Definizione. Malattia neuromuscolare caratterizzata da debolezza e facile esauribilità dei muscoli scheletrici con tendenza al recupero dopo un periodo di inattività muscolare. Il difetto sottostante è rappresentato da una riduzione dei recettori colinergici a livello della giunzione neuromuscolare in seguito a una reazione autoimmune tessuto-specifica.Eziopatogenesi. È ignota. La patogenesi verosimilmente autoimmune. Nei soggetti affetti sono presenti autoanticorpi diretti contro i recettori colinergici di tipo nicotinico della giunzione neuromuscolare. Si dimostra una riduzione del 70-90% nel numero di recettori a livello della placca. L’infusione degli autoanticorpi in animali da esperimento determina un quadro simil-miastenico. Non è nota la causa della perdita della tolleranza verso il recettore nicotinico da parte del sistema immunitario. Dal momento che nel timo vi sono cellule definite “mioidi” che hanno il recettore colinergico sulla loro superficie, si ritiene che proprio a tale livello venga meno la tolleranza immunitaria.Epidemiologia. Colpisce tutti i gruppi razziali. L’incidenza annuale media è di 1 su 20.000 circa. La frequenza è maggiore nelle femmine (rapporto M:F variabile da 1:2 a 2:3, a seconda delle casistiche). Sono coinvolte tutte le fasce di età, con età media di esordio è di 28 anni nelle donne e di 43 anni negli uomini.Clinica. Caratteristiche cardinali sono la debolezza e la facile esauribilità dei muscoli scheletrici, che tendono ad aumentare con l’esercizio ripetuto e a recuperare con il riposo o il sonno. Il decorso della malattia è variabile. Si possono alternare periodi di esacerbazione e periodi di remissione (soprattutto nei primi anni di malattia). Raramente le remissioni sono complete e/o permanenti. Fatti infettivi o malattie sistemiche possono aggravare acutamente il quadro clinico. La distribuzione topografica del deficit miastenico è caratteristica. Sovente, i muscoli oculari estrinseci sono coinvolti precocemente e la diplopia e la ptosi palpebrale sono tipici sintomi di esordio della malattia. La debolezza della muscolatura mimica può determinare la caratteristica espressione sardonica (riso miastenico), mentre la debolezza dei muscoli masticatori si evidenzia più facilmente dopo esercizio prolungato. Il timbro della voce può essere nasale in seguito all’ipostenia dei muscoli del palato molle (rinolalia) e può evidenziarsi disfonia da interessamento della muscolatura laringea. Disturbi della deglutizione (disfagia per solidi e/o per liquidi) si manifestano in seguito all’interessamento dei muscoli intrinseci della lingua, del palato molle e del faringe. Nell’85% dei pazienti il deficit miastenico si generalizza e coinvolge anche la muscolatura degli arti, con distribuzione, in genere, prossimale e asimmetrica. Nonostante la debolezza muscolare, i riflessi osteotendinei sono preservati. Non si rilevano disturbi della sensibilità. Il deficit della muscolatura respiratoria è responsabile di quadri che vanno dalla semplice tachipnea alla vera e propria insufficienza respiratoria, con necessità di intubazione e respirazione artificiale controllata (crisi miastenica).Classificazione. In base alla clinica e al decorso è possibile dividere le forme di miastenia in 5 gruppi (sec. Osserman e Jenkins):A. Gruppo I: miastenia oculare (15-20%). Il deficit è limitato alla muscolatura oculare estrinseca con un decorso stazionario. È la forma a prognosi migliore.B. Gruppo IIA: miastenia generalizzata di grado lieve (30%). Ha un’insorgenza graduale, talora a partire dalla muscolatura oculare, con interessamento della muscolatura scheletrica e bulbare, risparmio di quella respiratoria e buona risposta al trattamento con anticolinesterasici. La mortalità è bassa.C. Gruppo IIB: miastenia generalizzata di grado medio (20%). Simile al gruppo precedente, ma con maggiore gravità clinica e minor risposta alla terapia.D. Gruppo III: miastenia acuta fulminante (11%). Insorgenza acuta dell’ipostenia a carico della muscolatura scheletrica, bulbare e respiratoria con rapida evoluzione verso la crisi miastenica. La risposta agli anticolinesterasici è insoddisfacente e la mortalità è alta.E. Gruppo IV: miastenia tardiva grave (9%). Si tratta di pazienti appartenenti ai gruppi I o II il cui quadro clinico va incontro, ad almeno 2 anni dall’esordio, a un aggravamento tale da farli rientrare nel gruppo III. La risposta alla terapia è scarsa e la prognosi non buona.Diagnosi. Il sospetto di miastenia grave si pone in seguito al riscontro di debolezza e facile esauribilità muscolare coinvolgente i distretti su menzionati, in assenza di alterazioni dei riflessi osteotendinei, della sensibilità e in assenza di altri deficit neurologici. Indispensabili alla diagnosi sono altre indagini strumentali e di laboratorio.Test farmacologiciTest all’edrofonio (o test al Tensilon). Si valuta l’eventuale miglioramento clinico in seguito alla somministrazione e.v. di 2 mg di cloridrato di edrofonio (Tensilon®), molecola ad azione anticolinesterasica con durata di azione molto breve (circa 5 minuti). Nel soggetto normale o con deficit motorio da altra patologia, la somministrazione del farmaco non determina alcuna variazione della forza muscolare. False positività possono occorrere in pazienti con altre malattie neurologiche, come la sclerosi laterale amiotrofica, o per effetto placebo. Si possono avere anche test falsi negativi o dubbi. In alcuni casi, l’uso di anticolinesterasici a più lunga emivita (prostigmina) consente una valutazione più attenta della risposta farmacologica.Test alla prostigmina. 1,5 mg i.m. o 15 mg per os determinano un miglioramento del deficit stenico.Test elettrofisiologiciStimolazione nervosa ripetitiva o test di Desmedt-Jolly. Si effettua registrando il potenziale motorio in seguito a stimolazione nervosa ripetuta a 2-3 Hz. Il test va eseguito almeno 6 ore dopo l’ultima somministrazione di anticolinesterasici. Nei soggetti normali non si osservano variazioni di ampiezza del potenziale motorio. Nei soggetti con miastenia grave si può osservare una decremento dell’ampiezza del potenziale motorio superiore al 10-15%, a partire in genere dalla quarta o quinta risposta e che si mantiene per tutta la stimolazione. Come test ulteriore si può valutare se la somministrazione di edrofonio previene o riduce il decremento della risposta motoria.Test di laboratorioDosaggio degli anticorpi anti-recettore colinergico. La presenza di tali anticorpi nel siero rappresenta sicuramente il reperto più specifico di miastenia grave. Usando come substrato il recettore colinergico umano purificato e come tracciante la bungarotossina marcata con 125I, il dosaggio risulta positivo nell’80% circa dei casi di miastenia grave. In media si osserva positività nel 24% dei pazienti in remissione, nel 50% di quelli del gruppo I, nel 80% di quelli del gruppo IIA, nella quasi totalità di quelli dei gruppi IIB e III e nel 90% di quelli del gruppo IV. Il titolo anticorpale non è correlabile con la gravità del quadro miastenico, ma in singoli casi non è raro osservare una riduzione del titolo in concomitanza del miglioramento clinico.Patologie associate. I soggetti con miastenia grave presentano un’aumentata incidenza di altre patologie. Anormalità timiche si riscontrano nel 75% circa dei pazienti: nel 65% circa si ha un’iperplasia timica, con presenza di centri germinativi attivi, mentre nel restante 10% si ha un vero e proprio timoma. La neoplasia determina un allargamento del timo evidenziabile mediante TC o RM della loggia mediastinica. Un allargamento del timo in un soggetto di età superiore ai 40 anni è altamente indicativo di timoma. Ipertiroidismo si riscontra nel 3-8% dei pazienti con miastenia. In considerazione dell’associazione con altre malattie autoimmuni (artrite reumatoide, anemia perniciosa, lupus eritematoso sistemico, sarcoidosi), è prudente effettuare la ricerca del fattore reumatoide e degli altri autoanticorpi in tutti i soggetti affetti da miastenia grave.TerapiaFarmaci anticolinesterasici. Aumentano la concentrazione di acetilcolina nello spazio sinaptico inibendo l’enzima deputato al catabolismo della stessa. Molti pazienti possono avvalersi di tale trattamento, che sicuramente rappresenta il passo iniziale, ma solo pochi non necessitano di altre misure terapeutiche. Non esistono differenze sostanziali tra i vari anticolinesterasici. Il più usato è il bromidrato di piridostigmina. La sua azione si manifesta entro 15-30 minuti e si protrae per 3-4 ore circa. Generalmente, si inizia con una dose di 60 mg 3-5 volte/die. Gli aggiustamenti successivi sono fatti in base alla risposta clinica, alle necessità del singolo paziente e agli effetti collaterali (diarrea, crampi addominali, ipersalivazione, nausea). Non è prudente superare un dosaggio di 120 mg somministrati a distanza di 3 ore per il rischio di crisi colinergica.Timectomia. In presenza di timoma, si impone la resezione chirurgica per la possibile diffusione locale della neoplasia (che peraltro è nella maggior parte dei casi benigna). L’85% dei pazienti con iperplasia timica va incontro a miglioramento clinico dopo la timectomia e il 35% circa presenta una remissione completa (da pochi mesi ad alcuni anni). Si ritiene che la timectomia sia da proporre a tutti i soggetti di età <55 anni. Per i pazienti con più di 55 anni e per quelli con sintomatologia limitata ai muscoli oculari non vi è ancora accordo sull’utilità dell’intervento stesso.Terapia immunosoppressiva. Steroidi. Determinano un miglioramento nel quadro nella maggioranza dei pazienti. Indicati nei soggetti con miastenia oculare e incompleta risposta agli anticolinesterasici e nei casi gravi (anche in preparazione dell’intervento chirurgico). La molecola più usata è il prednisone. Le strategie sono diverse. Dato il quasi costante peggioramento che si osserva iniziando subito con la dose massima (75-100 mg/die) si può optare per un lento incremento (alcune settimane), con mantenimento della dose massima per alcuni mesi e successivo scalare. Il trattamento cortisonico conduce a completa remissione nel 40-70% dei casi e a un significativo miglioramento nel 20-40%. Altri immunosoppressori. Indicati se non vi è risposta agli steroidi o se vi sono controindicazioni a tale terapia o effetti collaterali gravi da steroidi. Il farmaco più usato è l’azatioprina e il dosaggio (da 50 mg a 150-200 mg/die) deve essere tale da mantenere la conta leucocitaria a 3500-4000 elementi per mm3. Parimenti efficace la ciclosporina A. Plasmaferesi. Misura terapeutica ad azione rapida indicata in pazienti con brusco peggioramento della sintomatologia o nel post-operatorio dopo timectomia o anche in terapie croniche intermittenti se non vi è risposta ad altri trattamenti. La risposta clinica si ha in genere dopo 3-4 sedute. Poiché la rimozione delle immunoglobuline ne stimola la produzione da parte delle plasmacellule, pare razionale associare al trattamento plasmaferetico il trattamento steroideo ad alto dosaggio. Immunoglobuline endovena ad alte dosi. Hanno le stesse indicazioni della plasmaferesi (400 mg/kg/die per 5 giorni). L’effetto benefico si manifesta entro 1 settimana e può durare per molte settimane e, talvolta, per molti mesi.