È un termine generale per indicare malattie da accumulo lisosomiale di varie combinazioni di mucopolisaccaridi, glicoproteine, oligosaccaridi e glicolipidi. Molto simili sia alle mucopolisaccaridosi sia alle sfingolipidosi, si caratterizzano per l’accumulo di elevate quantità di materiale non metabolizzato a causa del deficit enzimatico nei tessuti viscerali, mesenchimali e nervosi.Molto simili anche dal punto di vista clinico alla s. di Hurler (vedi
Mucopolisaccaridosi), le mucolipidosi non presentano però l’aumentata escrezione di mucopolisaccaridi urinari, mentre mostrano un’eccessiva escrezione urinaria di oligosaccaridi o glicopeptidi, la maggior parte dei quali è rappresentata da frammenti di metaboliti più complessi. Un test diagnostico molto utile risulta in questi casi la cromatografia urinaria a strato sottile per il riscontro degli oligosaccaridi.Le mucolipidosi di tipo I sono praticamente scomparse, rientrando nella classificazione delle mannosidosi o sialidosi, caratterizzate, quindi, dal deficit di neuroaminidasi delle glicoproteine.Le mucolipidosi di tipo II hanno come caratteristica istologica inclusioni fibrillogranulari nei fibroblasti e più piccole inclusioni nelle cellule endoteliali. Vengono considerate complementari alle mucolipidosi III in base alla sostanziale somiglianza tra queste due forme: il difetto di base consiste nella carenza dell’enzima N-acetilglucosamminilfosfotransferasi. Questo enzima attacca l’N-acetilglucosammina-1-fosfato dell’UDP-N-acetilglucosammina-1-fosfato alla posizione 6 dei residui di mannosio della glicoproteina legati in posizione a. L’N-acetilglucosammina viene successivamente rimossa per lasciare un residuo mannosio-6-fosfato, che è un importante marker di riconoscimento per l’assorbimento di determinate glicoproteine nella cellula. Il difetto è di tipo autosomico recessivo e la diagnosi prenatale è possibile grazie allo studio del liquido amniotico e dei villi coriali attraverso il riscontro dell’attività dell’N-acetilglucosamin-1-fosfotransferasi; dopo la nascita è possibile effettuare un riscontro di aumentate quantità di sialo-oligosaccaridi nelle urine associato al deficit multiplo di enzimi lisosomiali nei fibroblasti cutanei in coltura contrapposto all’elevata concentrazione sierica. A livello encefalico e viscerale maggiormente deficitario risulta l’enzima beta-galattosidasi. Il difetto enzimatico sembra essere dovuto a un processo successivo alla traduzione degli enzimi lisosomiali. Molto simile dal punto di vista clinico alla s. di Hurler, la mucolipidosi II è un disturbo a esordio precoce, caratterizzato da alterazione dei lineamenti, ernie, gibbo lombare, deformazione del torace, disostosi multiple, displasia congenita dell’anca, deformità agli arti, iperplasia gengivale, ecc. L’epatosplenomegalia è variamente presente, così come la cardiomegalia e l’idrocefalo. Il ritardo mentale e motorio compare nel 1° mese di vita e successivamente si evidenzia il grave ritardo nella crescita; non si osserva l’opacità corneale tipica della s. di Hurler. La maggior parte dei pazienti muore tra i 5 e i 10 anni per complicanze cardiocircolatorie.Le mucolipidosi di tipo III, anche indicate con l’espressione polidistrofie pseudo-Hurler, sono un disturbo meno grave rispetto alla mucolipidosi II, con molti aspetti del fenotipo delle mucopolisaccaridosi, in particolare la disostosi multipla. La malattia compare durante la prima decade, con rigidità articolare, deformità ad artiglio delle mani e displasia delle anche. È di comune riscontro un modesto ritardo mentale; possono essere presenti alterazioni delle valvole aortica o mitralica, anche se spesso non di entità tale da comportare gravi malfunzionamenti. Questi bambini raggiungono l’età adulta con una possibile stabilizzazione della propria condizione, spesso in presenza di un’inabilità fisica superiore nei maschi rispetto alle femmine.La mucolipidosi di tipo IV è caratterizzata da ritardo psicomotorio, opacamento corneale e degenerazione retinica con un’incidenza maggiore riscontrata nella popolazione ebraica Ashkenazi. Le manifestazioni cliniche non sono presenti alla nascita, ma compaiono nel corso del 1° anno di vita: infatti, soprattutto all’inizio, può essere presente una normale attività retinica che può risultare compromessa durante il 1° decennio di vita. Non sono presenti altre alterazioni somatiche. La carenza enzimatica sembra essere riferibile al deficit di neuroaminidasi, che è attiva nei confronti dei substrati gangliosidici. La diagnosi si basa sul quadro clinico, sulle evidenze al microscopio ottico (istiociti midollari carichi di grassi) e sulle evidenze al microscopio elettronico (vacuoli e corpi membranosi nelle cellule cutanee, della congiuntiva e nei fibroblasti).

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