I farmaci ansiolitici più diffusi nel trattamento dei disturbi d’ansia sono le benzodiazepine (BDZ).Le BDZ, sintetizzate negli anni Cinquanta, hanno rivoluzionato l’approccio terapeutico dei disturbi d’ansia e del sonno, consentendo l’impiego di molecole tanto efficaci quanto scevre da significativa collateralità, soprattutto alla luce del confronto con i precedenti farmaci impiegati in tali patologie, rappresentati essenzialmente dai barbiturici e dai neurolettici, composti entrambi di scarsa maneggevolezza e con elevata collateralità, specie nel lungo termine.Le BDZ si caratterizzano per una notevole sicurezza d’impiego, in quanto dimostrano un elevato indice terapeutico, cioè un ampio margine fra la dose terapeutica e quella tossica e, contemporaneamente, una buona tollerabilità, alla luce di fenomeni collaterali modesti e per lo più dose-dipendenti. Proprio tale sicurezza d’impiego delle BDZ ha rapidamente consentito una diffusione del loro impiego dalla stretta prescrizione dello psichiatra a un più vasto utilizzo in altre specialità e nella medicina generale, cioè in ogni campo ove il disturbo d’ansia e/o l’insonnia potevano manifestarsi come interferenti con l’andamento clinico di varie patologie.Meccanismo di azione. Le BDZ si legano a siti ad alta affinità a livello dei complessi sopramolecolari GABA A, composti da due subunità alfa (su cui agiscono le BDZ) e due subunità beta (su cui agisce il GABA). Tali recettori presentano un’elevata densità a livello della corteccia cerebrale e del sistema limbico, una densità intermedia a livello della corteccia cerebellare e una bassa densità a carico del tronco cerebrale del midollo spinale.Vari gruppi differenziati di farmaci possono legarsi ai recettori per le BDZ:Gli agonisti, rappresentati dalle stesse BDZ, dalle imidazopiridine e dai ciclopirroloni. Tali sostanze dimostrano attività ansiolitica e anticonvulsivante e, quali modulatori allosterici positivi dei recettori del GABA, aumentano la probabilità che il GABA determini l’apertura dei canali del cloro.Gli agonisti inversi, rappresentati da alcune beta-carboline (quali beta-CCM, beta-CCE, DMCM) e dal diazepam binding inhibitor (DBI), peptide endogeno. Tali composti presentano attività ansiogena e proconvulsivante e funzionano quali modulatori allosterici negativi, riducendo l’apertura ai canali al cloro.Gli antagonisti, fra cui già in commercio il flumazenil. Tali farmaci possiedono una scarsa attività intrinseca, ma sono in grado di antagonizzare sia gli effetti delle BDZ sia quelli delle beta-carboline. Il flumazenil viene impiegato per antagonizzare il sovradosaggio da BDZ, evento non raro e particolarmente rischioso nel paziente defedato e/o epatopatico.Il sistema GABAergico, oltre all’effetto diretto, determina inoltre un’inibizione di altri sistemi neurotrasmettitoriali implicati nel controllo dell’ansia, quali le vie noradrenergiche e quelle serotoninergiche.Aspetti clinici differenziali. Le BDZ, pur presentando analogie di struttura chimica e meccanismo di azione, dimostrano una certa eterogeneità fra i vari composti. Tali farmaci possono infatti differenziarsi sulla base della formula di struttura, dell’impiego clinico prevalente (ansiolitico, anticonvulsivante, ipnotico) e a fronte di alcune caratteristiche farmacodinamiche (attività intrinseca, potenza e persistenza di legame) e/o farmacocinetiche (velocità di assorbimento, differenti vie metaboliche, presenza di metaboliti attivi , emivita di eliminazione, ecc.).Le varie classi farmacologiche delle BDZ sono rappresentate dai composti pronordiazepam-simili, dagli oxazepam-simili, dalle nitrobenzodiazepine, dalle triazolobenzodiazepine, dalle tienodiazepine e dalle tienotriazolo-diazepine.Aspetti farmacocinetici. L’assorbimento per via orale di tutte le BDZ è in generale rapido e completo ed è compreso fra 30 minuti e 2 ore. Tale parametro, anche se rilevante nell’intervento d’urgenza, diviene scarsamente significativo nel corso della terapia continuativa. L’assorbimento è peraltro influenzato dalla formulazione farmaceutica, con un più rapido passaggio in circolo delle preparazioni in gocce.Fra i composti a più rapido assorbimento per os (con un picco plasmatico entro 60 minuti) risultano il diazepam e il desmetildiazepam; fra quelli ad assorbimento intermedio (con la massima concentrazione ematica entro 120 minuti) sono inclusi il clordemetildiazepam, il lorazepam, il triazolam e l’alprazolam. Ad assorbimento più lento, con un picco plasmatico oltre le 2 ore dall’assunzione, risultano altre BDZ fra cui l’oxazepam, il temazepam e il prazepam.L’impiego per via endovenosa delle BDZ (diazepam, clordemetildiazepam, lorazepam e clonazepam) comporta un assorbimento istantaneo e completo, nonché un rapido superamento della barriera ematoencefalica, a causa dell’elevata liposolubilità di tali farmaci. Nel paziente defedato o anziano, la via endovenosa deve essere impiegata con particolare cautela a causa dell’azione depressogena delle BDZ a livello dei centri bulbari del respiro.L’assorbimento per via intramuscolare delle BDZ è molto diverso fra i vari composti e può risultare talora incompleto, per la scarsa idrosolubilità (ad es., con il diazepam) o per un’idrosolubilità a pH non fisiologico (ad es., con il clordiazepossido). Rapido e completo è invece l’assorbimento intramuscolare del clordemetildiazepam, del flunitrazepam e del lorazepam. La via intramuscolare nel paziente defedato o anziano comporta, inoltre, un problema di assorbimento legato al flusso ematico locale del muscolo e al rapporto fra tessuto muscolare e adiposo.La distribuzione di una BDZ dal sangue ai tessuti è rapida e si dimostra proporzionale al livello di lipofilia .Le BDZ dimostrano un metabolismo notevolmente differenziato: ad esempio, i composti pronordiazepam-simili devono sottostare a vari processi catabolici (ossidazione, idrossilazione e glucuronoconiugazione) , mentre gli oxazepam-simili necessitano della sola glucuronoconiugazione per essere escreti. Inoltre, vari composti generano metaboliti attivi, la cui emivita si somma a quella del farmaco madre.Nel soggetto epatopatico o anziano il meccanismo di ossidazione epatica è ridotto, per cui risulta opportuno impiegare composti che debbano essere assoggettati a sola glucuronoconiugazione (oxazepam, lorazepam, temazepam) o ridurre le dosi di impiego (di circa metà o un terzo) per quelle BDZ che debbano sottostare a metabolismo ossidativo (bromazepam, clordemetildiazepam, alprazolam, ecc.). Proprio sulla base di tali caratteristiche metaboliche, le BDZ vengono abitualmente suddivise in base alla loro emivita in alcune categorie di composti:a emivita breve (<5 ore);a emivita intermedia (compresa fra 5 e 24 ore);a emivita lunga (>24 ore).L’emivita risulta ovviamente influenzata dal tipo di metabolismo a cui il farmaco deve sottostare: il diazepam, ad esempio, che fa parte dei pronordiazepam-simili, dimostra un’emivita di 40 ore nel giovane, che tende a incrementarsi sensibilmente nell’epatopatico e nell’anziano; l’oxazepam e il lorazepam, invece, presentano un’emivita rispettivamente di 8,5 e 14 ore, che rimane costante nelle varie fasce di età e anche in presenza di patologia epatica. Tali differenze comportano ovviamente notevoli variabilità in relazione al rischio di accumulo di una BDZ. Sulla contrapposizione fra prodotti a emivita breve o lunga può essere operata una scelta differenziale tra le varie BDZ, in base alla durata prevista del trattamento, alla posologia giornaliera, all’età e alle eventuali alterazioni metaboliche del paziente. Una BDZ a lunga emivita sarà per lo più preferibile quando sia opportuna un’unica somministrazione e il paziente non presenti rischi di accumulo. Una BDZ a emivita breve potrà essere maggiormente indicata qualora sia previsto un periodo protratto di terapia, l’impiego di dosi differenziate nell’arco della giornata e la prescrizione in soggetti con elevato rischio di accumulo.Esistono ovviamente vantaggi e svantaggi nell’impiego di BDZ a emivita breve o lunga: ad esempio, quelle a breve emivita possono più facilmente indurre fenomeni di rimbalzo sintomatologico in caso di brusca sospensione, mentre quelle a lunga emivita comportano, soprattutto nel paziente anziano, maggiori rischi di accumulo e di effetti residui. L’impiego di BDZ a emivita intermedia, con pregi e difetti più bilanciati, presenta un miglior rapporto rischio-beneficio.La frequente presenza di una polifarmacoterapia in vari soggetti può comportare problemi di interazioni fra farmaci internistici e BDZ: il propranololo, la cimetidina, ecc., inibendo il sistema microsomiale del citocromo P-450 riducono ulteriormente la clearance delle BDZ ossidate in un paziente in cui il sistema ossidativo può dimostrare una riduzione già patologica e/o età-dipendente. Nell’ambito di una polifarmacoterapia, quindi, sarà opportuno impiegare BDZ che necessitino di esclusiva coniugazione (oxazepam-simili) oppure ridurre la posologia delle BDZ soggette a ossidazione catabolica.Aspetti farmacodinamici. I vari composti benzodiazepinici presentano caratteristiche differenziate di potenza, attività intrinseca e persistenza di legame.L’attività intrinseca rappresenta la capacità del ligando di provocare un cambiamento di conformazione a livello del recettore per il GABA. Le BDZ, composti ad attività intrinseca positiva, presentano un’azione ansiolitica, anticonvulsivante e miorilassante, mentre alcune beta-carboline, pur interagendo con lo stesso recettore, dimostrano un’attività intrinseca negativa, che comporta un effetto clinico opposto, cioè ansiogenico e proconvulsivante.La potenza risulta correlata sia all’affinità fra la BDZ e il suo recettore, intesa come il rapporto fra la concentrazione della BDZ e il suo livello di occupazione recettoriale, sia all’attività intrinseca. Considerando un’equipollente attività intrinseca fra tutte le BDZ, la potenza è strettamente correlata all’affinità della molecola al recettore, misurabile in IC 50 (nM), cioè come quantità di farmaco necessaria a inibire del 50% il legame del flunitrazepam marcato.In base alla loro potenza, è quindi possibile suddividere le BDZ in:molecole a bassa potenza (ad es., clordiazepossido, oxazepam, ecc.);molecole a potenza intermedia (ad es., diazepam, clorazepato, clobazam, ecc.);molecole a elevata potenza (ad es., lorazepam, clonazepam, alprazolam, triazolam, ecc.).Un ulteriore parametro, estremamente importante sul piano clinico, è quello della differente persistenza di legame per i recettori GABA, caratteristica funzionale che non appare correlata all’emivita del farmaco: ad esempio, in studi animali con sostanze marcate, il lorazepam, benché a emivita più breve del diazepam, dimostrerebbe una più lunga persistenza di legame recettoriale.Effetti collaterali. Le BDZ sono composti molto ben tollerati, i cui effetti collaterali non sono altro che l’amplificazione degli effetti clinici desiderati (sedazione, rilassamento muscolare, ecc.).È ovvio che una situazione di alterato metabolismo in alcuni pazienti (alterato catabolismo epatico, alterata eliminazione, ecc.) può facilitare l’insorgenza di effetti secondari, il più importante dei quali è un indesiderato protrarsi dell’effetto sedativo (ad es., dell’ipnotico serale nel giorno successivo), con conseguenze negative sulla performance giornaliera attraverso una riduzione delle capacità cognitive e psicomotorie, talora già compromesse in alcuni casi per motivi organici e/o metabolici.Nel soggetto defedato in corso di trattamento benzodiazepinico può inoltre comparire un’ipotensione ortostatica correlata a una ridotta sensibilità dei barocettori: ne possono conseguire sintomatologie vertiginose e confusionali, nonché disturbi atassici che, parallelamente al miorilassamento, possono causare, specie nel passaggio in ortostatismo, rischiose cadute.Il problema correlato a una possibile azione amnesizzante di talune benzodiazepine, nell’assunzione sia acuta sia, soprattutto, cronica, può essere invece vantaggioso in alcuni pazienti, ad esempio per quanto concerne interventi chirurgici o strumentali invasivi.Terapia dell’insonnia. I disturbi del sonno nella popolazione generale, ma ancor più nei soggetti affetti da disturbi psichiatrici e/o organici, sono molto frequenti e inducono un’elevata prescrizione di psicofarmaci a scopo ipnoinducente, che tuttavia non sempre viene direttamente gestita dal medico; infatti, il parametro fisiologico del sonno (così come quello dell’appetito) investono vissuti ad alta pregnanza emozionale a riguardo del senso di benessere e di situazione generale di salute.Benché, in realtà, ogni BDZ sia in grado di produrre un effetto ansiolitico o ipnotico a seconda del dosaggio impiegato, ancora molto diffusa nella cultura medica vige la separazione fra BDZ ansiolitiche e ipnoinducenti.Le precedenti considerazioni farmacocinetiche riguardano ovviamente anche le diverse BDZ commercializzate con indicazione “ipnotica”. Notevoli differenze di emivita esistono, quindi, fra l’individuo metabolicamente sano e giovane rispetto al soggetto anziano e/o con problemi metabolici epatici e/o renali. In tal senso, alcuni composti necessitanti di ossidazione presentano modifiche nella loro emivita: ad esempio, il flurazepam da un’emivita di 40-100 ore circa nell’adulto passa alle 70-160 ore nell’anziano o nell’epatopatico e il quazepam dalle 25-100 ore alle 50-200 ore rispettivamente; il triazolam, farmaco rapidamente idrossilato, dimostra invece un’emivita costante di 2-5 ore.Per la scelta di un ipnotico, il criterio clinico più significativo è rappresentato dal tipo di insonnia presentata dal paziente, cioè:insonnia di addormentamento, caratterizzata dalla difficoltà nell’induzione del sonno;insonnia intermedia, in cui è presente una buona induzione, ma un risveglio intermedio e una successiva difficoltà di riaddormentamento;insonnia tardiva, caratterizzata da un risveglio precoce a cui difficilmente segue un riaddormentamento.Pertanto, sull’insonnia di addormentamento si dimostreranno efficaci BDZ ipnotiche a rapido assorbimento e breve emivita (ad es., triazolam) e sull’insonnia intermedia saranno preferibili molecole a emivita più protratta (ad es., estazolam, lormetazepam).L’insonnia di tipo tardivo, con risveglio nelle prime ore del mattino, può essere affrontata con BDZ a emivita lunga (ad es., flurazepam, quazepam), sebbene molto sovente tale tipo di insonnia rappresenti un sintomo di tipo depressivo e, come tale, risponda più specificamente a una terapia timolettica.Nel paziente affetto da disturbi organici, ancor più se anziano, può manifestarsi un’insonnia iatrogenica, in rapporto all’assunzione di svariati gruppi di farmaci, ad esempio con alcuni antipertensivi (quali l’a-metildopa e il propranololo), con i b-bloccanti, con broncodilatatori associati a stimolanti (quali l’efedrina e la teofillina), con cortisonici, ecc.Nei pazienti defedati o anziani l’eventuale impiego di BDZ dovrà essere attuato con posologia iniziale ridotta, da un terzo a metà della dose abitualmente impiegata nell’adulto sano, monitorando attentamente l’eventuale comparsa di collateralità dose-dipendenti soprattutto relative ai temibili effetti residui al risveglio (carry-on), quali sonnolenza, astenia e stordimento.Dipendenza da BDZ. A fronte dell’abituale carattere di cronicità dell’insonnia, l’impiego delle BDZ comporta un notevole rischio di dipendenza per periodi di trattamento protratti, sovente su base autoprescrittiva e quindi eludente il controllo di tipo medico. È tuttavia importante ricordare che, a fronte del rischio di uso protratto (e talora sine die) dell’ansiolitico e/o dell’ipnotico in tale gruppo di pazienti, esiste un rischio altrettanto, se non maggiormente, grave correlato alle conseguenze di una situazione di stress
cronico.Sovente la situazione clinica del paziente comporta problematiche non del tutto risolvibili sul piano sintomatologico e gestionale: lo stress che ne deriva, oltre ad alterare profondamente la qualità di vita del soggetto, può essere fonte di ulteriore patologia psichica e/o organica. Paradigmatiche sono le depressioni conseguenti a un’ansia o a una sintomatologia algica non più controllabili o le complicanze somatiche distrettuali (ad es., cardiovascolari) di un protratto ipertono simpatico. In tali soggetti, sovente il disagio, lo stress psicosomatico, l’ansia e l’insonnia interferenti con la qualità di vita rappresentano un rischio ben più elevato rispetto anche a una terapia ansiolitica protratta e forse continuativa. Fondamentale, tuttavia, è che la scelta di una terapia a lungo termine sia affidata a una valutazione medica, ripetuta ed eventualmente modificata nel tempo, e non demandata all’autogestione, attenta esclusivamente all’apparente beneficio subiettivo, ma non in grado di discriminare i possibili effetti sfavorevoli del trattamento a lungo termine.