Dimero proteico composto da due catene identiche polipeptidiche, ognuna delle quali è lunga 118 aminoacidi. Levi-Montalcini e Hamburger (1953) per primi descrissero la sua presenza in cellule di sarcoma del topo e stabilirono che esso stimolava la crescita estensiva dei neuroni di embrioni di pollo. Successivamente, la sostanza fu riscontrata nel veleno di serpente e in grandi quantità nelle ghiandole sottomascellari del topo. Il NGF è importante nello sviluppo e nel mantenimento dei neuroni sensitivi derivati dalla cresta neurale e simpatica, sia in vitro sia in vivo. Inoltre, esso promuove lo sprouting dei neuroni colinergici del ratto in vivo ed esalta la funzione neuronale colinergica nel ratto e nell’uomo. I livelli di NGF sono massimi nell’ippocampo, nella corteccia, nel setto pellucido, nel nucleo basale (cioè nelle aree bersaglio e nelle aree di origine dei neuroni ascendenti colinergici della zona anteriore dell’encefalo) e minimi nel tratto ottico, nel cervelletto e nel midollo (cioè in aree che non ricevono un input dai neuroni colinergici del cervello anteriore). Il NGF sembra agire nel senso di indirizzo dello sviluppo e della rigenerazione degli assoni (“neurotropismo”). L’effetto trofico e di supporto ai neuroni e alle loro connessioni avviene solo dopo lo stabilirsi delle innervazioni. Non ha tuttavia effetto trofico sui motoneuroni. È stato ipotizzato un coinvolgimento del NGF nella patogenesi della m. di Alzheimer, nella sclerosi laterale amiotrofica e m. di Parkinson e quindi anche un suo impiego terapeutico, ma ulteriori studi sono necessari per stabilire il ruolo esatto del fattore nei processi neurodegenerativi e per sviluppare un prodotto farmacologicamente attivo a livello cerebrale.