Dicembre 5, 2020 in P

Il termine psiconeuroimmunologia è stato utilizzato per la prima volta da Ader nel 1981 per illustrare le interazioni esistenti tra sistema nervoso centrale (SNC) e sistema immunitario (SI). La questione di una possibile interazione tra questi due sistemi era, in realtà, già stata presa in considerazione in precedenza. Infatti, nel 1919, uno studio di Ishigami aveva evidenziato che eventi stressanti influenzano lo stato mentale del paziente e che questo era correlabile con una riduzione della fagocitosi dei micobatteri della tubercolosi. In seguito, l’approfondimento delle conoscenze relative alla struttura e alla funzione del SI ha permesso di evidenziare come le funzioni immunitarie rappresentino la via attraverso cui si sviluppano numerose malattie, sia di tipo autoimmune sia risultanti da una diminuzione della immunosorveglianza.Il sistema nervoso centrale e il sistema immunitario sono strettamente in relazione attraverso numerose vie. Il sistema nervoso è connesso, infatti, attraverso l’innervazione, con organi del sistema linfatico (sistema linforeticolare, milza, midollo osseo, timo) che vengono, quindi, raggiunti sia da neurotrasmettitori sia da neuropeptidi.L’ipotalamo anteriore è coinvolto nella regolazione dei processi immunitari, come testimoniano gli esiti di lesioni dell’area preottica, in cui si hanno riduzione del numero di cellule nucleate spleniche e dei timociti, dell’attività delle cellule NK, dell’attività anticorpale e inibizione dell’effetto letale dell’anafilassi. In seguito a lesioni del sistema limbico (ippocampo e nucleo amigdaloideo) si nota un transitorio aumento di splenociti e delle risposte proliferative delle cellule T. Al sistema limbico afferiscono vie provenienti sia dagli emisferi cerebrali sia dal diencefalo, aree correlate al comportamento emozionale dell’individuo. Il sistema limbico integra, infatti, gli stimoli sensoriali con quelli provenienti dall’ambiente, li confronta con le esperienze memorizzate e, infine, modula le reazioni comportamentali, affettive ed emozionali dell’individuo. Questo sistema complesso, che ha la capacità di attribuire un significato emozionale all’esperienza, viene a essere chiamato in causa in diversi disturbi psichici, quali la depressione, la schizofrenia, i disturbi d’ansia, così come nelle manifestazioni d’aura dell’epilessia temporale e nelle reazioni di adattamento allo stress.Lesioni dei nuclei neurovegetativi (formazione reticolare caudale, nuclei del rafe) corrispondono, sul versante immunologico, al potenziamento delle risposte di ipersensibilità ritardata, involuzione timica, inibizione della risposta anticorpale primaria, potenziamento dell’attività soppressoria dei linfociti T, ridotta risposta proliferativa dei timociti. Queste aree mostrano prevalentemente una trasmissione di tipo serotoninergico, di cui è nota l’attività modulatoria su altri sistemi neurotrasmettitoriali e di regolazione di processi fisiologici (umore, appetito, sonno, attività sessuale, impulsività, compulsività, ecc.).L’influenza delle aree corticali sulla funzione immune sembra essere lateralizzata, in quanto lesioni emisferiche sinistre corrispondono a una riduzione nel numero e nell’attività dei linfociti T e dell’attività delle cellule NK, con azione opposta per quel che concerne lesioni emisferiche destre. Le cellule del sistema immunitario mostrano, inoltre, di possedere recettori per i neurotrasmettitori. I leucociti, ad esempio, presentano recettori per un’ampia varietà di neurotrasmettitori, neuropeptidi e ormoni. I linfociti e i macrofagi possiedono, infatti, recettori per neuropeptidi quali il VIP (peptide intestinale vasoattivo), la sostanza P e le b-endorfine. Ne deriva che i neurotrasmettitori possono agire come regolatori delle funzioni immunitarie attraverso il legame con i recettori di queste cellule. Sul versante opposto, numerose citochine, note per il loro ruolo sulle funzioni immunitarie, modificano le funzioni del SNC agendo a livello diencefalico. L’interleuchina 1 (IL-1), ad esempio, determina una serie di effetti, incrementando la proliferazione dei linfociti, aumentando la temperatura corporea, ma agendo anche sull’aumento dei livelli di ACTH. È stato osservato che la stimolazione dei monociti induce la secrezione di IL-1, che quindi determina l’aumento dell’ACTH, che a sua volta agisce sui livelli di corticosteroidi che riducono la produzione di IL-1. Le citochine sono quindi uno dei sistemi con cui le cellule comunicano abitualmente e si pongono in stretta relazione con il sistema endocrino. I neurotrasmettitori e i neuropeptidi possono, quindi, sia modulare la risposta immune sia essere prodotti da cellule immunocompetenti. Inoltre, durante l’esposizione periferica all’antigene, a livello del sistema nervoso si determinano alterazioni sia di tipo elettrofisiologico, con aumento dell’attività di scarica neuronale, sia di tipo neurochimico a livello ipotalamico e nel sistema limbico.È anche possibile osservare una risposta alle procedure di condizionamento classico nel sistema immunitario: uno stimolo neutro, somministrato ripetutamente insieme a un immunosoppressore, produce un’immunosoppressione anche senza l’ulteriore concomitante somministrazione dell’immunosoppressore stesso.Allo stato attuale della conoscenza, il rapporto tra sistema nervoso e SI deve essere quindi considerato quale un sistema integrato, con capacità di interazioni reciproche. Il concetto di sistema unitario deve, del resto, tenere conto anche della relazione con il sistema neuroendocrino (vedi
Psiconeuroendocrinologia).Un esempio interessante è fornito dal ruolo che la prolattina riveste nell’attivare la risposta immunitaria. Il trattamento con bromocriptina (sostanza ad azione dopamino-agonista, che determina quindi un’ipoprolattinemia) inibisce lo sviluppo dell’encefalite allergica sperimentale e dell’artrite indotta da adiuvante: il trattamento con prolattina esogena determina l’arresto dell’immunosoppressione. I linfociti mostrano la presenza di recettori per la prolattina che sono, in realtà, documentati anche a livello ipotalamico e nel plesso corioideo nell’uomo. Un esempio di come siano strette le relazioni tra sistema nervoso ed endocrino viene ancora suggerito dalle osservazioni di altri autori sulla prolattina. I recettori per questo ormone diminuiscono, infatti, nell’animale, nelle membrane di cellule cerebrali nel corso del tempo, con un andamento età-correlato. In studi animali, due farmaci, la fosfatidilserina e la S-adenosil-L-metionina, sono stati in grado di ripristinare la normalità di tale legame recettoriale nell’ipotalamo. L’aumentata suscettibilità alla malattia, derivante dall’esposizione patologica allo stress, ha dato vita a numerosi studi diretti a scoprire i meccanismi attraverso cui lo stress modula la risposta immune. Scopo di tali ricerche è individuare il possibile significato dell’immunomodulazione legata allo stress, nel contesto della patogenesi o del decorso della malattia, e, inoltre, al fine di definire strategie di intervento in tal senso mirate. È stata così notata una diminuzione dell’attività dei linfociti citotossici e delle cellule NK, parallelamente all’incremento di eventi che possiedono il significato di stress emozionale. Ad esempio, l’attività delle cellule NK in studenti di medicina è risultata minore nei periodi in cui questi erano sottoposti a esami rispetto ai periodi intervallari. Questo risultato indica che anche i meccanismi citotossici, importanti nell’immunità antivirale e nell’immunosorveglianza, possono essere depressi come risultato di un’esposizione allo stressor. In realtà, alcuni tipi di eventi si dimostrano in grado di influenzare maggiormente il sistema immunitario, in relazione al significato che determinate situazioni esprimono a livello emozionale. Infatti, uno stress coniugale (quale una separazione o il divorzio) ha mostrato di avere un effetto immunodepressivo significativo in entrambi i sessi. Più precisamente, la risposta al mitogeno da parte dei T linfociti e l’attività delle cellule NK sono diminuite in soggetti separati o divorziati. Uno studio condotto su soggetti maschi, separati o divorziati, ha infatti evidenziato l’aumento del titolo antivirale, che può riflettere un diminuito funzionamento di cellule con azione citotossica (linfociti T e cellule NK).In diversi studi clinici viene riscontrato come differenze comportamentali nella risposta allo stressor rispecchino diversi livelli di immunodepressione stress-correlata. Ad esempio, sia pazienti psichiatrici sia studenti di medicina sottoposti a una prova di esame mostrano un maggiore livello di riduzione di attività delle cellule NK rispetto ai controlli, qualora sia presente uno stile di relazione con l’ambiente caratterizzato da una tendenza all’isolamento. In base alla valutazione con la scala Impacts of Events, i soggetti sottoposti a un esame sono stati suddivisi in due gruppi, definiti stress-intruder e stress-avoider, in base alla modalità di reazione all’evento. Gli individui rientranti nella categoria stress-intruder hanno mostrato una maggiore riduzione, statisticamente significativa, nella risposta delle cellule T allo stimolo mitogeno rispetto ai soggetti afferenti al gruppo stress-avoider. Ne deriva che, oltre alle caratteristiche dello stressor, anche lo stile cognitivo in merito all’attribuzione di un significato, la risposta emozionale e la struttura psicologica dell’individuo sono in grado di influenzare la funzione del sistema immunitario. Relazione tra disturbi psichiatrici e sistema immunitario. I rapporti tra l’individuo e l’ambiente, le modificazioni psicologiche, le alterazioni di tipo psiconeurobiologico e le variazioni del sistema endocrino e immunitario sono quindi da considerarsi in una relazione circolare di interazioni reciprocamente influenzantisi. In tal senso, interessanti segnalazioni sono state riferite da studi condotti su individui che presentavano disturbi psichiatrici, quali disturbi dell’umore, disturbi d’ansia o psicotici.È stato notato come in pazienti affetti da depressione, non in terapia farmacologica, la risposta dei linfociti al mitogeno fosse inferiore alla norma. È stata dimostrata anche la presenza di anormalità nelle sottopopolazioni linfocitarie. Si evidenzia inoltre la presenza di elevati livelli plasmatici di prostaglandine E1 e E2. Alcune delle modificazioni immunologiche, presenti nella depressione grave, sono rappresentate da:moderata leucocitosi, neutrofilia, monocitosiaumento di interleuchina 1aumento del rapporto T helper/T suppressorvariazione degli indici di attivazione delle cellule T, quale l’aumento dei livelli dei recettori per l’interleuchina 2 nel siero (sIL-2R), dei CD25+, delle cellule T HLA-DR+proliferazione delle cellule-B (HLA-DR+, CD19+, CD21+) e aumento del titolo anticorpaleaumento dei livelli di prostaglandineaumento dei livelli di IgM, IgG, C3 e C4 (in alcuni studi)alterazioni specifiche di proteine di fase acuta (ad es., iperaptoglobulinemia, che è in relazione con la componente vegetativa del disturbo, iper-a1-antitripsina e ipotransferrinemia)elevazione dei livelli di elastasi polimorfonucleare (PNM)diminuzione sia delle b-endorfine sia delle cellule NK. Analogamente, in pazienti affette da cancro mammario, dopo l’intervento chirurgico, sintomi depressivi sono stati dimostrati in correlazione con l’alterazione delle cellule NK. Pertanto, la depressione è caratterizzata da numerose alterazioni dell’immunità cellulo-mediata e umorale. Ampi studi prospettici hanno comunque evidenziato come, in senso statistico, la depressione sia positivamente associata all’incidenza e alla mortalità da cancro. Pazienti affette da cancro mammario che esprimono un atteggiamento di lotta (e quindi non depressivo) dopo l’intervento chirurgico hanno mostrato periodi più lunghi liberi da ricaduta e una maggiore durata di vita.Nei pazienti con disturbo d’ansia, rientranti nel tipo stress-intruder (vedi
Psiconeurondocrinologia), sono state notate una ridotta risposta al mitogeno e una più bassa percentuale di cellule positive per i recettori IL-2.Anche nel disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) si sono evidenziate di recente alterazioni immunologiche. Pazienti con DOC a esordio infantile o con s. di Gilles de la Tourette mostrano un espressione maggiore e statisticamente significativa dell’antigene linfocitario B D8/17 rispetto ai controlli. Questo antigene è considerato un marker di tratto della corea di Sidenham che non risultava presente, in anamnesi, nei pazienti affetti da DOC. Ne conseguirebbe che detto antigene potrebbe rappresentare un marker di tratto di suscettibilità per alcune forme di DOC, per la s. di Gilles de la Tourette, così come la corea di Sidenham.Anche in corso di psicosi sono state evidenziate alterazioni a livello immunologico.In corso di schizofrenia sono stati riscontrati, ad esempio:anomalie quantitative e qualitative delle sottopopolazioni dei linfociti Tincapacità di risposta al mitogenoalterazione nella produzione di citochinebassi livelli di neopterina (indicatore dell’attivazione dei linfociti T e dei macrofagi) in fase acuta, verosimile espressione di una reazione aspecifica di stress (vedi
Psico-oncologia).

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