Detta anche sindrome dell’ipercalcemia idiopatica, è una malattia congenita (recessiva legata al cromosoma X), appartenente al gruppo delle aminoacidopatie e caratterizzata da accumulo di glutamilriboso-5-fosfato, per difetto dell’enzima ADP-riboso-proteina idrolasi. La sindrome è dovuta a una delezione nella banda 7q11.23, il locus del gene che programma l’elastina, una proteina che dà proprietà elastiche ad arterie, polmoni, intestini e rene e che quindi è responsabile della stenosi aortica sopravalvolare, delle ernie e delle rughe da invecchiamento premature del volto dei pazienti. La malattia esordisce nella prima infanzia, con crisi epilettiche, progressivo deterioramento intellettivo e proteinuria. Alcuni pazienti manifestano nel 1° anno di vita ipercalcemia, che tuttavia scompare spontaneamente nel 2° anno di vita. I soggetti sono microcefalici, con un aspetto “da folletto” e all’esame bioptico renale si evidenzia glomerulosclerosi globale. La prognosi è infausta nell’arco di pochi anni. Il pattern neuropsicologico dei bambini affetti è caratterizzato da una vistosa dissociazione tra le abilità linguistiche ben sviluppate e le abilità visuo-percettive assai scadenti. Il linguaggio è migliore rispetto all’età mentale, con frasi automatiche e di routine (il cosiddetto cocktail party speech), sebbene la padronanza lessicale e semantica di parole (anche rare) sia ottima. I pazienti possiedono inoltre capacità musicali sproporzionatamente avanzate e possono presentare iperacusia. Dal punto di vista neuropatologico, il cervello si presenta moderatamente atrofico nella sua globalità, sebbene i lobi frontali e il circuito cerebello-limbico siano volumetricamente normali.