che inizialmente compaiono soprattutto nel cammino e nelle attività gestuali, poi anche a riposo. Successivamente, le ipercinesie diventano più brusche e ampie, frequenti a riposo, e la loro comparsa durante i movimenti volontari determina un’evidente asinergia e una modificazione dell’andatura caratterizzata da arresti improvvisi, barcollamenti e torsioni del tronco, atteggiamenti bizzarri. Inoltre si hanno: ipotonia muscolare, disartria con voce monotona, parola esplosiva, grave disfagia, rallentamento dei movimenti saccadici e anomalie della fissazione. Dal punto di vista psichico, si possono avere manifestazioni molto varie, più o meno gravi: apatia, irritabilità, turbe della memoria, disturbi affettivi uni- o bipolari con aumentato rischio suicidario e psicosi schizofreniche; infine, si instaura uno stato demenziale. La malattia evolve progressivamente e la sua durata media è compresa tra 15 e 25 anni: il paziente non è più in grado di mantenere la stazione eretta, con ingravescente postura rigido-distonica; le difficoltà ad alimentarsi giustificano un progressivo calo ponderale e l’exitus interviene per cause secondarie. La diagnosi, suggerita dalla tipica associazione tra discinesie coreiche e turbe psichiche, riposa sul riscontro di una familiarità; le indagini strumentali non danno risultati specifici e la diagnosi rimane clinica; in ogni caso, orientativamente, può essere utile eseguire i seguenti esami: TC cranioencefalica, che può dimostrare un’atrofia del nucleo caudato, EEG, che può evidenziare un tracciato desincronizzato di bassa ampiezza, e gli studi PET hanno dimostrato un ipometabolismo striatale del glucosio. Le terapie farmacologiche hanno un significato sintomatico: le discinesie possono essere attenuate da farmaci antagonisti della dopamina, che sono gravati, però, da notevoli effetti collaterali; le turbe psichiche richiedono un adeguato trattamento psicofarmacologico; cruciale è la consulenza genetica, con la quale si informano il paziente e i familiari dei rischi connessi a una malattia autosomica dominante a penetranza completa.

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