Il DSM-IV adotta come criteri di inquadramento del disturbo schizofreniforme gli stessi della schizofrenia, esclusa la durata sintomatologica di 6 mesi, presentando il disturbo come una diagnosi di attesa. Esso è quindi caratterizzato nella storia naturale, dalla presenza per almeno un mese di deliri (vedi
Delirio), allucinazioni, eloquio disorganizzato, comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico (vedi
Catatonia), sintomi negativi (presenti in numero di due o più), disfunzione sociale e lavorativa. Devono essere inoltre esclusi il disturbo schizoaffettivo e dell’umore (vedi
Umore, disturbi del) e l’effetto fisiologico di una sostanza o una condizione medica generale. L’ICD-10, invece, ingloba il disturbo schizofreniforme nella schizofrenia.Storicamente, invece, il concetto di disturbo schizofreniforme risale a Langfeldt. L’autore, seguendo la concezione di Kraepelin che attribuiva alla dementia praecox una prognosi infausta, ha separato dal gruppo delle schizofrenie quelle con buona prognosi, denominandole disturbi schizofreniformi, e fornendone criteri descrittivi che le differenziavano nosograficamente dalla schizofrenia. Dovevano, infatti, essere presenti fattori precipitanti, un esordio acuto, una personalità premorbosa con buon livello di adattamento, tratti maniaco-depressivi e alterazioni dello stato di coscienza accanto alla sintomatologia psicotica produttiva e mancanza di alterazioni negative dell’affettività.