(ingl. stress: sforzo, tensione)Il termine “stress” indica uno stato di tensione, di resistenza che un oggetto o una persona oppongono a forze esterne. Il concetto fu introdotto in medicina da Selye nel 1936, il quale osservò che in seguito all’applicazione in animali da esperimento di stimoli nocivi di natura eterogenea si verificava una sindrome caratterizzata da ipertrofia corticosurrenalica, atrofia del timo e delle ghiandole linfatiche e ulcere gastriche. Questi stimoli vennero denominati stressor e la reazione biologica che l’organismo mostrava in risposta agli agenti nocivi venne definita stress; tale risposta risultava caratterizzata da uno stato di attivazione dell’asse ipofisi-corticosurrene. L’organismo, sottoposto a stimoli nocivi di natura eterogenea, reagirebbe con un’attivazione biologica aspecifica, che fisiologicamente rappresenta una condizione finalizzata all’adattamento, ma in particolari circostanze può condurre a malattia. Selye sottolineò che “La completa libertà dallo stress è la morte” e quindi una necessità fondamentale dell’organismo per il suo adattamento ambientale. Lo stesso autore descrisse anche la “sindrome generale di adattamento”, che rappresentava la somma delle reazioni sistemiche che l’organismo produceva in seguito a prolungata esposizione a stress. Essa sarebbe caratterizzata da tre fasi: una iniziale di allarme che, sotto stimolo acuto, determinerebbe un’iperattivazione dell’asse ipofisi-corticosurrene; una successiva di adattamento o resistenza, in cui l’organismo raggiunge un equilibrio con il protrarsi della stimolazione caratterizzata da iperincrezione di cortisolo; una finale di esaurimento della funzionalità della corteccia surrenale con incapacità, da parte dell’organismo, di continuare a resistere ai fattori stressanti. Uno degli interrogativi che venne posto in epoche successive riguardava il meccanismo con cui stimoli tra loro estremamente eterogenei potessero indurre medesime reazioni aspecifiche. All’inizio degli anni Settanta, Menson individuò nell’eccitamento emozionale, mediato dalle strutture del sistema limbico, il “primo mediatore” della reazione biologica di stress. Il coinvolgimento di sistemi multiendocrini rappresenterebbe, secondo Menson, il miglior adattamento metabolico dell’organismo a particolari richieste ambientali, favorendo così la sopravvivenza dell’organismo stesso. L’osservazione che individui diversi, sottoposti ai medesimi stressor, reagiscono in maniera diversa suggerì la possibilità che esistesse una relativa specificità di risposta, in disaccordo quindi con la teoria “aspecifica” di Selye. Esiste, infatti, una variabilità interindividuale dovuta alle differenti valutazioni cognitive che ciascuno di noi possiede quando viene in contatto con stimoli esterni stressanti. A questo proposito, stressor qualitativamente simili inducono risposte emozionali differenti fra loro in rapporto allo stato cognitivo del momento. In definitiva, si può affermare che le componenti specifiche e aspecifiche dello stress coesistono. In particolare, se la minaccia viene percepita come immediata e pericolosa per la sopravvivenza, la mediazione cognitiva risulta relativamente scarsa e prevale uno stress di tipo aspecifico. In condizioni di bassa pericolosità, mediata da fattori interpersonali e psicosociali, prevale, allora, lo stress di tipo specifico. Il soggetto, attraverso risposte comportamentali e biologiche, risponde e neutralizza gli stimoli causa di stress. Quando lo stressor è di particolare intensità e persiste nel tempo è possibile che uno dei due programmi (comportamentale o biologico) risulti squilibrato rispetto all’altro; tale condizione costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie psicosomatiche. Oltre all’aspetto quantitativo, che riguarda cioè l’entità e la durata dello stress, è importante notare che non tutti gli eventi stressanti posseggono lo stesso valore patogeno. Dal punto di vista qualitativo, infatti, eventi come quelli di perdita (di un coniuge, di un figlio, ecc.) mostrano una correlazione significativamente più frequente con la comparsa di malattie psicosomatiche, rispetto ad altri eventi stressanti. Sono stati selezionati strumenti specifici di indagine attraverso questionari e liste che valutano il tipo di avvenimenti esistenziali stressanti e la loro frequenza nell’ambito della popolazione. Attribuendo “punteggi di stress”, è possibile quindi una valutazione oggettiva della misurazione dello stress tra diversi soggetti. Una prima lista è stata la Schedule of Recent Experiences, che include 43 tipi di eventi stressanti a ognuno dei quali è associato un punteggio standard. La somma dei punteggi degli eventi esprime il carico di stress a cui il soggetto è stato sottoposto in una certa unità di tempo. In realtà, il dato obiettivo di un accadimento esistenziale può assumere un peso emozionale estremamente differenziato a seconda del singolo individuo e del vissuto personale che investe tale avvenimento. In tal senso, un altro tipo di valutazione è quella soggettiva Avvenimenti della Vita, messa a punto da Pancheri e Biondi, un adattamento del corrispettivo americano Life Experience Survey, in cui l’individuo attribuisce un punteggio agli eventi che hanno caratterizzato la propria vita fino a quel momento. A differenza della prima lista, si hanno qui due diversi punteggi, uno per i cambiamenti positivi e uno per quelli negativi.Una serie di studi mostra che vari neurotrasmettitori e peptidi centrali sono influenzati dall’esposizione a stressor. In particolare, è stato osservato, in condizioni di stress acuto, un aumento del turnover noradrenergico con stimolazione della sintesi di noradrenalina e una sua aumentata utilizzazione. Questo aumento sarebbe più elevato a livello del locus coeruleus, del sistema setto-ippocampale e dell’amigdala. Al contrario, durante lo stress sembra ridursi la densità dei recettori del GABA a livello del lobo limbico, dell’ippocampo e dell’amigdala. Anche il sistema serotoninergico sembra coinvolto nelle condizioni di stress, mostrando uno stato di ipersensibilità recettoriale post-sinaptica. Alcune evidenze mostrano un aumentato rilascio e un incrementato turnover anche del sistema dopaminergico. È stato inoltre osservato che l’azione di molti neuropeptidi a livello centrale determina significative modificazioni comportamentali. A questo proposito, condizioni di stress acuto mostrano modificazioni degli oppioidi endogeni, caratterizzate da un aumento delle b-endorfine associato a una diminuzione della percezione dolorifica. È stato infatti osservato il particolare fenomeno dell’“analgesia da stress” indotto nell’animale esposto a stressor e presente anche nell’uomo, che spiegherebbe la temporanea ridotta sensibilità al dolore di soggetti sottoposti a stress emozionale acuto. Sicuramente, il sistema più indagato nelle condizioni di stress è quello dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. È stato osservato che lo stress induce, a livello ipotalamico, la liberazione del fattore di rilascio della corticotropina (CRF), con conseguente aumento della sintesi e liberazione di ormone corticotropo (ACTH) dall’ipofisi e di noradrenalina a livello centrale e periferico. L’ACTH stimola la corteccia surrenale inducendo un innalzamento del cortisolo plasmatico che risulta costantemente aumentato in condizioni di stress. Il rapporto tra stress e sistema endocrino è stato ampiamente indagato: non solo il cortisolo è sensibile alle situazioni di stress emozionale, ma risultano alterati, nei loro valori fisiologici, anche gli ormoni sessuali, gli ormoni tiroidei e l’ormone somatotropo. Fortemente influenzato dagli stressor è il sistema nervoso autonomo, che reagisce con modificazioni della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della risposta vascolare periferica, dell’attività elettrica cutanea, della secrezione e della motilità gastrointestinale, della reattività dell’albero bronchiale, della pupilla e della secrezione della ghiandole salivari. Infine, molti studi hanno dimostrato che condizioni di stress inducono alterazione del sistema immunitario, con aumentata suscettibilità allo sviluppo di patologie infettive e anche tumorali. Il rapporto tra stress e malattia è stato a lungo indagato ed è ormai convinzione comune che il fenomeno stress possa rappresentare un fattore di rischio della malattia somatica. In particolare, condizioni di stress cronico possono portare a una ridotta capacità di riserva funzionale dei sistemi biologici, con conseguente riduzione dei meccanismi di difesa e aumento del rischio di malattia. Inoltre, come evidenziato da Pancheri, lo squilibrio precedentemente menzionato tra la reazione comportamentale e quella biologica a favore di quest’ultima condurrebbe alla condizione di “blocco dell’azione”, caratterizzata da un’attivazione cronica neurovegetativa ed endocrina con conseguente insorgenza di malattie riconosciute come stress-dipendenti. Alcune patologie sarebbero più strettamente collegate alla condizione stressante e tra queste ricordiamo le coronaropatie e l’infarto miocardico, l’ipertensione arteriosa essenziale, alcune patologie gastrointestinali come l’ulcera peptica e la rettocolite ulcerosa e patologie respiratorie come l’asma bronchiale. Un rapporto ampiamente riconosciuto è quello esistente tra stress e disturbi psichiatrici, come i disturbi depressivi e il disturbo maniacale, i disturbi d’ansia e alcuni tipi di disturbi psicotici, in particolare nella genesi della psicosi reattiva breve, mentre discusso appare il ruolo dello stress nella genesi del disturbo schizofreniforme e della schizofrenia.

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