Termine impiegato nella filosofia di
Platone per indicare il modello originario e ideale delle forme di cui le cose
sensibili sono semplici copie.

Concezione

junghiana

.
Concetto cardine della teoria junghiana, privo di una formulazione
univoca, in quanto qualsiasi affermazione a esso relativa non è altro che
un’asserzione appartenente alla coscienza e non all’archetipo il cui
significato ultimo “può essere circoscritto, non descritto”. È, per così
dire, una “presenza eterna”, la causa primordiale dell’esperienza universale
dell’umanità, che giace nell’inconscio collettivo (vedi
Inconscio) e da cui invade
potentemente la nostra esistenza. Si palesa solo attraverso le sue
manifestazioni, particolarmente evidenti nelle situazioni critiche, quando
l’Io è più vulnerabile. Jung ha posto gli archetipi, come gli istinti, a
metà strada tra il somatico e lo psichico, in quanto da una parte affondano
le proprie radici nell’istinto, dall’altra palesano un lato immaginifico.
Come immagini di reazioni istintive sono psichicamente necessarie a taluni
eventi che, evitando la coscienza, sono motivo di situazioni intese come
necessità psichiche. Pressoché infiniti sono i diversi tipi di archetipo,
alcuni lontani dalla coscienza come l’archetipo dello spirito (il Vecchio
Saggio, la Magna Mater), dell’anima (animus) , del Sé, che è il
più importante secondo Jung, altri immanenti a essa, come l’ombra e la persona. È possibile inoltre
stabilire una “successione di gradi” degli archetipi, a seconda che siano
comuni a tutta l’umanità o a un gruppo più o meno esteso di individui. Si
incontrano gli stessi motivi in tutte le tradizioni e riti religiosi,
favole, miti e leggende, di cui costituiscono i contenuti essenziali, avendo
come referente il patrimonio storico-culturale della civiltà d’appartenenza
o universale. Ercole che uccide il drago, il peccato originale, la maternità
della Vergine e tantissimi altri temi mitologici sono infatti percorsi
psichici in forma simbolica. D’altra parte, essi sono presenti anche a
livello individuale nei sogni, nelle fantasie, nei deliri e nelle
intuizioni. Emerge da ciò l’idea di una psiche oggettiva, intesa come il
risultato delle esperienze vissute da quanti ci hanno preceduti, acquisita
per via ereditaria, che consente a ogni gruppo etnico di rispondere con
modalità espressive e comportamentali simili a fatti universali, come la
nascita, la morte, l’amore, ecc. Jung sottolinea che vengono ereditate non
le immagini, bensì la possibilità di strutturare certe rappresentazioni ed
esperienze. È il percorso analitico ad accrescere il grado di consapevolezza
dell’individuo in merito alla realtà archetipica, che gli permette di
cogliere quanto di extrabiografico, di arcaico vi sia in essa.

Psicologia

archetipica

.
Orientamento teorico e clinico della psicologia del profondo concepito
da J. Hillman per ridare all’anima , oggetto peculiare della psicologia, un
linguaggio non concettuale, quale quello usato dai diversi indirizzi della
psicologia del
profondo, ma immaginale. Secondo Hillman, la metafora del
mito è il modo corretto di trattare gli archetipi, in quanto “i miti parlano
alla psiche nel suo stesso linguaggio; essi parlano emotivamente,
drammaticamente, sensuosamente, fantasticamente. Attraverso la prospettiva
mitica noi percepiamo significati e persone, non oggetti e cose (…) e i
particolari concreti vengono universalizzati; i miti ci parlano degli
universali mediante immagini specifiche di figure e di luoghi, avvenimenti
precisi che non sono mai avvenuti e che tuttavia avvengono sempre (…). Le
metafore del mito fondono assieme passato e presente (…), trasformano i
particolari concreti in universali, sì che ogni immagine, nome, cosa della
mia vita, quando è oggetto di esperienza mitica, assume un senso
universale”. Egli afferma quindi che la logica della psicologia è
fondamentalmente il metodo di comprensione che racconta dell’anima e
conversa con essa, attraverso il suo stesso linguaggio, “l’anima, più che un
oggetto di conoscenza, è un modo di conoscere l’oggetto, un modo di
conoscere la conoscenza stessa”. “Quanto più una psicologia può spingersi
nella comprensione di realtà profonde, cioè negli universali significati
interni espressi dal linguaggio archetipico dei “racconti” mitici, tanto
maggiore è, da una parte, la sua accuratezza scientifica, e tanta più anima
essa ha dall’altra”. Vedi anche
Anima, Animus, Esistenzialismo, Inconscio collettivo, Ombra, Persona, Psicologia del
profondo, Sé.

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