L’alcolismo deve essere considerato
primariamente come un disturbo comportamentale dovuto all’abuso di una sostanza
tossica che provoca alterazioni sul piano sia psichico sia organico. L’OMS fornisce
una definizione di alcolismo secondo la quale devono essere considerati alcolisti
quei bevitori smodati la cui dipendenza dall’alcool abbia raggiunto livelli così
elevati da aver dato luogo a disturbi mentali rilevanti, o da interferire con la
loro salute psicofisica, con le loro relazioni interpersonali e con il loro armonico
sviluppo sociale ed economico. Nella definizione di alcolismo devono essere
considerati centrali i fenomeni di tolleranza e dipendenza. La tolleranza,
con assuefazione, è il fenomeno in conseguenza del quale il corpo si abitua a una
determinata sostanza, per cui con il tempo è necessario assumerne una quantità
sempre maggiore per mantenere i medesimi effetti iniziali. La maggior parte dei
cosiddetti grandi bevitori ha acquisito tale tolleranza all’alcool, anche se in
maniera variabile. L’assuefazione, peraltro, è limitata nel caso dell’alcool
rispetto ad altre droghe, in quanto l’induzione enzimatica dell’alcool deidrogenasi
è abbastanza modesta. Caratteristico dell’alcolismo, rispetto ad altre condotte
tossicomaniche, è il fenomeno di intolleranza dell’etilista cronico: la tolleranza
diminuisce progressivamente con l’evolvere dell’intossicazione, in quanto produce
danni epatici così ingenti da sconvolgere il patrimonio enzimatico del
soggetto.Il più delle volte patologia alcolica e dipendenza alcolica
coesistono e si rinforzano vicendevolmente: il concetto di alcolismo è altamente
correlato con quello di dipendenza alcolica, condizione che
inevitabilmente conduce a una patologia psichica e somatica con alti livelli di
inabilitazione. Tuttavia, non tutti i soggetti che presentano una patologia alcolica
sono alcool-dipendenti, ma dimostrano comunque un elevato rischio di sviluppare una
dipendenza.La dipendenza dall’alcool è definita (OMS) “uno stato psichico e
generalmente anche fisico”, caratterizzato dalla compulsione ad assumere alcool in
modo continuo o periodico allo scopo di provare i suoi effetti psichici e di evitare
il disagio della sua assenza.Il DSM-IV annovera la dipendenza da alcool tra
i disturbi da uso di sostanze psicoattive, fornendo un preciso schema di
orientamento diagnostico sotto forma di criteri sintomatologici, temporali e di
decorso. Tale approccio trova un’utile applicazione nella pratica clinica poiché si
dimostra adattabile alla quasi totalità delle forme cliniche, indipendentemente sia
dalle aree geografiche e socio-culturali, sia dalle variabili individuali. Il DSM-IV
prevede una sindrome da dipendenza alcolica stabilita da precisi criteri
sintomatologici che si basano sulla presenza di un’alterazione delle abitudini
alcoliche, di un alterato rapporto individuo-alcool e di una dipendenza
fisica.Accanto al concetto di dipendenza sono emersi negli ultimi anni
criteri clinico-prognostici innovativi che inquadrano la malattia alcolica in
termini di abuso e di rischio. Il concetto di abuso del DSM-IV prevede infatti una
modalità d’uso patologica, che si caratteriza per un utilizzo ricorrente di alcool,
anche in situazioni fisicamente rischiose, per la presenza di ricorrenti problemi
legali, per l’incapacità di adempiere ai compiti lavorativi e per l’utilizzo della
sostanza pur nella consapevolezza di avere problemi sociali e interpersonali che
vengono esacerbati dall’alcool stesso.I dati relativi alla reale diffusione
dell’alcolismo sono alquanto imprecisi, anche per l’assenza di definizioni
nosografiche univoche o modelli diagnostici omogenei. Generalmente, si ammette che 1
individuo su 13, al di sopra dei 20 anni, sia alcolista. Negli ultimi anni si è
registrato un sensibile aumento del consumo di alcool.Dal 1950 a oggi, nel
nostro Paese è aumentato soprattutto il consumo delle bevande fermentate (vino,
birra). Il consumo minimo giornaliero di alcool considerato non pericoloso varia da
cultura a cultura; nel nostro tipo di società viene ritenuto accettabile un consumo
di 60 g di alcool etilico al giorno per gli uomini e di 40 g per le donne. Quantità
leggermente superiori assunte con regolarità sono in grado di determinare, in
soggetti predisposti, gravi e irreversibili alterazioni anatomo-funzionali. Al di
sopra di 80 g giornalieri aumentano le probabilità di sviluppare una dipendenza
fisica e una grave morbilità sul piano psicofisico (“bevitori inadeguati”). Nel
nostro Paese i bevitori inadeguati corrispondono al 20% circa, mentre i “bevitori
adeguati” (coloro cioè che assumono quantità di alcool tali da non superare i limiti
consentiti dal loro standard socio-culturale) rappresentano il 75%
circa.Nell’eziopatogenesi dell’alcolismo intervengono numerosi fattori e
pertanto le teorie eziologiche si basano sia su ipotesi biologiche sia soprattutto
su fattori socio-culturali ed elementi psicologici e psicodinamici. Infatti, oltre
alla verosimile predisposizione familiare, in termini di condizionamento più ancora
che di ereditarietà, e al fatto che l’alcool produca spesso un’azione antidepressiva
e ansiolitica favorente una sua regolare assunzione come “medicina”, si è
recentemente posta particolare attenzione su due aspetti in particolare, che si
collocano accanto ai classici modelli interpretativi analitici: la personalità
pre-alcolica e i disturbi psichiatrici quali l’ansia e la depressione.I
tratti di personalità descritti in letteratura si riferiscono quasi esclusivamente
ai soggetti affetti da dipendenza alcolica: tra questi, i più tipici sembrano essere
i tratti di passività, instabilità emotivo-affettiva, rigidità e facilità alla
frustrazione.Si possono sinteticamente delineare tre tipi fondamentali di
strutture caratteriali che influenzano la motivazione all’abuso alcolico: strutture
nevrotico-ansiose, caratteropatie e strutture depressive.Nel primo caso la
motivazione principale è l’ansia, nel secondo caso l’abuso assume le caratteristiche
di una protesta solitaria e silenziosa verso gli altri, nel terzo caso la condotta
alcolomanica sembra legata a una spinta autodistruttiva, una sorta di lento
suicidio.Non è possibile a tutt’oggi stabilire se il disturbo d’ansia sia
l’effetto o la conseguenza di una condotta alcolica. In alcuni casi, tuttavia, la
dipendenza alcolica sembra secondaria al disturbo d’ansia e in particolare ad ansia
di tipo panico e di tipo fobico. Tale aspetto assume rilevanza ai fini preventivi e
terapeutici.Più approfonditamente è stato studiato il rapporto tra abuso
alcolico e depressione, in termini sia di trasmissione familiare sia
sintomatologici, fisiologici e biochimici, con l’ipotesi di una base comune alle due
malattie.Se, da un lato, le basi biologiche e psicologiche giocano un ruolo
molto importante nell’eziopatogenesi del disturbo, altri fattori intervengono
significativamente nel determinare una condizione di dipendenza, in particolare
quelli socio-ambientali. L’alcool funge infatti da meccanismo di compenso sociale
nelle società cosiddette “ansiogene”, assolvendo a una funzione di adattamento di
fronte all’inaccessibiltà dei valori dominanti. I modelli culturali occidentali
accettano e favoriscono l’uso di bevande alcoliche come veicolo di integrazione
sociale; fattori di rischio per alcolismo vengono considerati la solitudine, la
disoccupazione, l’età giovanile e il basso livello culturale.L’etanolo,
assunto con regolarità e ad alte dosi, è in grado di determinare una serie di
modificazioni fisiopatologiche a vari livelli. Tale meccanismo si rende
particolarmente evidente nel sistema nervoso centrale, come effetto diretto sulle
membrane neuronali.La sua azione, oltre a esprimersi nei classici effetti
acuti rappresentati dall’ebbrezza semplice (stato di eccitamento psicomotorio
seguito da un residuo stato di ottundimento e malessere generale), rappresenta un
grave problema soprattutto per gli effetti in cronico. Infatti, l’abuso prolungato
di alcool può portare a importanti danni sul piano internistico, sulla personalità
dell’individuo e a complicanze di tipo psicorganico.Le principali patologie
internistiche provocate dall’alcool sono rappresentate da gastriti, cancro
dell’esofago, pancreatite alcolica, epatopatia alcolica, malattie dell’apparato
cardiovascolare (cardiomegalia con miocardiosclerosi, insufficienza cardiaca
congestizia, ipertensione) e malattie del sistema nervoso (polinevriti, neurite
ottica retrobulbare, degenerazione combinata del midollo spinale, mielosi
funicolare, crisi epilettiche generalizzate tipo grande male).I danni
psichici sono invece rappresentati sia da una sensibile influenza sulle
caratteristiche di personalità con importanti mutamenti comportamentali, sia da
alterazioni psicorganiche che possono portare anche a gravi disturbi
psichiatrici.Per quanto riguarda gli effetti psicologico-comportamentali
prevale spesso un atteggiamento estroverso con un’ilarità ingiustificata, tendenza
allo scherzo, alla logorrea e al turpiloquio, oppure si assiste a un’introversione
con tristezza immotivata, difficoltà nella formulazione dei discorsi e rallentamento
ideativo, vittimismo talora esagerato e plateale. L’individuo perde in entrambi i
casi il controllo sulla correttezza del proprio comportamento, la sua riservatezza e
dignità. Diventa distraibile con estrema facilità, i processi di associazione
registrano una certa superficialità, la capacità di critica si appiattisce. Il
deterioramento dei freni inibitori mette in luce alcuni dei lati peggiori del
carattere, quali irritabilità e litigiosità, tendenza alla menzogna, umore di fondo
piuttosto instabile con, talora, una disforia con irritabilità o un’inconsistente
euforia e altre volte una depressione apatica. L’emotività diviene superficiale e
incontrollata: alle facili emozioni si alternano scatti d’ira e reazioni
aggressive.Col passare del tempo il deterioramento della personalità si
presenta con un deficit affettivo-volitivo, con un marcato declino degli interessi
umani più elevati (etico-religiosi, sociali) e impoverimento e cristallizzazione
degli schemi di vita. Il comportamento diviene pertanto rigido, fisso, stereotipato;
i discorsi si fanno monotoni, prolissi, il ragionamento perde in profondità e
penetrazione con turbe più o meno gravi della memoria. L’etilista si rivela sempre
più incapace di assumersi responsabilità e a mantenere i propri obblighi sociali,
professionali e familiari. È inoltre incapace di adattarsi a nuove situazioni e
risulta molto vulnerabile di fronte a eventi di natura sia psicologica sia
somatica.Le principali complicanze psicorganiche sono invece rappresentate
dall’intossicazione alcolica, dall’astinenza alcolica che può complicarsi in un
delirium da astinenza (delirium tremens), dall’allucinosi alcolica, dal disturbo
amnesico (psicosi di Korsakoff) e dalla demenza associata a
sindrome da dipendenza alcolica.La comparsa di un’intossicazione è
rappresentata da un comportamento maladattativo che si sviluppa dopo l’ingestione
alcolica (labilità dell’umore, deficit della critica, comportamenti aggressivi e
inappropriati) in presenza di incoordinazione, pronuncia indistinta, marcia
instabile, deficit di attenzione, stupor o coma. Meno frequente, ma molto
più grave, è al contrario il quadro di delirium conseguente ad astinenza.
Esso insorge circa 2-3 giorni dopo la cessazione dell’assunzione di alcool e può
seguire a una sindrome d’astinenza semplice. È rappresentato da un’alterazione dello
stato di coscienza (stato confuso-onirico con disorientamento) con deficit delle
funzioni mentali (amnesie, incoerenza ideativa, distraibilità) e la presenza di
fenomeni dispercettivi abnormi (in specie allucinazioni zooptiche, ossia animali di
piccola o grossa taglia, oppure corpiccioli od oggetti che il paziente spaventato
tenta di afferrare). A complicare il disturbo intervengono inoltre gravi alterazioni
neurovegetative (ipersudorazione e iperpnea, tachicardia, ipotensione, midriasi).
Più frequentemente, il delirium tende a risolversi dopo alcuni giorni dopo una fase
di prostrazione con letargia, ma l’evoluzione, seppur raramente, può anche essere
letale.L’allucinosi alcolica è un quadro che insorge
entro 48 ore da un’astinenza, in soggetti con una lunga storia di abuso e può o meno
seguire a un delirium. Si caratterizza per presenza di allucinazioni uditive (voci
dirette al paziente o dialoganti, in genere a contenuto minaccioso) vissute in
condizioni di lucidità di coscienza, cui si possono correlare dei deliri
persecutori.Il disturbo amnestico consegue a una prolungata
carenza vitaminica (complesso B) ed è rappresentato da un deficit della memoria a
breve termine accompagnato da una marcata tendenza alla confabulazione di
significato compensatorio (psicosi di Korsakoff). Talora
concomitano un’alterazione di coscienza con stato confusionale e disorientamento,
oftalmoplegia e atassia (encefalopatia di Wernicke). Sul piano
somatico, oltre ai segni dell’alcolismo cronico, può essere presente una polinevrite
parziale o diffusaUn numero limitato di alcolisti può essere infine colpito
da demenza alcolica, dovuta verosimilmente sia agli effetti tossici
diretti dell’alcool sul SNC sia allo squilibrio carenziale e metabolico. I segni
demenziali si fanno strada lentamente e i sintomi principali sono: marcato deficit
della memoria di fissazione, ingravescente compromissione della capacità di giudizio
e critica, progressivo disorientamento temporo spaziale e turbe delle funzioni
corticali superiori (afasia, aprassia, agnosia). Una compromissione del
funzionamento sociale e familiare e un declino della cura della propria persona e
delle abitudini di vita, associate a un grave deterioramento organico, conducono
alla completa perdita dell’autosufficienza.L’approccio terapeutico
dell’alcolismo deve essere necessariamente articolato poiché è necessario
intervenire a diversi livelli (medico, sociale-familiare e
psicopatologico).Il trattamento farmacologico tende prevalentemente a
controllare i danni diretti e indiretti dell’alcool a livello dell’organismo e a
favorire una stabile astensione dalle sostanze alcoliche. I farmaci specifici sono
rappresentati da sostanze che agiscono essenzialmente con un meccanismo repulsivo
aversivo, tra cui il
disulfiram
, che provoca un sensibile e duraturo aumento dell’acetaldeide nel sangue, in
conseguenza del quale possono manifestarsi, se il paziente assume anche modeste
quantità di alcool, diversi effetti indesiderati, anche di notevole gravità
(vasodilatazione, tachicardia, nausea e vomito). Altri preparati sono la metadoxina,
la cui funzione principale è proteggere la struttura epatica dai danni
alcool-determinati, e il gamma OH butirrato, la cui funzione è
ridurre i fenomeni di astinenza agendo su meccanismi GABAergici. Farmaci aspecifici
sono invece rappresentati da neurolettici, benzodiazepine e antidepressivi.Questi ultimi vengono impiegati per il frequente riscontro
di depressione primaria o secondaria associata e per la prevenzione del rischio
suicidario, particolarmente elevato negli alcolisti con depressione maggiore.
Infine, naturalmente, in ogni protocollo terapeutico deve essere assicurato un
adeguato apporto vitaminico (in specie del gruppo B) e
dietologico.L’approccio psicoterapico può realizzarsi a vari livelli.
Fondamentalmente, rappresenta l’intervento più significativo, benché anch’esso si
possa articolare su più fronti (intervento psicoanalitico classico, intervento di
tipo comportamentistico, terapie di gruppo, intervento sociologico familiare,
modello dei gruppi di autoaiuto). Scopo della psicoterapia, nell’ambito di un
progetto riabilitatvo, è permettere all’alcolista, in un primo momento, di
riconoscere la sua condotta alcolomanica, che generalmene non gli appare evidente,
accettando la sua incapacità a sopportare l’alcool. Egli deve essere separato
dall’illusione di onnipotenza prodotta dall’alcool, orientandosi verso le sue
ritrovate o residue capacità e possibilità reali, promuovendo una maturazione
affettiva attraverso la quale riorganizzare la sua vita. Il più delle volte la
psicoterapia va estesa all’ambito familiare, le cui dinamiche di relazione sono
sempre fortemente disturbate. Alcune psicoterapie di gruppo sembrerebbero più
efficaci degli approcci individuali, per quanto riguarda una funzione di
risocializzazione parziale all’interno del gruppo stesso. A questo proposito si sono
rivelate particolarmente efficaci sul piano dei risultati pratici le associazioni di
ex-bevitori (Alcolisti Anonimi, Centri di Alcolisti in Trattamento). Questi gruppi
sono autogestiti e si configurano come un punto di incontro in cui si cerca una
risposta nel confronto con gli stessi problemi degli altri, cercando di evitare le
ricadute e i ricoveri. Pur raggiungendo la socializzazione di un bisogno, il bere, e
il suo controllo, tale approccio tuttavia non permette una risoluzione definitiva
delle cause di abuso. Agli individui motivati che abbiano raggiunto un’astensione
stabile può essere consigliato anche un intervento psicoterapico
individuale.