L’imipramina è un antidepressivo che appartiene alla classe dei triciclici (TCA).Agisce come inibitore della ricaptazione sia della NA sia della 5-HT, mentre possiede solo una debole attività nei confronti della DA. Dopo somministrazione prolungata induce una down-regulation dei recettori a2- adrenergici e 5-HT2 serotoninergici. Possiede buona affinità per i recettori colinergici, adrenergici e istaminici.Il picco plasmatico dell’imipramina viene raggiunto 2-5 ore dopo la somministrazione per os, con un’emivita plasmatica compresa tra 8-20 ore. Il principale metabolita attivo è la desimipramina, che dimostra maggiore selettività di tipo noradrenergico e possiede un’emivita plasmatica di 20-30 ore. L’86% circa dell’imipramina risulta legata alle proteine plasmatiche. Viene escreta primariamente sotto forma di metaboliti inattivi, per l’80% circa con le urine e per il 20% con le feci.L’imipramina è indicata nei disturbi depressivi, con prevalente utilizzo nella depressione endogena. Indicazioni secondarie sono l’enuresi nell’infanzia e nell’adolescenza e il trattamento del disturbo da attacchi di panico (vedi
Ansia, disturbi d’).La posologia dell’imipramina è variabile a seconda della indicazione clinica e della responsività e della tollerabilità individuale al farmaco, essendo compresa fra 75 e 150 mg nella maggior parte dei casi, sino a 300 mg/die quando necessario. La dose ottimale deve essere raggiunta, in 2-3 somministrazioni refratte nell’arco della giornata, con un incremento graduale, nell’arco di 7-15 giorni, dagli iniziali 25-50 mg/die sino alla dose minima necessaria per il paziente.Nei casi gravi e/o nelle depressioni resistenti può essere utilizzata la somministrazione parenterale, esclusivamente per via intramuscolare.Nei casi di enuresi notturna, nei bambini da 6 a 7 anni, si consiglia una dose unica serale di 10 fino a 25 mg/die. Nelle fasce di età preadolescenziale e adolescenziale la dose può essere aumentata sino a 50 mg/sera circa. Al fine di evitare qualsiasi possibile evento cardiotossico (vedi oltre), il dosaggio giornaliero dell’imipramina nell’infanzia e adolescenza non deve superare 2,5 mg/kg.Nei pazienti anziani o debilitati il dosaggio di imipramina dovrebbe essere ridotto a 25-50 mg/die, in dosi refratte, aumentandolo solo quando necessario e se ben tollerato, non superando comunque la dose giornaliera di 75-100 mg.Gli effetti collaterali dell’imipramina sono quelli degli antidepressivi triciclici (TCA) e sono correlati all’ampia azione di blocco recettoriale. Sono principalmente rappresentati da: ipotensione ortostatica e tachicardia a seguito dell’azione di blocco a-adrenergico; effetti anticolinergici centrali (turbe mnesiche, sedazione, confusione) e periferici (ritenzione urinaria, secchezza delle fauci, turbe dell’accomodazione, glaucoma, stipsi, tachicardia, ecc.) a seguito dell’azione di blocco muscarinico; incremento ponderale, ma minore azione sedativa rispetto all’amitriptilina, entrambi imputabili al blocco istaminergico. Particolarmente temibili possono essere gli effetti cardiotossici diretti con un aumento dell’intervallo PR e della durata del QRS. Come gli altri TCA, l’imipramina dimostra uno scarso effetto sulla conduzione nodale atrio-ventricolare, ma prolunga la conduzione al di sotto del nodo A-V (l’intervallo H-V è aumentato, in ragione del ritardo di conduzione nel sistema His-Purkinje). L’imipramina, come gli altri TCA, risulta così controindicata nel glaucoma, soprattutto ad angolo acuto, nell’ipertrofia prostatica, nella stenosi pilorica e nelle altre affezioni stenosanti dell’apparato gastroenterico e genitourinario. Va utilizzata con estrema cautela nei pazienti con patologia cardiovascolare (anamnesi di infarto miocardico o patologia anginosa, aritmie, blocchi atrio-ventricolari). Tali soggetti richiedono uno stretto monitoraggio cardiologico a qualsiasi posologia. È peraltro necessaria l’esecuzione di un ECG prima della prescrizione e periodicamente durante tutto il periodo di trattamento con i TCA, soprattutto quando tali farmaci vengono utilizzati ad alto dosaggio. L’imipramina non va somministrata prima di 14 giorni dalla sospensione del trattamento con IMAO di prima generazione per la possibilità di gravi effetti collaterali (ipertermia, convulsioni, coma, exitus).L’associazione con antiaritmici, antistaminici, antimalarici e b-bloccanti aumenta il rischio di aritmie ventricolari. L’imipramina potenzia la sedazione prodotta da ipnotici, sedativi ansiolitici e anestetici e amplifica gli effetti collaterali degli antimuscarinici, in particolare di quelli impiegati nel morbo di Parkinson, sino a poter causare disturbi ritentivi urinari e ileo paralitico nei soggetti predisposti. Il disulfiram aumenta la concentrazione plasmatica dei triciclici (per inibizione del metabolismo), mentre la rifampicina ha azione opposta. Cautela deve essere inoltre impiegata quando l’imipramina viene utilizzata in associazione alla cimetidina, in quanto quest’ultima esercita un’inibizione del metabolismo di molti triciclici con incremento significativo del loro livello plasmatico; per contro, non sembra che la ranitidina modifichi la cinetica dell’imipramina. Se somministrata in associazione agli estrogeni, la dose di imipramina dovrebbe essere ridotta in quanto tali ormoni inibiscono il metabolismo del triciclico.Poiché l’imipramina può ridurre o abolire l’azione antipertensiva di guanetidina, clonidina, reserpina e metildopa, i pazienti che necessitano di trattamento ipotensivo dovrebbero assumere antipertensivi di diversa classe (ad es., diuretici o b-bloccanti), verso i quali invece esiste un sinergismo ipotensivo con l’imipramina che, a sua volta, può richiedere aggiustamenti posologici. Il farmaco può inoltre potenziare gli effetti cardiovascolari di adrenalina e noradrenalina, amfetamina, nonché di preparati per inalazione o anestetici locali contenenti simpaticomimetici. Estrema cautela va dunque posta nei pazienti con affezioni cardiovascolari, nei quali possono verificarsi tachicardia, turbe del ritmo e della conduzione, ecc. In tali soggetti è pertanto necessario eseguire periodici controlli elettrocardiografici. Una stretta sorveglianza clinica e strumentale è inoltre richiesta negli anziani, nei pazienti ipertiroidei o in terapia con ormoni tiroidei, ovvero in quelli che assumono il medicamento antidepressivo ad alte dosi. Negli epilettici e nei soggetti con affezioni cerebrali organiche o con predisposizione alle convulsioni l’utilizzo della imipramina, e in generale dei TCA, è possibile solamente a dosaggio medio-basso e con un attento monitoraggio medico. È raccomandabile eseguire periodici controlli della pressione arteriosa, della glicemia, della crasi ematica e della funzionalità epatica e renale, con speciale riguardo agli ipertesi, ai diabetici, ai nefropatici e ai soggetti con affezioni dell’apparato emopoietico. In caso di comparsa di febbre, angina e altri sintomi influenzali è indispensabile un controllo della crasi ematica. Il farmaco può causare indesiderati effetti neuropsichici, come la comparsa di reazioni ipomaniacali, soprattutto in pazienti con anamnesi di disturbo bipolare, e l’attivazione di quadri schizofrenici latenti; ciò deve essere tenuto presente, tra l’altro, nella definizione dello schema posologico.È possibile la determinazione routinaria dei livelli plasmatici di imipramina (così come di alcuni altri TCA quali l’amitriptilina, la nortriptilina e la desipramina). Tuttavia, a seguito delle ampie variazioni interindividuali, è difficile l’identificazione di un range plasmatico realmente correlabile all’effetto terapeutico. Dopo somministrazione orale di 150 mg/die, allo steady state, il range medio di concentrazione plasmatica si colloca fra 30 e 85 ng/ml per l’imipramina e 40-110 ng/ml per il metabolita attivo desipramina. Tale determinazione può risultare utile nella valutazione di pazienti con effetti tossici o con collateralità sproporzionata rispetto al range posologico di utilizzo o con assenza di risposta a dosaggi adeguati di farmaco (al fine di valutarne alterazioni dell’assorbimento o bassa adesione al trattamento).