(ingl. Function; ted. Funktion; fr. Fonction)Ogni attività volta a preservare l’esistenza dell’individuo e a conservare la specie. Tale termine ha una peculiare connotazione nell’ambito della psicologia analitica, della psicologia dell’Io, nonché della teoria bioniana.Psicologia analitica. In questo ambito, il termine è utilizzato in 2 diverse accezioni, trascendente e psicologica.La funzione trascendente nasce dalla progressiva unione dei contenuti consci e inconsci e conduce all’individuazione. L’esistenza conscia e quella inconscia difficilmente procedono di pari passo e la separazione che si viene a creare rappresenta per il paziente un pericolo, che può portare al verificarsi di aspre contrapposizioni dell’inconscio, causa di gravi disturbi. Il terapeuta, affinché si verifichi la sintesi auspicata, deve far sì che il soggetto ponga a confronto il conscio con l’inconscio e, qualora i contenuti di quest’ultimo siano troppo deboli, deve aiutarlo a stimolarli e a farli emergere. Jung afferma: “Questo risultato non si ottiene giudicando unilateralmente, con decisione cosciente, i contenuti dell’inconscio, ma piuttosto riconoscendo e tenendo nel debito conto il senso di questi contenuti per la compensazione dell’unilateralità della coscienza. Questa funzione si chiama trascendente perché rende possibile passare organicamente da un atteggiamento all’altro, vale a dire senza perdita dell’inconscio”. La funzione trascendente è quindi quel processo che induce l’organismo psichico a “trascendere” le polarità funzionali e, in genere, tutti gli opposti polari in cui si manifesta la vita psichica: non è quindi altro che il simbolo nel suo reale e autentico valore di attività.Le funzioni psicologiche sono, secondo Jung, “una manifestazione della libido che, pur variando le circostanze, rimane fondamentalmente uguale…”. Egli ne individua 4, 2 razionali – pensiero e sentimento – e 2 irrazionali – intuizione e sensazione. Tale distinzione nasce dal fatto che le prime 2 operano per mezzo di valutazioni (il pensiero interpreta secondo il criterio “vero-falso” e il sentimento attraverso il “piacere-dispiacere”), le altre tramite percezioni.Anche se l’individuo ha costituzionalmente in sé tutte 4 le funzioni, prevale una sola di esse, che è quella attraverso cui l’Io si orienta nel mondo esterno e interagisce con esso. Jung le ha attribuito il nome di funzione superiore o differenziata, ossia ciò che determina, insieme all’atteggiamento, estroverso o introverso, il tipo dell’individuo. Delle altre 3 funzioni, 2 risultano essere sia consce sia inconsce, l’altra, la funzione inferiore, totalmente inconscia. Queste modalità possono essere tra loro complementari o conflittuali, a seconda del livello di integrazione tra conscio e inconscio raggiunto dal soggetto.Psicologia dell’Io. Il concetto di funzione autonoma dell’Io elaborato da H. Hartmann (1939) designa quelle attività che usano energia desessualizzata e deaggressivizzata e che, essendosi affrancate dagli istinti, non sono più in balia dei conflitti di natura pulsionale. Quando, infatti, tale affrancamento si realizza concretamente, non si estrinsecano più casi di paralisi, balbuzie o asma. G.W. Allport (1955) giunge alle stesse conclusioni attraverso il concetto di autonomia funzionale, secondo cui determinate abitudini e comportamenti, attivati per specifici scopi biologici, vengono in seguito mantenuti anche quando il motivo iniziale viene meno, funzionando autonomamente.Teoria bioniana. W.R. Bion, in Analisi degli schizofrenici (1967), afferma che il pensiero ha origine nel momento in cui il bambino deve far fronte alla mancanza dell’oggetto: è in tali momenti che egli vive sensazioni che rimarrebbero inesplicabili qualora non intervenisse la funzione a, una funzione simbolica dell’Io, a correlarle, rendendole pensabili. Se la funzione a fallisce, queste emozioni divengono le componenti della funzione b, che le espelle attraverso l’acting-out o le fa permanere a un livello di incomprensibilità. Nelle prime fasi di vita, il bambino non è in condizione di trasformare da solo gli elementi b e si limita a proiettarli sulla madre, che ricopre l’essenziale funzione di contenitore psichico, assunta inizialmente dal suo apparato fisico e in seguito dall’apparato mentale, oltre che dalla sua comprensione, nonché da quella degli altri adulti di riferimento. La funzione contenitore della mente materna si estrinseca quindi nella comprensione empatica di quanto accade al suo bambino e nella conseguente restituzione a esso di un messaggio “bonificato”, costituito cioè di elementi b trasformati in elementi a. Quando, tuttavia, tale trasformazione non viene messa in atto, gli elementi b vengono reintroiettati dal bambino come “oggetti bizzarri”, costituenti i contenuti psicotici. Pertanto, soltanto all’interno della funzione contenitore il bambino può sviluppare il proprio apparato per pensare, ossia il proprio contenitore psichico con le relative funzioni. Un sano sviluppo mentale si realizza solo se il bambino trova nel corso di tutto il suo percorso evolutivo contenitori psichici adeguati all’interno delle funzioni mentali degli adulti con cui si relaziona.

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