Le parasonnie rappresentano un gruppo di disturbi in cui sono presenti comportamenti anomali o eventi fisiologici che avvengono durante il sonno, senza particolari alterazioni dei meccanismi o dei cicli temporali del sonno stesso. Nelle parasonnie esiste un’inappropriata attivazione temporale di sistemi fisiologici (ad es., del sistema nervoso autonomo, del sistema motorio o di processi cognitivi).Sonnambulismo. Si manifesta solitamente con episodi a esordio nella prima parte della notte, caratterizzati da una serie di automatismi comportamentali semplici o complessi, a carattere perseverativo, spesso di tipo finalistico, di tipo gestuale (abbigliamento o toeletta personale), che avvengono a occhi aperti e in uno stato di coscienza ristretta. Alla prima fase può seguire un comportamento di tipo deambulatorio con automatismi complessi. L’intervento esterno non viene di solito avvertito, ma, se protratto, può dare origine a reazioni di evitamento, sporadicamente aggressive. Gli episodi presentano durata variabile tra pochi minuti e mezz’ora e tendono a concludersi con la ripresa di un sonno normale o con il risveglio (seguito da un modesto stato di disorientamento). Il disturbo, per il quale è stata suggerita un’ereditarietà di tipo autosomico recessivo a penetranza incompleta, si manifesta di norma in epoca puberale e tende a estinguersi successivamente. Fattori predisponenti sarebbero rappresentati da deprivazione di sonno, ipertermia, apnee ostruttive, distensione vescicale, disturbi di personalità e taluni farmaci (tioridazina, perfenazina, litio, desimipramina). In età infantile è preferibile non trattare farmacologicamente il disturbo, mentre un trattamento benzodiazepinico può risultare indicato ed efficace negli adulti o in quadri clinici severi.Pavor nocturnus. È caratterizzato dalla comparsa, nel primo terzo della notte, durante il sonno profondo del primo ciclo, di un brusco risveglio, accompagnato dalla rapida assunzione della posizione semiortostatica; il volto è atteggiato a un’espressione di profondo terrore, con reazione simpatica periferica (midriasi, tachicardia, tachipnea, sudorazione profusa, occasionale perdita di urine) e, talvolta, grida, pianto o reazioni comportamentali di fuga. Il disturbo è piuttosto tipico dell’infanzia e tende a risolversi in epoca puberale, ma presenta un secondo picco di incidenza tra i 20 e i 30 anni. Fondamentale ai fini della corretta gestione risulta la rassicurazione della famiglia a proposito della benignità degli episodi e dell’inopportunità di svegliare il bambino, che non ricorderà nulla dell’episodio al risveglio il mattino successivo. Un trattamento benzodiazepinico dovrebbe essere riservato ai casi più gravi ad andamento cronico.Movimenti ritmici in sonno (jactatio capitis). In tale definizione è inclusa una serie di movimenti ritmici e stereotipati coinvolgenti diversi distretti muscolari (prevalentemente capo e collo), che si manifestano tipicamente prima dell’addormentamento, perdurano anche nel sonno leggero e assumono diversa espressione in relazione alla posizione del soggetto (antero-posteriori, latero-laterali), potendo essere accompagnati da vocalizzazioni o “nenie cullative”. È rara la loro persistenza oltre il 7° anno di vita; qualora presente in età adulta implicherebbe un ritardo maturativo.Sussulti ipnici. Altrimenti noti come scosse ipnagogiche o mioclono dell’addormentamento, consistono in brevi e improvvise contrazioni degli arti inferiori (ma sporadicamente anche coinvolgenti arti superiori e capo), talvolta asimmetriche o accompagnate dall’emissione di grida. Se particolarmente frequenti e intense possono determinare un’insonnia di addormentamento. Si manifestano in forma lieve nel 70% della popolazione e sembrerebbero essere accentuati da stress psicofisico, ansia o abuso di sostanze stimolanti.Paralisi ipnagogica (paralisi familiare in sonno). Il fenomeno consiste nell’impossibilità di compiere qualsiasi movimento volontario (eccetto respirazione e oculomozione) all’addormentamento o al risveglio da parte del paziente, che, a sensorio di solito integro e con buon livello di vigilanza, ne risulta solitamente sconvolto. Gli episodi possono durare fino ad alcuni minuti, per poi interrompersi spontaneamente, o in seguito a stimolazioni esterne; possono avere andamento sporadico (scatenato da cambiamenti di orario o jet-lag) o cronico (forme familiari dominanti legate al cromosoma X, forme narcolettiche). Oltre all’eliminazione dei fattori precipitanti, di ausilio sembrano essere alcuni antidepressivi.Erezioni dolorose in sonno. È una condizione caratterizzata da dolore associato alle erezioni che si manifestano esclusivamente in sonno REM, solitamente tale da risvegliare il soggetto. L’incidenza, piuttosto bassa (1% dei pazienti con problemi sessuali o erettili), presenta un picco oltre i 40 anni. Il decorso, ingravescente con l’età, può beneficiare di antidepressivi e/o b-bloccanti a basso dosaggio.Bruxismo. È un disturbo caratterizzato dal movimento stereotipato di digrignamento dei denti durante il sonno, con possibile dolore mandibolare, abnorme usura della dentizione, danno periodontale. Colpisce in forma modesta l’85% della popolazione, ma la prevalenza del disturbo come condizione clinica risulta del 5%. L’esordio è di norma collocato tra i 10 e i 20 anni, ma si rinviene nel 50% dei lattanti dopo l’eruzione dei denti decidui. È in probabile relazione anche con lo stato ormonale del paziente (esacerbazione premestruale, iperincrezione catecolaminergica da stress). Possono essere impiegate vantaggiosamente benzodiazepine miorilassanti (clonazepam, diazepam, ecc.) o provvedimenti buccali ortognatodontici.Enuresi. Si contraddistingue per la mancata inibizione del riflesso minzionale in sonno, tale da determinare lo svuotamento vescicale spontaneo; nella forma primaria il bambino non ha mai raggiunto il controllo vescicale in sonno, mentre nella secondaria si assiste alla ricomparsa del fenomeno dopo che era stato raggiunto il controllo della funzione vescicale. Si distinguono forme idiopatiche, a genesi multifattoriale (su base genetica, da disturbi sensitivi periferici vescicali, da ridotta capacità funzionale vescicale), e forme sintomatiche (ridotta capacità vescicale, s. della vescica pigra, anomalie del collo e ostruzioni, infezioni urogenitali, spina bifida). In epoca infantile, al trattamento farmacologico (imipramina, 10-50 mg, o nortriptilina, 10-25 mg) dovrebbe essere associato un training di condizionamento vescicale (sistemi di allarme).

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