Concetto di valore storico ascrivibile allo psichiatra francese Falret (1854), che descrive una malattia caratterizzata dal riproporsi con regolarità di alterazioni dell’umore con stati melancolici e maniacali, separati da un intervallo libero. L’autore ha posto l’attenzione sul passaggio da una fase timica all’altra e alla componente ereditaria dello stesso.Tali osservazioni sono state confermate da Baillarger (1854), che ha introdotto il concetto di “folie à double forme”, da Meyer e Kraft-Ebing, che hanno descritto le psicosi periodiche, e da Kahlbaum, che ha definito tali disturbi “vesania typica circularis”.Diviene pietra miliare la visione nosografica del 1896 di Kraepelin, che ha indicato l’alternanza del tono timico come “frenosi maniaco-depressiva”, psicosi endogena in cui sono presenti disturbi di tipo maniacale e depressivo come manifestazioni di un’unica malattia, distinguendola dalla demenza precox (attualmente definita schizofrenia).Gli studi successivi di Leohard, Perris e Angst hanno condotto a un’evoluzione di tale visione con la distinzione della psicosi maniaco-depressiva in disturbi dell’umore unipolari e bipolari.Attualmente, il DSM-IV classifica i disturbi dell’umore in disturbi bipolari tipo I (con mania) e tipo II (con ipomania), ciclotimia (ad andamento cronico, meno grave), disturbi dell’umore indotti da sostanze e da condizione medica e disturbi dell’umore non altrimenti specificati, depressione maggiore e distimia (vedi
Umore, disturbi dell’).

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