Farmaci utilizzati nel
trattamento delle epilessie. Il termine farmaci anticonvulsivanti
sembra meno appropriato, poiché le crisi presentate dai pazienti con epilessia
possono anche essere di tipo non convulsivo; è più accettabile il termine farmaci
anticomiziali. Nel periodo precedente la scoperta della possibilità
di un trattamento farmacologico, la gestione terapeutica dell’epilessia consisteva
in procedure quali la trapanazione, l’applicazione di ventose o l’impiego di erbe
medicinali o estratti animali. Nel 1857, Sir Locock riferì l’efficacia del bromuro
di potassio nel trattamento dell’epilessia catameniale, ma gli albori della moderna
terapia antiepilettica si collocano attorno all’anno 1912, allorché venne per la
prima volta impiegato il fenobarbitale nel trattamento dell’epilessia umana; tale farmaco, nonostante
sia il più antico del gruppo, rimane ancora oggi insostituibile nel trattamento
delle crisi epilettiche parziali e generalizzate tonico-cloniche. Con analoghe
indicazioni viene attualmente impiegata la difenilidantoina, il più
antico farmaco antiepilettico ad azione non sedativa, introdotta nel 1938 dopo
l’impiego sperimentale sul gatto. Tra gli altri farmaci antiepilettici cosiddetti di
prima generazione continuano a essere utilmente impiegati nella pratica clinica l’etosuccimide, introdotta negli Stati Uniti nel 1960, che possiede uno
spettro di azione limitato alle crisi generalizzate, in particolare alle crisi tipo
assenza (per le quali è trattamento di elezione), la carbamazepina, introdotta nel
1962 e inizialmente utilizzata nel trattamento della nevralgia trigeminale, efficace
nelle crisi parziali e generalizzate tonico-cloniche, il valproato di sodio , che è
stato messo in commercio nel 1969 in Francia, indicato soprattutto per le crisi
generalizzate tonico-cloniche, ma con spettro di attività esteso anche alle crisi
miocloniche, atoniche e tipo assenza. Le benzodiazepine rappresentano
storicamente un’ulteriore classe di farmaci che, tra gli altri impieghi, possiede
anche un’attività anticonvulsivante; in realtà, i principali farmaci di questa
classe utilizzati in tal senso (diazepam, lorazepam, clonazepam, vedi anche le rispettive voci) rivestono un ruolo di
primaria importanza, limitatamente al controllo degli stati di male epilettico,
eccetto il nitrazepam, di cui è nota l’efficacia nella s. di West. Più
recentemente, è stata introdotta sul mercato una nuova generazione di farmaci
antiepilettici, il cui impiego non è tuttavia raccomandato come prima scelta
terapeutica nel management dell’epilessia. Tra questi, la lamotrigina, farmaco deprimente la
neurotrasmissione glutamatergica, è stata curiosamente sviluppata a partire
dall’esigenza di sviluppare nuove molecole ad azione antifolica, ritenuta uno dei
meccanismi di attività antiepilettica; le indicazioni di questo farmaco comprendono
attualmente il trattamento in politerapia delle crisi parziali e secondariamente
generalizzate tonico-cloniche resistenti agli altri farmaci. Il felbamato e il più recente topiramato, inibitori della
trasmissione eccitatoria mediata dal glutamato (il topiramato agisce anche sui
canali del sodio voltaggio-dipendenti e mediante potenziamento dell’azione del
GABA), costituiscono un valido presidio soprattutto nel controllo delle epilessie
farmaco-resistenti tipo s. di Lennox-Gastaut e in alcuni tipi di epilessie parziali. Infine,
particolarmente importante è stata negli ultimi anni la ricerca volta a scoprire
molecole potenzianti gli effetti del GABA: vigabatrin, gabapentin e, in tempi più recenti,
la tiagabina, farmaci a effetto
GABA-mimetico, trovano impiego clinico nel trattamento delle crisi parziali e nella
s. di West. Da ricordare la zonisamide, farmaco inibitore dell’enzima anidrasi
carbonica, efficace soprattutto nell’epilessia mioclonica; il farmaco non è
attualmente disponibile in Italia ed è in commercio in Giappone. Sotto l’aspetto
farmacodinamico, tutti gli antiepilettici utilizzati nella pratica clinica agiscono
a quattro differenti livelli:
Blocco dei canali per il sodio (fenobarbital, carbamazepina, fenitoina,
valproato, topiramato)

Blocco dei canali T per il calcio (etosuccimide, valproato)

Potenziamento del GABA (vigabatrin, gabapentin, tiagabina, fenobarbital,
benzodiazepine, valproato, topiramato)

Inibizione della trasmissione glutamatergica (lamotrigina, felbamato e
topiramato).
La scelta razionale di una strategia terapeutica anticomiziale è argomento
molto dibattuto: ciò appare in primo luogo legato alla scarsa specificità dei
farmaci stessi, poiché soltanto l’etosuccimide e, in parte, il valproato possiedono
uno spettro di azione sufficientemente selettivo, mentre per gli altri la scelta
viene condotta in rapporto all’esperienza clinica e a considerazioni di ordine
generale. La scelta di un farmaco deve pertanto essere subordinata a valutazioni
riguardanti efficacia, tossicità e costi e, allo stesso modo, un trattamento in
monoterapia deve essere preferito al trattamento con più farmaci, da riservarsi
esclusivamente a casi di accertata refrattarietà.Importante contributo alla
terapia razionale è stato fornito dal monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche
dei farmaci antiepilettici, introdotto attorno alla metà degli anni Settanta; ciò
non è tuttavia fattibile per la maggior parte dei farmaci di nuova generazione.

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