(ingl. psychical conflict; ted. Psychischer Konflikt; franc. conflit psychique)Concetto inteso come l’insieme delle reazioni, tendenzialmente incompatibili, che blocca o arresta la traduzione in atto di una risposta.Psicoanalisi. In tale ambito il conflitto psichico è colto quale contrapposizione tra istanze interne divergenti, essenzialmente tra i bisogni antitetici, protagonisti del complesso di Edipo, tra le differenti istanze psichiche, come l’Es e l’Io, ad esempio, tra pulsioni distinte, tra difese e desideri. Freud ha sottolineato il rapporto privilegiato tra il conflitto psichico e la sessualità, fondamentalmente nella situazione edipica, cogliendo nella relazione con l’attività sessuale il dato strutturale debole dell’Io. Inoltre, sin dalle sue origini, la psicoanalisi ha fatto del conflitto psichico l’elemento centrale della teoria della nevrosi, di cui Freud afferma che “una parte della personalità si fa interprete di certi desideri, un’altra vi si oppone e li respinge. (…) Il conflitto viene suscitato dalla frustrazione, che fa sì che la libido, privata del suo soddisfacimento, sia costretta a cercarsi altri oggetti e altre vie. Presupposto del conflitto è che queste altre vie e oggetti suscitino l’opposizione di una parte della personalità, così che ne segua un veto tale da rendere in un primo tempo impossibile il nuovo modo di soddisfacimento. Da qui procede verso la formazione dei sintomi, (…) soddisfacimento nuovo e sostitutivo, che diventa necessario a causa della frustrazione” (1915-1917). Il sintomo nevrotico viene descritto da Freud (1899) come il risultato di un accordo tra due rappresentazioni opposte, ove il conflitto, la rimozione e la sostituzione, sotto forma di creazione di compromesso, rappresentano il processo individuabile in ogni sintomo nevrotico e in tutti quei fenomeni come sogni, atti mancati (vedi
Atto mancato) e ricordi-schermo. Tre sono le ipotesi proposte dalla teorizzazione freudiana in riferimento ai termini coinvolti nel conflitto psichico, il cui elemento comune è rappresentato dalla tesi che la sessualità sia un termine del conflitto: (a) la prima è relativa alla contrapposizione tra principio di piacere e di realtà, controllati dalla rimozione; (b) la seconda ingloba l’antitesi tra le pulsioni dell’Io (vedi
Pulsione), o di autoconservazione, e le pulsioni sessuali; (c) la terza riconduce il conflitto al dualismo tra pulsioni di vita e pulsioni di morte, tra Eros e Thanatos, ove “ambedue i tipi distinti sin dal primo nascere della vita agirebbero e lavorerebbero l’uno contro l’altro” (1923). Il conflitto può essere manifesto, nel caso di sentimenti contrastanti, oppure latente: in questo secondo caso, peculiare della nevrosi, i dati del conflitto manifesto esprimono soltanto una deformazione dei dati reali del conflitto latente, che si esprimono concretizzandosi in sintomi, alterazioni del carattere, disturbi della condotta.Psicologia individuale. A occuparsi di nevrosi conflittuale è A. Adler (1912), alla base della quale pone un senso di inferiorità (vedi
Psicologia individuale) dell’individuo correlato a una sua marcata asocialità. Egli si riferisce a quegli atteggiamenti la cui causa va ricercata nell’evidente opposizione ambientale, mantenuta da giudizi critici che preservano la nevrosi conflittuale dal delirio vero e proprio.Psicologia cognitivista. Il conflitto è stato esplicato in tale ambito in termini di dissonanza cognitiva tra la rappresentazione mentale del soggetto e le sue disposizioni comportamentali in contrasto con essa.

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