L’acido 2-n-propilpentanoico è un acido grasso a catena ramificata, originalmente sintetizzato da Burton nel 1882 e poi introdotto in terapia antiepilettica nel 1964 da Carraz in Francia. È un farmaco ad ampio spettro di efficacia in ogni forma di epilessia, sia generalizzata sia parziale, nonché nelle forme miocloniche infantili e adolescenziali e nella profilassi delle convulsioni febbrili. Può anche essere impiegato come stabilizzatore del tono dell’umore.Nei classici test anticonvulsivanti, il VPA protegge contro le crisi indotte da pentametilentetrazolo e dalla soglia massima da elettroshock (MES) e ciò in accordo con il suo effetto riconosciuto contro le crisi corticoreticolari sia tonico-cloniche. È probabile che esistano più meccanismi di azione per spiegarne lo spettro di attività e di questi il principale sarebbe la facilitazione del tono GABAergico nella sostanza nera. È stato anche postulato un effetto sulla neurotrasmissione eccitatoria. Infine, alcuni metaboliti (tra cui il 2-en-VPA) spiegherebbero la prolungata azione protettiva terapeutica.A causa della sua breve vita media (8-12 ore), dà luogo ad ampie oscillazioni delle concentrazioni plasmatiche (range terapeutico: 40-100 µg/ml). Il volume di distribuzione è di 0,5-0,42 l/Kg e la clearance varia (in adulti con epilessia) da 0,009 l/kg/ora a 0,018 l/kg/ora.È legato pressoché totalmente alle proteine plasmatiche (90%) e nel tessuto cerebrale se ne riscontra solo una minima parte di quella plasmatica (rapporto 0,1-0,5). È probabile che l’uptake cerebrale avvenga mediante il sistema di trasporto per i monocarbossilati.I livelli plasmatici del VPA sono diminuiti da carbamazepina, fenobarbital e difenilidantoina, mentre il VPA aumenta sensibilmente i livelli di fenobarbital (sino al 70%). Il farmaco, inoltre, causa una diminuita clearance della lamotrigina con conseguente aumento della sua concentrazione plasmatica.Per quanto riguarda gli effetti collaterali, l’iperammoniemia è comune, anche in assenza di disfunzione epatica ed è la conseguenza della produzione renale di ione ammonio o dell’inibizione dell’eliminazione di azoto attraverso l’inibizione della sintesi ureica. Un’epatotossicità fatale è rara, ma possibile (1 su 10.000 casi), soprattutto in bambini al di sotto di 3 anni. Sono anche stati descritti casi di stupore e coma. È stato riportato un aumento dell’incidenza di mielomeningocele in nati da madre in terapia con VPA, ma la frequenza (1-2%) è simile a quella attesa nei casi in cui sia già presente in altri membri della prole.