Il risperidone è un nuovo antipsicotico, derivato benzisossazolico, che lega con elevata affinità i recettori serotoninergici di tipo 2 (5-HT2), i recettori dopaminergici di tipo 2 (D2) e i recettori adrenergici di tipo a1, mentre presenta minore affinità per i recettori alfa-adrenergici tipo a2 e per i recettori istaminergici di tipo H1. Il farmaco non presenta invece affinità per i recettori dopaminergici tipo D1 e per i recettori anticolinergici di tipo muscarinico.Il risperidone è ben assorbito dopo somministrazione orale, presenta una elevata biodisponibilità, dimostrando una farmacocinetica lineare, con un rapporto proporzionale fra dose somministrata e livelli plasmatici, pur con un’elevata variabilità interindividuale. Il cibo non modifica l’entità dell’assorbimento.Il picco plasmatico viene raggiunto dopo 1-2 ore dall’assunzione per os. Il farmaco viene metabolizzato a livello epatico attraverso idrossilazione e N-desalchilazione ossidativa, con prevalente formazione di un metabolita attivo, il 9-idrossi risperidone, che mostra analogie farmacologiche con il farmaco di partenza a cui si associa quindi per il range di attività clinica.L’idrossilazione del risperidone è correlata al polimorfismo genetico per cui esistono metabolizzatori lenti e rapidi, fattore per cui le concentrazioni della molecola madre e del principale metabolita possono essere molto differenti in tali soggetti senza tuttavia che la concentrazione globale della frazione attiva globale (risperidone + 9 idrossi risperidone) si modifichi.Il legame proteico del farmaco è approssimativamente dell’88% e quello del metabolita del 77%.La sua emivita plasmatica è di 2-4 ore, a cui deve essere associata quella del 9-OH risperidone, pari a 17-22 ore circa.Lo steady state, dopo somministrazioni ripetute, viene raggiunto dopo 24 ore da parte del risperidone, mentre il suo metabolita lo raggiunge dopo 4-5 giorni.Nei pazienti con insufficienza renale, la concentrazione plasmatica del farmaco aumenta significativamente e l’emivita si prolunga, cosicché è consigliabile una riduzione del dosaggio.Gli studi clinici hanno evidenziato l’efficacia clinica del risperidone sia sui sintomi positivi sia sui sintomi negativi della schizofrenia, in un range terapeutico fra 1 e 16 mg/die, ma con una finestra terapeutica ottimale all’intorno dei 4-8 mg/die, che indica una curva a campana fra dose e risposta.Inizialmente è stata proposta una posologia da iniziarsi con 2 cpr da 1 mg il primo giorno, 2 cpr da 2 mg il secondo giorno e 2 cpr da 3 mg il terzo giorno. Da questo momento in poi, il dosaggio potrà rimanere invariato o essere ulteriormente individualizzato a seconda delle necessità. In realtà, nella pratica clinica successiva, tale titolazione è parsa troppo rapida e, nella maggior parte dei pazienti, si utilizza un incremento posologico più lento e graduale.Non risulta opportuno superare i 16 mg/die ed è necessario ridurre le precedenti dosi di circa metà negli anziani e nei pazienti con insufficienza epatica e renale.A causa dell’azione bloccante sui recettori a1 è riscontrabile, specie nelle fasi iniziali (per lo più nel corso della prima settimana) e in caso di rapido incremento posologico, un’ipotensione ortostatica, sovente accompagnata da una tachicardia compensatoria. Raramente sono stati osservati episodi sincopali e aritmie cardiache transitorie e tali effetti cardiovascolari possono essere prevenuti con un più cauto incremento posologico iniziale.In ogni caso, il risperidone deve essere impiegato con molta cautela nei pazienti con patologie cardiovascolari quali scompenso cardiaco, infarto miocardico, patologia vascolare encefalica, disturbi della conduzione cardiaca e in corso di altre situazioni cliniche, quali un’ipovolemia e una fase di disidratazione non compensata. Ovvia cautela e controlli pressori debbono essere operati in pazienti nei quali il risperidone venga associato a terapia con farmaci antipertensivi.La collateralità parkinsoniana è modesta, ma dose-dipendente. Essendo l’insorgenza di disturbi extrapiramidali con il risperidone meno frequente rispetto all’aloperidolo, anche l’insorgenza di discinesia tardiva risulterebbe essere meno frequente: in ogni caso, il farmaco deve essere impiegato al minimo dosaggio efficace e la necessità del prosieguo del trattamento deve essere rivalutata periodicamente.Il risperidone, come altri farmaci bloccanti della dopamina, incrementa, dopo somministrazione cronica, i livelli serici di prolattina, con livelli plasmatici medi di PRL fra 48 e 57 nm/ml, generalmente più elevati rispetti a quanto osservato nei soggetti trattati con aloperidolo: in tal senso, va impiegata cautela nei soggetti con anamnesi di pregressa patologia mammaria. È noto che elevati livelli di prolattinemia si accompagnano a disturbi quali ipomenorrea, amenorrea, ginecomastia e galattorrea. Altro effetto collaterale significativo del risperidone è l’incremento ponderale, soprattutto nella terapia a lungo termine, quantificato sui 2-3 kg, ma talora anche superiore.Anche con il risperidone, come con qualsiasi altro antipsicotico, è possibile l’insorgenza di una sindrome maligna da neurolettici , evento clinico che impone l’immediata sospensione del farmaco e i provvedimenti del caso.Sul versante delle interazioni, il risperidone può potenziare gli effetti dell’alcool e dei farmaci agenti sul SNC; può ovviamente antagonizzare gli effetti della levo-dopa e dei dopamino-agonisti. Il farmaco viene metabolizzato attraverso l’isoenzima IID6 del citocromo P450 e può quindi potenzialmente interferire con altri farmaci substrati di tale enzima, quali le fenotiazine , gli antidepressivi triciclici , gli inibitori selettivi della serotonina e alcuni b-bloccanti.Gli effetti collaterali più frequenti, valutati in studi controllati verso placebo, sono rappresentati dall’insonnia (10-13% vs. 15,9% con placebo), agitazione (7-8% vs 15% con placebo), disturbi extrapiramidali (7-12% vs. 6,8 % con placebo, dose-correlati e reversibili con la riduzione del dosaggio o l’associazione con anticolinergici), ansia e cefalea, talora difficili da differenziarsi con gli intercorrenti sintomi psicotici e paragonabili a quelli osservati con placebo. Gli effetti avversi più gravi sono rappresentati da sincopi, aritmie cardiache, blocchi A-V di primo grado e crisi epilettiche.La sospensione del trattamento per collateralità è descritto nel 9% circa dei pazienti trattati in studi controllati, per sintomi psichiatrici (4,1%), in particolare agitazione o sonnolenza neurologica (3,2%), specie vertigini o disturbi extrapiramidali e cardiovascolari (1,2%), in primo luogo l’ipotensione.Fra i pochi casi di sovradosaggio (con dosi all’intorno dei 300 mg) non sono stati osservati decorsi fatali e i sintomi sono stati rappresentati per lo più da sedazione, tachicardia, ipotensione e transitorie anomalie ECGrafiche.