La psico-oncologia è una materia multidisciplinare a cui afferiscono primariamente culture di tipo psichiatrico e/o psicologico clinico, ma anche le importanti esperienze sul campo dell’oncologia medica, della chirurgia oncologica, della radioterapia e della chemioterapia, della terapia del dolore e della riabilitazione.Negli ultimi anni la sopravvivenza dei malati con neoplasia si è notevolmente prolungata: la diagnosi precoce, il miglioramento delle tecniche chirurgiche, il perfezionamento della chemioterapia e le maggiori possibilità tecniche delle radioterapie possono risultare risolutive in alcuni pazienti e in altri possono consentire sopravvivenze percentualmente molto elevate, anche a distanza di anni dalla scoperta della malattia tumorale. Questo lungo periodo di sopravvivenza spesso comporta nuove e importanti problematiche, di ordine sia fisico sia psichico.Il paziente che affronta una diagnosi di neoplasia, che subisce un intervento chirurgico, che si sottopone a una chemioterapia, una terapia radiante, una procedura oncologica diagnostica e terapeutica complessa è un individuo che deve essere soprattutto aiutato a convivere con la propria situazione, organica ed emozionale, nel tentativo di mantenere il migliore livello di qualità di vita per lui possibile.Quella psico-oncologica è una presa in carico globale del paziente con tumore, che va dalla valutazione psicologica prima della comunicazione della diagnosi, alla fase riabilitativa, sino alla corretta gestione psicofisica del malato terminale. Fra i compiti dello psico-oncologo, già nella fase iniziale di ricovero, vi è la valutazione della situazione emozionale del paziente e la modulazione della comunicazione della diagnosi di tumore, affiancandosi al chirurgo oncologo o all’oncologo medico, anche al fine di meglio gestire il delicato atto del “consenso informato”, inteso quale alleanza terapeutica più che come cautela giuridica. Altro compito assistenziale, affidato alla psico-oncologia, tanto nell’ambito delle consulenze ai reparti oncologici quanto nella gestione degli ambulatori esterni, è quella del sostegno offerto al paziente nel corso del cammino terapeutico, sia esso chirurgico, chemioterapico o radioterapico: talora si rende infatti necessario un supporto psicologico al fine di facilitare una graduale rielaborazione dell’evento, un miglioramento dell’atteggiamento psichico verso la malattia e, quindi, una maggiore compliance verso il progetto terapeutico. In altri pazienti può essere utile l’impiego di psicofarmaci, finalizzati alla gestione e al superamento della crisi, nonché a una migliore accettazione della sintomatologia e delle eventuali collateralità dell’iter terapeutico. In questo ambito si inserisce la collaborazione della psico-oncologia, in associazione alle strutture di terapia antalgica, nella terapia del dolore, al fine di discriminare le possibili componenti di risonanza e amplificazione emozionale, trattandole, sul versante psicologico e/o psiconeurofarmacologico, in una sinergia con le tradizionali terapie antidolorifiche nell’intento di restituire dignità e qualità di vita all’individuo sofferente. Altri aspetti importanti, specificamente previsti fra i compiti della psico-oncologia, sono il supporto psicologico della famiglia del malato e dello stesso staff medico, nell’ambito della prevenzione e gestione del burn-out. I colloqui con i familiari rappresentano uno degli strumenti psicopedagogici più importanti della psico-oncologia, che consentono di coinvolgere nel programma terapeutico e riabilitativo lo stesso nucleo familiare, fondamentale per le sue dinamiche nell’universo esistenziale del paziente e che abitualmente necessita di informazione e sostegno nell’accudimento della talora difficile gestione del rapporto con il proprio congiunto, nel contesto di una patologia che supera l’individuo per investire il gruppo familiare nella sua globalità. Analogo progetto di contenimento emozionale deve essere operato dalla psico-oncologia nell’ambito dello staff medico-chirurgico che, per l’elevato stress dovuto al tipo di paziente, per l’importanza e l’ineluttabilità delle decisioni da assumere, per il costante impegno personale di “prima linea”, per il rapporto non delegabile ad altri verso il singolo malato oncologico, può subire un coinvolgimento psicofisico non più tollerabile, indicato con il pregnante termine di burn-out. Fondamentale diviene, infine, l’aspetto di formazione in ambito psico-oncologico, vissuto come necessità dagli specialisti operanti in tale ambito, dal personale infermieristico e dagli stessi medici di famiglia che vivono longitudinalmente e in prima linea l’iter clinico del paziente.