Termine riferibile, in ambito psichiatrico, a un sintomo, a una sindrome, a un disturbo e a una malattia.La sindrome depressiva è un disturbo psichico afferente ai disturbi dell’umore (vedi
Umore, disturbi del) caratterizzato da:Umore depresso: diminuzione del tono dell’umore, qualitativamente diverso dal comune senso di tristezza, esprimibile anche come lamentosità, facile irritabilità, senso di vuoto interiore, angoscia, apprensione negativa, ecc.Marcata diminuzione di interesse o nel trarre piacere (anedonia) dalle abituali attività quotidiane.Disturbi psicomotori: rallentamento psicomotorio, con difficoltà a concentrarsi, pensare, indecisione, riduzione dei movimenti spontanei, eccessiva stanchezza, con ridotta efficienza o inabilità lavorativa, e/o agitazione (espressa, ad esempio, con irrequietezza motoria, stropicciamento delle mani, tirarsi i capelli, ecc.)Disturbi cognitivi: valutazione pessimistica di sé, del mondo, del proprio futuro e rilettura in chiave negativa del proprio passato, con conseguente bassa autostima, autoaccusa, perdita di speranza, pessimismo, ricorrenti pensieri di morte e di suicidio, alterato vissuto temporale, ecc.Disturbi somatici: modificazione dell’appetito (per lo più diminuzione) e del peso corporeo, alterazioni del sonno (per lo più insonnia con risveglio precoce), disregolazioni circadiane (alterazione della temperatura corporea e dei ritmi di secrezione ormonali), dolori localizzati in diversi distretti corporei, difficoltà digestive, alterazioni del ciclo mestruale, riduzione del desiderio sessuale, ecc.Elementi psicotici: in alcune forme depressive il disturbo del pensiero può assumere caratteristiche deliranti, con contenuto congruo o incongruo con il tono dell’umore, con la presenza o meno di fenomeni allucinatori, per lo più di tipo uditivo.Aspetti correlati all’età. La depressione è un disturbo presente in ogni età. Nell’infanzia è possibile che la depressione si presenti anche con difficoltà scolastiche, disforia, irritabilità, agitazione psicomotoria, sintomi somatici, fobie e, raramente, allucinazioni uditive. Nell’adolescenza l’umore è prevalentemente irritabile, associato a ipersensibilità ai rifiuti. Nell’anziano sono possibili quadri con accentuati sintomi somatici, di tipo cenestopatico-ipocondriaco, oppure forme con marcate alterazioni cognitive tali da simulare un quadro demenziale (vedi
Pseudodemenza).Forme cliniche della depressioneDepressione bipolare o psicosi maniaco-depressiva (vedi
Disturbo bipolare). Forma in cui episodi depressivi maggiori si alternano a episodi maniacali o ipomaniacali.Depressione unipolare. Categoria costituita da quadri depressivi che non si alternano a episodi maniacali o ipomaniacali.Disturbo depressivo maggiore. Forma clinica di depressione grave descritta dal DSM-IV, in cui un numero definito di sintomi è presente per almeno 2 settimane e di gravità tale da compromettere in maniera significativa il funzionamento dell’individuo. Può avere caratteristiche catatoniche, atipiche, melancoliche e a esordio nel post-partum.Caratteristiche psicotiche. Presenti nel 15% dei disturbi depressivi maggiori. Sono tematiche congrue con la diminuzione del tono dell’umore: indegnità, colpa (ad es., essere responsabile della malattia di un conoscente), di meritare una punizione, nichilistiche, somatiche (ad es., il corpo si va decomponendo), di rovina (ad es., essere in condizioni di bancarotta), con la presenza o meno di allucinazioni per lo più uditive, transitorie, consistenti in voci che rimproverano il paziente. Tematiche incongrue con la diminuzione del tono dell’umore sono deliri persecutori, inserzione del pensiero, trasmissione del pensiero, influenzamento (vedi
Delirio).Sindrome di Cotard. Rara varietà depressiva afferente alla nosografia classica presente più facilmente in donne, anziani, disturbo bipolare, con associata patologia organica, in cui sono presenti deliri nichilistici (vedi
Delirio), di enormità fisica, di immortalità, di dannazione e tentativi di suicidio.Manifestazioni catatoniche. Disturbo depressivo maggiore in cui sono presenti immobilità con catalessia o stupor, eccessiva attività motoria, negativismo estremo o mutacismo, pose peculiari, stereotipie (vedi
Stereotipia), manierismi (vedi
Manierismo), smorfie, ecolalia o ecoprassia.Manifestazioni melancoliche. La melancolia è la forma clinica che classicamente pone le alterazioni biologiche come causa primaria del disturbo depressivo, altresì descritta come depressione endogena da Kielholz. Nel DSM-IV viene indicata come specificazione del disturbo depressivo maggiore nel quale siano presenti una marcata anedonia, la perdita di reattività agli stimoli abitualmente piacevoli, una particolare qualità di umore depresso, andamento regolarmente peggiore al mattino, risveglio precoce, marcati sintomi psicomotori, netta perdita di peso corporeo, sentimenti di colpa eccessivi o inappropriati.Manifestazioni atipiche. Caratteristiche in parte presenti anche nel disturbo distimico . È riconoscibile una caratteristica reattività dell’umore alla stimolazione esterna, accompagnata da incremento ponderale, iperfagia, ipersonnia, estrema astenia fisica con senso di peso agli arti inferiori, personalità sensibile al rifiuto interpersonale. Spesso ha andamento stagionale. Nella nosografia classica viene anche indicata come disforia isteroide.Con esordio nel post-partum. Comparsa entro 1 mese dal parto, con possibile presenza di deliri, spesso riferiti al neonato (ad es., posseduto dal demonio), ideazione suicidaria, agitazione psicomotoria, rischio di infanticidio; da differenziarsi dal delirium in cui vi è una compromissione del livello di coscienza o attenzione.Disturbo depressivo post-psicotico della schizofrenia (vedi
Schizofrenia). Nel DSM-IV, episodio depressivo maggiore presente durante la fase residua della schizofrenia.Andamento temporale del disturbo depressivo maggiore. Il disturbo può presentarsi come unico episodio nel corso della vita dell’individuo o ripetersi nel corso del tempo, assumendo un andamento ricorrente, con o senza un recupero completo dei sintomi tra un episodio e l’altro. Il disturbo depressivo maggiore ricorrente può avere un andamento stagionale, con la presentazione degli episodi in relazione precisa con periodi dell’anno, tipicamente l’inverno, e con caratteristiche per lo più atipiche (vedi sopra); questa forma, più frequente nei giovani, nelle donne e alle latitudini alte, mostra peculiarità terapeutiche (vedi sotto). Per le forme a cicli rapidi, vedi
Umore, disturbi dell’. Qualora i sintomi soddisfino i criteri per il disturbo depressivo maggiore per almeno 2 anni continuativamente è giustificata la specificazione di andamento cronico.Disturbo depressivo NAS (non altrimenti specificato). Disturbo depressivo definito dal DSM-IV per esclusione, in quanto non rientrante in altre categorie nosografiche.Disturbo dell’umore dovuto a condizione medica generale con manifestazioni depressive o simil-depressive. Nel DSM-IV, disturbo depressivo secondario a una condizione medica eziologicamente correlata con lo stesso.Disturbo dell’umore indotto da sostanze con manifestazioni depressive. Nel DSM-IV, disturbo depressivo eziologicamente e temporalmente correlato con l’intossicazione o l’astinenza da sostanze d’abuso.Disturbo distimico. Forma clinica di depressione descritta nel DSM-IV in cui i sintomi depressivi sono presenti in maniera cronica per almeno 2 anni continuativi (1 anno in bambini e adolescenti), a un lieve livello di gravità, tale comunque da compromettere il funzionamento dell’individuo o da causare un disagio clinicamente significativo. Può avere caratteristiche atipiche (vedi sopra).Forme clinicheDepressione doppia. Sovrapposizione di un disturbo depressivo maggiore a un disturbo distimico.Disturbo disforico premestruale. Nel DSM-IV, disturbo depressivo-ansioso ricorrente in stretta relazione temporale con l’ultima settimana della fase luteinica.Disturbo depressivo minore. Nel DSM-IV, episodi depressivi di almeno 2 settimane con presenza di un numero inferiore di sintomi richiesti per porre diagnosi di depressione maggiore.Disturbo depressivo breve ricorrente. Nel DSM-IV, episodi depressivi della durata da 2 giorni a 2 settimane, almeno una volta al mese per 12 mesi.Depressione mascherata. Quadro clinico in cui il sintomo depressivo viene presentato, da parte del paziente, con proposizione di sintomi somatici in assenza di una patologia organica.Pseudodemenza depressiva. Sindrome depressiva tipica dell’anziano in cui sono preponderanti i disturbi cognitivi (alterazioni della memoria, della concentrazione) a livello tale da poter simulare un quadro demenziale (vedi
Demenza).Stupor depressivo. Forma con marcato rallentamento psicomotorio tale da rendere il paziente incapace di attendere a funzioni biologiche semplici, quali ad esempio nutrirsi.Personalità depressiva o carattere depressivo. Forma cronica di depressione in stretta relazione con il disturbo distimico del DSM-IV, caratterizzata da sentimenti di bisogno di aiuto, sentimenti di colpa, relazioni di dipendenza, bassa stima di sé, autopunitività, ipercriticità verso se stessi, mancanza di umorismo, eccessiva coscienziosità, eccessivo bisogno di approvazione, Super-Io estremamente esigente, aggressività rivolta verso se stessi (ad es., disturbo depressivo-masochistico di personalità di Otto Kernberg).Depressione caratteriale (Gabbard). Pervasivo vissuto di solitudine, noia e vuoto associato alla percezione del fatto che gli altri non vengano incontro ai propri bisogni emozionali, con lamentosità e ricerca di sostituti delle figure genitoriali nella vita adulta.Temperamento depressivo. Vedi
Temperamento affettivo.Disturbo misto ansioso-depressivo. Presenza per almeno 1 mese di umore disforico accompagnato da difficoltà di concentrazione, difficoltà nell’addormentamento, affaticamento, irritabilità, facilità al pianto, ipervigilanza, bassa autostima.Neurastenia di Beard. Quadro cronico di tipo ansioso depressivo (vedi
Neuroastenia).EpidemiologiaUn individuo su 8 soffre di depressione nel corso della propria esistenza.Disturbo depressivo maggiore. Prevalenza nel corso della vita: 5,8%; rapporto maschi/femmine 1:2; età di maggiore insorgenza: 40 anni (10% dei casi dopo i 60 anni).Disturbo distimico. Prevalenza nel corso della vita: 2,3-3,8%; rapporto maschi-femmine 1:1 nell’infanzia, maggiore nelle donne e nell’adulto; età di maggiore insorgenza: infanzia-adolescenza.Classificazione patogeneticaSecondo la nosografia classica, oggi non universalmente accettata, la depressione può essere distinta sotto il profilo patogenetico in endogena, esogena o psicogena o reattiva o nevrotica; sintomatica (Kielholz). Secondo il gruppo di Maudsley e Lewis, la depressione si pone in un continuum che va dai disturbi d’ansia alle forme reattive alle forme endogene; all’opposto, per il gruppo di Newcastle di Martin Roth, si tratta di forme nettamente distinte.Depressione endogena. Forma a origine biologica in cui non si evidenzia una relazione comprensibile e sufficiente tra le circostanze della vita del soggetto e la comparsa del disturbo depressivoDepressione reattiva. Forma in cui si evidenziano eventi vitali cui può essere ascrivibile l’esordio del disturbo, la cui origine è correlata alla personalità dell’individuo.Depressione sintomatica. Sintomatologia depressiva che è espressione di un sottostante disturbo medico o legata all’assunzione di farmaci.La depressione è particolarmente associata a malattie neurologiche, ad esempio con l’epilessia (45-65% epilessia temporale; 24-42% epilessia generalizzata); morbo di Parkinson (43% circa), di cui può anche essere sintomo di esordio; corea di Huntington (suicidio nell’8% dei casi); post-ictus (sino al 50%); demenza (40% circa); sclerosi multipla (30-40%); neoplasie cerebrali e traumi cranici (50% circa). Altre condizioni mediche che più frequentemente esprimono sintomi depressivi come sintomo di esordio o in associazione sono: endocrinopatie (ipertiroidismo, ipotiroidismo, morbo di Cushing, diabete mellito, ecc.), collagenopatie (ad es., LES, artrite reumatoide), malattie nutrizionali (ad es., pellagra), neoplasie, malattie infettive (ad es., lue, AIDS), malattie cardiovascolari (IMA).Esempi di farmaci con possibile azione depressogena sul tono dell’umore sono: alcuni contraccettivi, reserpina, alfametildopa, flunarizina, cinnarizina, sostanze d’abuso, neurolettici, antiblastici.Depressione endoreattiva (Weitbrecht). Stato depressivo che prende avvio come una reazione a eventi causali di tipo psicologico, modificandosi nel tempo e assumendo caratteristiche di tipo endogeno-melancolico, per lo più con tematica di tipo ipocondriaco.Ipotesi eziologiche della depressioneModello biologico Aspetti genetici. La depressione ha una frequenza 2-3 volte superiore tra i parenti di I grado; la familiarità è confermata da studi su adottivi e su gemelli; sono ipotizzati diversi modelli di trasmissione (a soglie multiple, trasmissione mono-poligenica legata al braccio lungo Xq 28, trasmissione autosomica dominante legata al braccio corto del cromosoma 11). Rischio del disturbo in familiari di I grado di pazienti con disturbo depressivo maggiore: 10-13%.Alterazioni neurotrasmettoriali (vedi
Neurotrasmettitori). Già Ippocrate (460 a.C.) descriveva la melancolia (lett. bile nera) come malattia nata da un substrato temperamentale cupo, in cui sotto l’influenza di Saturno, la milza secerne la “bile nera” che deprime l’umore attraverso la sua azione sul cervello. L’attuale modello biologico trae origine dall’ipotesi delle “amine biogene”, che considera alla base del disturbo depressivo la diminuzione di amine, quali noradrenalina, serotonina e dopamina, in specifiche aree cerebrali. Elementi a favore sono la comparsa di depressione in seguito a deplezione dei neurotrasmettitori da parte di reserpina, l’effetto antidepressivo di farmaci potenzianti la trasmissione monoaminergica (vedi
Antidepressivi) e la correlazione tra l’azione psicostimolante dell’amfetamina e la liberazione di catecolamine a livello di SNC. Secondo Prange (ipotesi permissiva), bassi livelli di serotonina permetterebbero l’espressione di uno stato affettivo controllato dalla noradrenalina. La riduzione dell’attività beta-adrenergica recettoriale (vedi
Recettori) è stata ritenuta un importante effetto mediato dagli antidepressivi; da qui l’ipotesi che nei pazienti depressi i recettori beta-adrenergici siano ipersensibili o incapaci di down regulation. La diminuzione di dopamina viene chiamata in causa per il coinvolgimento nei meccanismi di ricompensa e rinforzo e la diminuzione, nei depressi, di funzionalità del sistema dopaminergico mesolimbico. Anche l’aumento di attività colinergica muscarinica viene posto in relazione con il disturbo depressivo, mentre la sua diminuzione sarebbe relativa alla compromissione cognitiva. La serotonina eserciterebbe un’azione modulatoria sugli altri neurotrasmettitori e una sua alterazione sarebbe chiamata in causa soprattutto nei comportamenti anticonservativi condotti con modalità aggressive (vedi
Suicidio). In alcuni soggetti depressi la concentrazione liquorale di acido 5-idrossindolacetico (principale metabolita della serotonina cerebrale) risulta ridotto. Farmaci che modificano selettivamente il metabolismo della serotonina, incrementandone i livelli, migliorano i sintomi depressivi (vedi
SSRI); alcuni studi evidenziano che la loro azione può essere invertita da un regime dietetico ricco di aminoacidi neutri, che bloccano il trasporto del triptofano, l’aminoacido precursore della serotonina. La presenza di recettori specifici per gli antidepressivi presenti sulle cellule del SNC e sulle piastrine presuppone l’esistenza di una sostanza endogena, simile al corrispettivo antidepressivo, la cui carenza determinerebbe un’eccessiva ricaptazione del neurotrasmettitore e quindi la depressione.La base biologica della depressione è quindi da vedersi come una complessa interazione di sistemi neurotrasmettitoriali, in cui il deficit di un sistema si rifletterebbe su un altro, a sua volta connesso a livello ipotalamo-ipofisario, con l’intero organismo tramite la variazione dell’assetto ormonale dell’individuo. A livello endocrino, infatti, sono presenti alterazioni a diversi livelli: ad esempio, è stato evidenziato un ipertono secretorio dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, con ipercortisolismo, che non viene bloccato in una parte di pazienti depressi dalla somministrazione del desametasone (vedi
Test al desametasone).È altresì evidenziabile un’alterazione del ritmo circadiano della secrezione del TSH, così come una ridotta capacità secretoria alla somministrazione acuta di TRH (nel 25-50% dei pazienti in fase conclamata di malattia) (vedi
Neuromodulatori). Interessanti prospettive derivano dallo studio delle alterazioni dei neuropeptidi in corso di depressione (ad es., oppioidi endogeni, ACTH, beta-endorfine, vasopressina-arginina) (vedi
Neuropeptidi), con risultati tuttora non definitivi. Nella depressione sono anche presenti alterazioni immunologiche, la cui specificità è tuttora controversa (ad es., ridotta risposta linfocitaria a stimoli mitogeni), ma peraltro in stretta relazione con le variazioni ormonali. Si evidenziano anche alterazioni elettrolitiche (ad es., marcato accumulo di sodio intraneuronale).Aspetti neurofisiologici. Si è evidenziato un rapporto tra depressione e alterazioni del SNC di tipo lesionale a livello fronto-temporale sinistro (depressione maggiore) e parieto-occipitale (distimia). Alla tomografia a emissione di positroni si è vista una riduzione del metabolismo del glucosio a livello corticale. È stato chiamato in causa anche un meccanismo di kindling a livello dell’amigdala : dolorosi eventi esistenziali precoci possono sensibilizzare i siti recettoriali in modo tale che idee o immagini possono agire come stimoli condizionati capaci di elicitare un episodio depressivo.Alterazioni cronobiologiche. Nel depresso si assiste a un avanzamento di fase e caratteristiche alterazioni del sonno (aumento della latenza REM; aumento dell’intensità REM; riduzione fasi 3 e 4) (vedi
Sonno). La deprivazione di sonno determina un miglioramento della sintomatologia depressiva, peraltro transitorio.Modello psicodinamico. Freud intese la melanconia come il lutto impossibile di un oggetto immaginario. La realtà della perdita non può dunque imporsi come nel lutto normale. La perdita dell’oggetto diviene la perdita dell’Io. Vi è una regressione all’oralità e il risentimento verso di sé è vissuto nel sentimento di colpa e non di vergogna. Il cedimento di ogni difesa non lascia che il vuoto e la morte, con la realizzazione del suicidio contro le immagini primordiali. Nelle depressioni nevrotiche ci si trova nel registro edipico: le perdite di un oggetto d’amore avvengono nell’ambito di relazioni più solide. Ci si trova nel campo dell’inferiorità. La depressione segue la perdita di prestigio o di presenza, un insuccesso amoroso o sociale, o talora una promozione, una riuscita di fronte alla quale il soggetto crolla in un panico di stile fobico. Vi è quindi un’aggressività intensa rivolta all’interno di sé, perché il Sé del paziente si è identificato con l’oggetto perduto. I pazienti depressi hanno un Super-Io severo, in relazione al sentimento di colpa per aver mostrato aggressività verso le persone amate. L’Io diviene una vittima del Super-Io (Jacobson).Melanie Klein collega la depressione alla posizione depressiva. I pazienti non sono in grado di stabilire buoni oggetti interni e non sono in grado di superare la posizione depressiva dell’infanzia. Sono preoccupati di aver distrutto gli amati oggetti buoni dentro sé a causa della loro aggressività. La sensazione di essere perseguitati dai cattivi oggetti, mentre ci si strugge per i buoni, costituisce il nucleo della posizione depressiva. Viceversa, Bribing vede la depressione come uno stato affettivo non legato all’aggressività, bensì emergente dalla tensione tra ideali (le aspirazioni narcisistiche di valere, essere amato, essere forte e superiore) e la realtà. Per Arieti nelle persone depresse esiste l’ideologia di vivere “non per se stessi”, bensì per “l’altro dominante” (il coniuge, un obiettivo) di cui non riconoscono l’irraggiungibilità o nei confronti del quale si ritengono incapaci di cambiare.Modello etologico. Esperienze di separazione della scimmia neonata dalla madre danno luogo, nel 50% dei casi, a comportamenti analoghi alla depressione nell’uomo, con evidenze di diminuzione della dopamina cerebrale e sensibilità al trattamento con antidepressivi. Anche il sottoporre l’animale a frustrazioni senza possibilità di fuga (learned helplessness) determina profonde modificazioni nel turnover delle amine cerebrali e nella sensibilità dei recettori postsinaptici.Modello cognitivo (di Beck). Ipotizza la depressione come caratterizzata da pensare lungo linee negative e la ridefinisce come una “triade cognitiva” utilizzata dal paziente in modo negativo nella visione di sé, degli eventi che lo circondano e del suo futuro. È presente inoltre uno schema mentale latente che dà origine a interpretazioni distorte degli eventi vitali.Modello integrativo (di Akiskal e Whybrow). La sindrome depressiva viene considerata come la via finale comune di diverse alterazioni psicologiche (in particolare la perdita dei legami interpersonali gratificanti) e biologiche. Questi diversi fattori convergono a formare deficit reversibili a livello diencefalico, sede del piacere e della gratificazione, che può trovare un substrato favorevole in caratteristiche temperamentali trasmesse geneticamente come una più ampia predisposizione ai disturbi dell’umore.Trattamento della depressioneLa depressione maggiore va incontro a risoluzione spontanea in buona parte dei casi, anche se la durata di tali episodi è tale da compromettere il funzionamento dell’individuo per lungo tempo, con rischio di esito anticonservativo sempre presente. La durata di un singolo episodio depressivo maggiore non trattato è in media di 6 mesi, con possibilità di cronicizzazione.La presa in carico deve, in primis, escludere le cause organiche di depressione. Si avvale di gestione clinica del paziente (clinical management), farmacoterapia, psicoterapia e trattamento integrato. Scopo della gestione clinica è prendere in carico empaticamente il soggetto, formulare la diagnosi, informare sul disturbo e sulla terapia, stabilire il trattamento, sostenere il paziente e rivalutare nel tempo.Farmacoterapia. Scopo della farmacoterapia è la riduzione sintomatologica, la ripresa del funzionamento psicosociale, la remissione dell’episodio e la prevenzione delle ricadute. La farmacoterapia utilizza psicofarmaci antidepressivi. Gli ansiolitici non hanno dimostrato, da soli, di essere in grado di risolvere un episodio depressivo. Gli antipsicotici possono peggiorare la sintomatologia, ma anche essere utilizzati in forme specifiche (ad es., depressione psicotica) in associazione con antidepressivi. La farmacoterapia antidepressiva deve essere condotta a dosaggio corretto e per un tempo adeguato, almeno di 3-6 mesi. In alcuni casi (ad es., depressione cronica o ricorrente) può essere opportuna una terapia di mantenimento più protratta o sine die. In caso di mancata risposta sono possibili strategie specialistiche di associazione farmacologica (ad es., tra antidepressivi con differente profilo o l’augmentation con altre sostanze [ad es., con ormoni tiroidei]). Alcune forme rispondono a trattamenti specifici, ad esempio IMAO-RIMA o anche SSRI per le forme atipiche (vedi
Antidepressivi) o, nella forma stagionale, la terapia con luce brillante bianca (vedi
Light therapy). La farmacoterapia è il trattamento di prima scelta nelle forme depressive maggiori, in particolare se di grado moderato-severo, ed è specifica in forme con caratteristiche endogene.Psicoterapia. Anche se esistono meno dati in letteratura atti a dimostrare l’esatta efficacia della psicoterapia nel trattamento della depressione, alcuni trattamenti possono essere di aiuto soprattutto in associazione con la farmacoterapia (trattamento integrato).Le psicoterapie sono mirate alla risoluzione di aspetti peculiari e specifici della sindrome depressiva, quali struttura di personalità (ad es., terapia psicodinamica) , relazioni sociali (ad es., terapia interpersonale), modificazione del comportamento (ad es., terapia comportamentale), modificazione della visione di se stessi, del mondo e del futuro (ad es., terapia cognitiva o cognitivo-comportamentale).Terapia elettroconvulsivante (TEC). Alcuni autori propongono la terapia elettroconvulsivante (vedi
Elettroshock) come trattamento di particolari forme depressive psicotiche, endogene, non rispondenti alla farmacoterapia e che presentano gravi controindicazioni all’impiego dei farmaci.
Dicembre 5, 2020 in D