Il termine elettroshock o, più modernamente, la terapia elettroconvulsivante (TEC), sta a indicare una tecnica terapeutica che consiste nel provocare, attraverso una scarica di corrente elettrica, crisi convulsive controllate di tipo generalizzato, al fine di curare determinati disturbi psichici. Tale tecnica nasce dalle primissime osservazioni di Von Meduna (1937) su un presunto antagonismo biologico tra schizofrenia ed epilessia e, in particolare, sul fatto che era possibile curare gli schizofrenici inducendo loro crisi convulsive mediante somministrazione di pentilentetrazolo; l’efficacia delle convulsioni dipendeva dalla maggiore o minore gravità delle crisi stesse. Più tardi, Cerletti (1938), al fine di evitare la dolorosa collateralità manifestata dai pazienti, ha pensato di sostituire il pentilentetrazolo con la corrente elettrica come metodo induttore di convulsioni.Anche la TEC, tuttavia, provocava ancora varie complicanze, in specie osteoarticolari (lussazioni, fratture); nel corso degli anni, sono state pertanto introdotte alcune varianti della tecnica, come la premedicazione con atropina, l’anestesia con tiopentone sodico e il rilasciamento muscolare con succinilcolina, nonché altre modifiche quali il tipo di corrente impiegata, il posizionamento degli elettrodi, la frequenza e il numero delle applicazioni, tendenti a ridurre l’incidenza di disturbi cognitivi e mnesici.La TEC tradizionale si attua mediante il passaggio di corrente alternata (50/60 cicli al secondo), di voltaggio compreso tra 80 e 130 Volt e di intensità di 200 milliampere circa per 0,5-1 secondi, tra 2 elettrodi posti in posizione bitemporale. Quando il circuito viene chiuso si verifica una contrazione muscolare tonica generalizzata che si mantiene fino all’apertura del circuito, dopo di che ha inizio una convulsione clonica che esita in una fase comatosa, di solito di breve durata.Onde evitare da un lato la fase confusionale e lo stato d’ansia e dall’altro le frequenti lesioni osteoarticolari provocate dalla contrazione muscolare convulsiva, è stata introdotta l’esecuzione della TEC in anestesia generale e rilasciamento muscolare mediante curarizzazione. L’anestetico più comunemente utilizzato è il tiopentone sodico, un barbiturico ad azione ultrabreve, alla dose media di 250-300 mg, mentre il miorilassante è la succinilcolina, un leptocuraro ad azione depolarizzante.La mancanza di un riscontro motorio della generalizzazione della crisi convulsiva rende più frequenti le assenze o le crisi incomplete che non hanno effetti terapeutici; è perciò opportuno eseguire il monitoraggio della convulsione con elettroencefalogramma.Ovviamente, l’impiego di queste nuove procedure ha reso indispensabile l’esecuzione delle TEC in ambiente attrezzato alla gestione di qualsiasi situazione di emergenza, che può verificarsi durante un’anestesia generale. Nel tentativo di limitare i disturbi di memoria e cognitivi si è sperimentato il posizionamento degli elettrodi su di un solo emisfero cerebrale, in genere quello non dominante, che tuttavia determina parallelamente un ritardo dell’effetto terapeutico e spesso richiede un numero più elevato di applicazioni. In passato, il numero medio di applicazioni era elevato, ma negli ultimi 20 anni è andato riducendosi, anche per il circoscriversi delle indicazioni per la TEC alla depressione endogena, la quale richiede un numero di applicazioni inferiore rispetto a quello richiesto per altre patologie. Nella maggior parte dei depressi sono sufficienti 4-8 applicazioni, mentre in alcuni ne sono sufficienti anche solo 2-3; tra un’applicazione e la successiva è consigliato un intervallo di tempo di almeno 48 ore, onde ridurre il rischio di disturbi cognitivi.Il meccanismo di azione della TEC è ancora in parte sconosciuto. Sono state proposte alcune ipotesi, ormai superate, quali l’effetto punitivo simbolico, l’attività terapeutica della convulsione muscolare, l’effetto terapeutico dell’ipossia. È certo che l’azione terapeutica sia dovuta alla convulsione cerebrale generalizzata, ma non si conosce come essa possa modificare il quadro clinico. Le modificazioni recettoriali indotte dalla TEC sono in gran parte sovrapponibili a quelle che si osservano con trattamenti farmacologici cronici con antidepressivi triciclici. Recenti studi dimostrano un’aumentata disponibilità neurotrasmettitoriale, ad esempio di dopamina.Di solito, la TEC eseguita in anestesia è una tecnica scevra da collateralità e con bassa incidenza di mortalità. Le complicanze mediche più frequenti sono le aritmie cardiache benigne, molto più rari l’insufficienza coronarica, l’infarto miocardico, la broncoaspirazione di secrezioni, i danni muscoloscheletrici, il laringospasmo, che tuttavia non superano lo 0,4% di incidenza. La mortalità è molto bassa e si aggira sullo 0,3% per paziente e 0,0045% per trattamento.Le alterazioni della sfera cognitiva sono determinate dal fatto che la convulsione cerebrale generalizzata induce una sindrome cerebrale organica acuta (stato confusionale con disorientamento), la cui intensità è in rapporto al posizionamento degli elettrodi, alla quantità e al tipo di corrente, al numero di applicazioni, ecc.Il recupero della fase acuta post-ictale è rapido e, di solito, il completo orientamento viene raggiunto 4-25 minuti dopo l’apertura degli occhi. I deficit evidenziabili sono sostanzialmente quelli della memoria. Un’amnesia sia anterograda sia retrograda può essere riscontrabile a distanza di una settimana dalla fine del trattamento. Tuttavia, la maggior parte dei disturbi cognitivi e mnesici è reversibile e un ritorno ai livelli di funzionamento pretrattamento avviene di solito nell’arco di 6 mesi.Dopo l’introduzione degli psicofarmaci, l’impiego della TEC si è notevolmente ridotto, anche a seguito di notevoli restrizioni legislative attuate in molti Paesi, nonché alla pubblicità negativa dettata da preconcetti ideologici ed emotivi. Nonostante ciò, in specifiche condizioni psicopatologiche la TEC rimane ancora oggi la terapia più vantaggiosa rispetto agli altri trattamenti disponibili. In linea generale, la TEC è indicata per quelle patologie psichiche per le quali è stata dimostrata un’indiscutibile efficacia, ossia la depressione grave, endogena, con melancolia, alcuni quadri maniacali e alcune sindromi schizofreniche soprattutto acute.Esistono, nell’ambito della depressione, condizioni nelle quali la TEC sembra essere il trattamento di scelta, ossia nei pazienti con episodi ricorrenti di depressione che non hanno risposto in precedenza agli antidepressivi e che hanno invece risposto alla TEC; in presenza di melancolia grave, in specie se accompagnata da rallentamento psicomotorio e deliri nichilistici o paranoidi; nel caso di grave depressione in corso di schizofrenia; in situazioni in cui è di primaria importanza rimuovere rapidamente i sintomi (rischio suicidario marcato, sitofobia, eccessiva sofferenza soggettiva, ecc.). In ogni caso, va sempre presa in considerazione l’eventualità di tale trattamento se dopo un periodo adeguato di terapia con antidepressivi a dosaggi corretti non si osserva una risposta soddisfacente.

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