L’amitriptilina è un antidepressivo appartenente alla classe dei triciclici
(TCA). I principali meccanismi di azione del farmaco sono rappresentati
dall’inibizione della ricaptazione della serotonina (5-HT) e della noradrenalina
(NA). In cronico, l’amitriptilina induce una down regulation dei recettori
adrenergici di tipo b e a2 e dei
recettori serotoninergici di tipo 5-HT2. Mentre l’amitriptilina esercita
un’azione sulla ricaptazione sia della serotonina sia della noradrenalina, il suo
principale metabolita attivo demetilato, la nortriptilina, inibisce selettivamente
la ricaptazione della NA. L’amitriptilina possiede inoltre un’elevata affinità per i
recettori a-adrenergici, istaminici e muscarinici.

Il picco plasmatico dell’amitriptilina viene raggiunto dopo 3-6 ore dalla
somministrazione orale, con un’emivita plasmatica compresa tra le 20 e le 50 ore. Le
principali vie metaboliche sono la demetilazione, da cui origina la nortriptilina, e
l’idrossilazione, a cui segue la glucuronoconiugazione. L’emivita del farmaco è
prolungata nell’anziano.

L’amitriptilina trova indicazione in tutte le forme di depressione, soprattutto
quando accompagnate da una componente di ansia e/o insonnia. È inoltre utilizzata
nella cefalea, soprattutto quella mista e di tipo muscolo-tensivo, e come
coadiuvante nella terapia del dolore cronico. Nella terapia della depressione il
range di utilizzo dell’amitriptilina è compreso fra i 75 e i 150 mg, in ambito
ambulatoriale, e sino a 250-300 mg, in ambito ospedaliero, ripartiti in 2-3
assunzioni con la dose principale alla sera. La terapia dovrebbe essere iniziata con
25-50 mg e incrementata gradualmente nell’arco di 10-15 giorni sino al dosaggio
ritenuto ottimale dal medico curante, sulla base delle indicazioni cliniche e della
tollerabilità individuale al farmaco. Nei pazienti anziani il dosaggio
dell’amitriptilina, e in generale dei TCA, dovrebbe essere ridotto a un terzo-metà
della dose di un adulto sano.Gli effetti collaterali dell’amitriptilina
sono quelli degli antidepressivi triciclici e risultano correlati all’ampia azione
di blocco recettoriale. Sono principalmente rappresentati da ipotensione ortostatica
e tachicardia secondaria al blocco a-adrenergico, effetti
anticolinergici centrali (turbe mnesiche, sedazione, confusione) e periferici
(ritenzione urinaria, secchezza delle fauci, turbe dell’accomodazione, glaucoma,
stipsi, tachicardia, ecc.), secondaria al blocco muscarinico e incremento ponderale
e sedazione, secondari al blocco istaminergico. Particolarmente temibili possono
essere gli effetti cardiotossici diretti con un aumento dell’intervallo PR e della
durata del QRS. I TCA sembrano possedere scarso effetto sulla conduzione nodale
atrioventricolare, ma prolungano la conduzione al di sotto del nodo A-V
(l’intervallo H-V‚ aumentato, in ragione del ritardo di conduzione nel sistema
His-Purkinje).L’amitriptilina risulta così controindicata nel glaucoma,
soprattutto ad angolo acuto, nell’ipertrofia prostatica, nella stenosi pilorica e
nelle altre affezioni stenosanti dell’apparato gastroenterico e genitourinario,
nell’insufficienza cardiaca, soprattutto nei disturbi del ritmo e della conduzione
miocardica, e nel periodo di recupero postinfartuale. È peraltro necessaria
l’esecuzione di un ECG prima della prescrizione e periodicamente durante il
trattamento con i TCA, soprattutto quando utilizzati ad alto
dosaggio.L’amitriptilina non va somministrata prima di 14 giorni dalla
sospensione del trattamento con farmaci IMAO di prima generazione, per la
possibilità di gravi effetti collaterali (ipertermia, convulsioni, coma, exitus).
L’associazione con antiaritmici, antistaminici, antimalarici e
b-bloccanti aumenta il rischio di aritmie ventricolari.
L’amitriptilina potenzia la sedazione prodotta da ipnotici, sedativi ansiolitici e
anestetici e amplifica gli effetti collaterali degli antimuscarinici, in particolare
di quelli impiegati nel m. di Parkinson, sino a causare disturbi ritentivi urinari e
ileo paralitico nei soggetti predisposti. La cimetidina e il disulfiram aumentano la
concentrazione plasmatica dei triciclici (per inibizione del metabolismo), mentre la
rifampicina ha azione opposta. Inoltre, l’amitriptilina, pur generalmente agendo in
modo sinergico con i farmaci antipertensivi (di cui amplifica l’effetto clinico),
può invece bloccare l’azione ipotensiva della guanetidina o di sostanze
similari.Estrema cautela va dunque posta nei pazienti con affezioni
cardiovascolari, nei quali possono verificarsi tachicardia, turbe del ritmo e della
conduzione, ecc. In tali soggetti è pertanto necessario eseguire periodici controlli
elettrocardiografici. Una stretta sorveglianza clinica e strumentale è inoltre
richiesta negli anziani, nei pazienti ipertiroidei o in terapia con ormoni tiroidei
ovvero in quelli che assumono il medicamento antidepressivo ad alte dosi. Negli
epilettici e nei pazienti con affezioni cerebrali organiche o con predisposizione
alle convulsioni l’utilizzo della amitriptilina, e in generale dei TCA, è possibile
solamente a dosaggio medio-basso e con un attento monitoraggio medico. È
raccomandabile eseguire periodici controlli della pressione arteriosa, della
glicemia, della crasi ematica e della funzionalità epatica e renale con speciale
riguardo agli ipertesi, ai diabetici, ai nefropatici e ai soggetti con affezioni
dell’apparato emopoietico. In caso di comparsa di febbre, angina e altri sintomi
influenzali è indispensabile un controllo della crasi ematica.Il farmaco
può causare indesiderati effetti neuropsichici, come la comparsa di reazioni
ipomaniacali, soprattutto in pazienti con anamnesi di disturbo bipolare e
l’attivazione di quadri schizofrenici latenti; ciò deve essere tenuto presente, tra
l’altro, nella definizione dello schema posologico.È possibile
routinariamente la determinazione dei livelli plasmatici dell’amitriptilina (così
come di alcuni altri TCA quali la nortriptilina, l’imipramina e la desipramina). Tuttavia, a seguito
delle ampie variazioni interindividuali, è difficile l’identificazione di un range
plasmatico realmente correlabile all’effetto terapeutico. In ogni caso, la
determinazione dei livelli plasmatici dell’amitriptilina può risultare utile nella
valutazione di pazienti con effetti tossici o con collateralità sproporzionata
rispetto al range posologico di utilizzo o con assenza di risposta a dosaggi
adeguati di farmaco (al fine di valutarne alterazioni dell’assorbimento o bassa
adesione al trattamento).

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