Per farmacoresistenza, dal punto di vista generale, si intende la mancanza di risposta a vari e congrui tentativi di trattamento farmacologico, cioè di terapie adeguate per dosaggio e tempo di utilizzo verso la patologia in atto, ma inefficaci sul versante della risposta clinica.Nella pratica clinica si distingue una farmacoresistenza falsa (o pseudofarmacoresistenza) quando il farmaco non è adeguato per la patologia in atto (ad es., per erronea scelta o per erronea diagnosi), oppure viene somministrato a dosaggi non terapeutici, o per un periodo non sufficiente a determinare una risposta clinica, o non raggiunge (per problemi farmacocinetici di assorbimento o metabolismo) un corretto livello plasmatico o un’adeguata concentrazione a livello recettoriale.Per farmacoresistenza vera si intende una reale refrattarietà, parziale o globale, del paziente a due o più trattamenti, con classi di farmaci differenti, condotti correttamente in casi adeguatamente diagnosticati.Sono state proposte definizioni più o meno ristrette di farmacoresistenza, a seconda delle varie patologie (per lo più depressione, epilessia o schizofrenia). Ad esempio, fra i criteri per la definizione di farmacoresistenza in corso di schizofrenia , Kane e colleghi propongono di utilizzare tale termine solamente a fronte di una mancata risposta a 3 periodi di trattamento, con almeno 2 classi differenti di antipsicotici, ad esempio butirrofenoni e fenotiazine, entrambe dosate ad almeno 1000 mg/die equivalenti di clorpromazina per un periodo di trattamento di almeno 6 settimane. Inoltre, almeno uno dei trattamenti dovrebbe essere effettuato con aloperidolo a dosaggio elevato (secondo Kane di 60 mg/die). Per altri autori le classi da utilizzare, prima di definire un paziente schizofrenico come farmacoresistente, dovrebbero essere almeno 3, di cui una utilizzata per via parenterale.Nel caso di farmacoresistenza nei pazienti schizofrenici trattati con neurolettici tradizionali è stato proposto l’utilizzo della clozapina e, più recentemente, tale indicazione è stata ampliata ad altri antipsicotici atipici. Anche nel caso dei disturbi dell’umore si intende per farmacoresistente una depressione non responsiva al trattamento, per la persistenza di una significativa sintomatologia, nonostante l’utilizzo di almeno 2 farmaci di differenti classi farmacologiche, ognuno impiegato a dosaggio adeguato e per un congruo periodo di tempo (almeno 4 settimane, di cui almeno 3 a dose adeguata se la terapia è stata attuata con dosaggi inizialmente crescenti). Nel caso dell’epilessia , il monitoraggio terapeutico dei farmaci ha permesso, per lo meno per quelli della “vecchia” generazione (vedi
Antiepilettici, farmaci), di stabilire un livello plasmatico massimo al di là del quale si può parlare di farmacoresistenza vera, allorché la quota di farmaco libera (cioè non legata alle proteine plasmatiche) sia quella corretta, escludendo così i casi di farmacoresistenza falsa (ossia metabolica) dovuta ad alterato binding epatico e/o escrezione renale e/o alterati meccanismi di passaggio attraverso la barriera emato-encefalica. È possibile attuare un algoritmo, ovvero una “strada” terapeutica da percorrere laddove si manifesti una farmacoresistenza agli agenti antiepilettici, privilegiando sempre la monoterapia alternativa e quindi proseguendo con l’aggiunta di un ulteriore farmaco alla volta sino al raggiungimento del controllo totale delle crisi, tenendo conto del fatto che solo questo obiettivo (zero crisi) è l’unico da perseguire.Si definisce resistenza relativa la presenza di una mancata risposta a una dose adeguata di un farmaco potenzialmente efficace, utilizzato per un adeguato periodo di tempo (ad es., 200 mg di imipramina o 20 mg di fluoxetina per 4 settimane). Si definisce resistenza assoluta la mancata risposta a una dose massimale di un singolo farmaco per un prolungato periodo di tempo (ad es., 300 mg di imipramina o 200 mg di sertralina per 8 settimane).Esistono fattori di rischio nel caso di depressioni resistenti che sono rappresentati dal sesso femminile, da pregresse alterazioni della funzionalità tiroidea, dalla comorbidità con disturbi di personalità, dal ritardo nella presa in carico terapeutica, dalla presenza di molteplici eventi di perdita, da una sottesa patologia organica a carico del sistema nervoso centrale.Esistono precise strategie, indicate dalle linee guida internazionali, per affrontare una depressione resistente, con una scaletta di interventi rappresentati, in successione, dal portare ai limiti posologici e temporali il trattamento (maximizing treatment), dal passaggio fra classi di antidepressivi differenti (switching treatment), dalle strategie di associazione con altri farmaci antidepressivi (usando contemporaneamente classi differenti di antidepressivi) o con altre categorie (augmentation) di farmaci o psicofarmaci non antidepressivi (ad es., ormoni tiroidei, sali di litio, anticonvulsivanti, estrogeni, antipsicotici, b-bloccanti, ecc.).

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