(ingl. mass psychology; ted. Massenpsychologie; fr. psychologie de la masse)Studio della condotta di gruppi non organizzati, nei quali le azioni degli individui sono affini, pur senza che essi abbiano relazioni tra loro. Referenti della prima ricerca compiuta in tale ambito sono le azioni distruttive delle folle rivoluzionarie francesi, che inducono G. Le Bon (1895) a sostenere che l’uniformità dei comportamenti dei singoli rilevabile nelle masse sia il risultato non tanto della vicinanza fisica o della concomitante presenza di più persone nel medesimo luogo, bensì di un cambiamento nei soggetti che induce al prevalere di istinti immediati e incontrollabili, rispetto alla condotta razionale. Secondo Le Bon, gli individui sembrano “cambiati” in massa e contraddistinti da condotte, atteggiamenti e idee nei quali singolarmente non si identificano. Essi paiono impotenti, privati della loro individualità da un’“anima collettiva”, capace di uniformarne, oltre che di plagiarne, il comportamento: nell’eccitazione generata dalla folla, la fusione degli individui in un sentimento comune cancella le differenze di personalità e di status, ottunde le facoltà psichiche, spingendo la massa a condotte talvolta eroiche, più spesso distruttive.Le tesi di Le Bon vengono riprese e ampliate da G. Tarde (1890, 1902), fondatore della psicologia della massa, al centro del cui interesse vi sono le folle artificiali e organizzate, di cui esercito, Chiesa e partiti politici ne sono prototipi. Nel suo modello, le folle vengono individuate come capaci di creatività – elemento totalmente assente in Le Bon – in quanto, attraverso l’imitazione, le scoperte e i progressi compiuti dal capo, forza propulsiva del sistema, divengono la fonte dello sviluppo dell’umanità. È infatti la “legge dell’imitazione”, meccanismo essenziale per la riproduzione e il cambiamento della società e della sua cultura, che garantisce l’uniformità cognitiva e affettiva della massa e la sua sottomissione al capo: il reale fine del mondo è quindi la “ripetizione generativa o imitativa”. “ Lo stato sociale, come lo stato ipnotico, non è che una forma del sogno, un sogno su comando e un sogno in azione. Non avere che idee suggerite e crederle spontanee: tale è l’illusione propria del sonnambulo, così come dell’uomo sociale. (…) Il rapporto da modello a copia, da padrone a suddito, da apostolo a neofita, prima di divenire reciproco o alternativo ha dovuto necessariamente cominciare con l’essere all’origine unilaterale e irreversibile”. In linea con quanto affermato da Tarde, J. Ortega y Gasset individua nello sviluppo tecnico e produttivo l’origine degli agglomerati sociali e delle folle, caratterizzati dall’uniformità della vita. Egli sostiene però che il processo di massificazione sia gratificante per gli individui, purché favorisca un alto soddisfacimento dei bisogni sociali, rispettando però la naturale tendenza dei soggetti a un atteggiamento sociale passivo.Al concetto di massa ha fatto largo riferimento anche la psicologia del profondo, cercando di individuare, nelle diverse esperienze dell’individuo nel corso dell’infanzia, le motivazioni della sua identificazione con la massa. In tale ambito, S. Freud (1921) è il primo a occuparsene e, anche se non condivide la tesi di Le Bon, secondo cui un soggetto cosciente sottostà a un istinto collettivo irrazionale nei momenti di aggregazione, ne accetta sostanzialmente la fenomenologia del comportamento collettivo. Freud, pur definendo le masse che hanno un capo come l’“unione di singoli che hanno inserito nel loro Super-Io la medesima persona e si sono identificati fra loro nel proprio Io in base a questo elemento comune”, ritiene le caratteristiche che l’individuo manifesta nella folla come “peculiarmente sue” e la regressione a stadi più primitivi caratteristici della condizione di massa quale causa dell’indebolimento della rimozione. “Le caratteristiche apparentemente nuove che egli (l’individuo) ora esibisce sono infatti manifestazioni dell’inconscio in cui tutto ciò che vi è di male nella mente umana è contenuto come predisposizione. “Non ci è affatto difficile comprendere la sparizione della coscienza morale o del senso di responsabilità in queste circostanze”. La massa è per Freud il momento nel quale il soggetto può liberare il suo inconscio ed esprimere tutta una serie di pulsioni sessuali irrisolte o inibite, attraverso la partecipazione emotiva, il comportamento irrazionale, la suggestione, l’identificazione con un modello di capo emergente: essa ha, in tal senso, una valenza positiva, in quanto sbocco della libido repressa e affrancamento delle pulsioni psichiche. Freud all’interno della psicologia della massa formula il concetto di identificazione, quale sviluppo della teoria di Tarde sull’imitazione, inteso come differenziazione della psiche attraverso l’interiorizzazione di ideali sociali, autorità esterne e modelli, indicativo del provvisorio superamento del narcisismo e dell’apertura nell’alterità.La Scuola di Francoforte, con T.W. Adorno (1966), M. Horkeimer (1947) e H. Marcuse (1964), sostiene che le masse, pur mostrandosi socialmente e culturalmente evolute, sottostanno in verità a un alto grado di alienazione connessa alla persuasione occulta messa in atto dai detentori del potere economico e politico, attraverso i mezzi di comunicazione di massa. E. Fromm (1955) ritiene sia indispensabile restituire al soggetto il senso del proprio valore, riconducendolo alla priorità dell’essere sulla condotta maggiormente livellante dell’avere.

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