Condizione patologica in cui si verifica un aumento di dimensione dei ventricoli cerebrali e/o degli spazi subaracnoidei. Si distinguono due grandi sottotipi: l’idrocefalo tensivo e l’idrocefalo normoteso. Il cosiddetto idrocefalo esterno, che descrive un quadro radiologico con incremento degli spazi subaracnoidei al di sopra e tra gli emisferi cerebrali, corrisponde nella maggior parte dei casi a una megalencefalia (vedi
Emimegaloencefalia). L’idrocefalo tensivo è solitamente determinato da un’ostruzione al flusso del liquido cefalorachidiano (LCR) situata in un punto qualsiasi tra la sede di origine dello stesso (plessi corioidei ventricolari) e la sede di riassorbimento (villi aracnoidei). Il LCR tende così ad accumularsi nei ventricoli con una pressione sempre maggiore, determinandone un ampliamento. Nel neonato e fino alla saldatura delle ossa craniche, che solitamente si compie verso i 2 anni, l’idrocefalo tensivo provoca un ingrossamento della testa e viene indicato con il termine di idrocefalo aperto o manifesto in contrapposizione all’idrocefalo occulto dell’età adulta. A seconda del livello dell’ostruzione, Dandy distinse un idrocefalo comunicante, in cui il LCR può raggiungere le cisterne della base dove viene bloccato da aderenze post-meningitiche o post-emorragiche, e uno non comunicante, in cui il flusso liquorale viene arrestato a livello del forame di Monro o dell’acquedotto di Silvio (idrocefalo triventricolare) o dei forami di Magendie e Luschka. Questa distinzione è attualmente contestata in quanto l’ostruzione non è mai totale, perché, nel caso si prolungasse per più di qualche giorno, sarebbe incompatibile con la vita. Teoricamente, un aumento di volume e quindi di pressione del LCR potrebbe essere dovuto anche a un aumento della sua produzione o a una diminuzione del suo riassorbimento. La prima evenienza si verifica solo in caso di papilloma dei plessi corioidei, ma in questo caso concomita un’ostruzione del terzo, quarto ventricolo e di uno dei ventricoli laterali. D’altra parte, un processo meningitico a livello degli emisferi cerebrali, dove sono situati i villi aracnoidei, o l’aumento della pressione venosa a livello dei seni della dura, dove il LCR viene riassorbito, potrebbero configurare la seconda evenienza. Tuttavia, nessun dato sperimentale ha al momento suffragato questa ipotesi.L’idrocefalo aperto, congenito o infantile, riconosce come fattori eziologici emorragie perinatali della matrice meningea o periventricolare, infezioni fetali o neonatali, malformazione di Arnold-Chiari, s. di Dandy-Walker, stenosi o atresia dell’acquedotto. Il quadro clinico si associa ad aumento della circonferenza cranica, diastasi delle suture, bozze frontali prominenti, brachicefalia, vene epicraniche ben disegnate e, negli stadi tardivi, occhi “en coucher de soleil”, per paralisi dello sguardo verso l’alto da pressione dell’idrocefalo sul segmento mesencefalico, e pallore papillare. Si evidenziano apatia, irritabilità, ritardo psicomotorio, segni di interessamento cortico-spinale. La diagnosi si pone con l’ecografia transfontanellare e la TC dell’encefalo. Se il trattamento chirurgico, mediante il posizionamento di un catetere ventricolo-peritoneale o ventricolo-atriale, è eseguito tempestivamente la sintomatologia può stabilizzarsi e regredire parzialmente. In caso contrario, il peggioramento è progressivo verso la spasticità con allettamento, oligofrenia, crisi comiziali.L’idrocefalo tensivo occulto può presentarsi come sequela di processi meningitici o di emorragie subaracnoidee o essere rivelatore di un processo occupante spazio o di una malformazione cerebrale o cranica non manifestatasi in età infantile. La sintomatologia è quella tipica dell’ipertensione endocranica acuta o cronica: cefalea, sindrome frontale, disturbi della deambulazione, papilledema con calo del visus, fino all’incontinenza sfinterica e alla comparsa dei riflessi arcaici (prensione, suzione).Quando l’eziologia è di tipo non progressivo possono intervenire meccanismi di compenso che tendono a equilibrare la produzione di LCR con il suo riassorbimento, determinando una diminuzione della pressione endocranica: si parla allora di idrocefalo normoteso. Il grande volume di liquor contenuto nei ventricoli dilatati esercita comunque una compressione sui fasci della sostanza bianca, provocandone una sofferenza che si esprime in una triade sintomatologica: (1) disturbo lentamente progressivo della deambulazione con perdita di equilibrio, (2) alterazione delle funzioni cognitive fino alla demenza, (3) incontinenza sfinterica. Si riconoscono come fattori eziologici di questa sindrome: emorragie subaracnoidee, traumi cranici, m. di Paget della base cranica, mucopolisaccaridosi delle meningi, acondroplasia, meningiti purulente o tubercolari e anche meningiti asintomatiche fibrosanti di natura sconosciuta. Le indagini neuroradiologiche confermano la diagnosi. Il posizionamento di un catetere ventricolo-peritoneale o ventricolo-atriale con valvola unidirezionale può dare risultati soddisfacenti. Le principali complicazioni dell’intervento chirurgico sono l’igroma o l’ematoma sottodurale, la sepsi della valvola con rischio di setticemia, l’occlusione del catetere. Il volume dei ventricoli si riduce 3-4 giorni dopo l’intervento e la sintomatologia inizia a migliorare dopo una settimana circa.Con l’espressione idrocefalo ex vacuo viene indicato l’ampliamento passivo dei ventricoli secondario all’atrofia cerebrale.

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